Trucchi, creme, prodotti di bellezza che dovrebbero essere “cruelty free” e che invece non lo sono per niente, a causa di un cavillo nella Normativa europea che vieta di testare sugli animali gli ingredienti cosmetici, ma che in questo caso permette alle aziende di non rispettarla.
Lo riporta uno studio appena pubblicato sulla rivista Alternatives to Animal Experimentation, dove viene rilevato che dei 413 ingredienti usati per realizzare centinaia di prodotti cosmetici, almeno 63 sono stati sperimentati su topi, conigli e altre cavie anche con il divieto in vigore.
I ricercatori hanno analizzato nel dettaglio tutti i documenti riguardanti i test eseguiti dalle diverse aziende cosmetiche, disponibili sul sito dell’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), scoprendo che, come spiegato sul Guardian da Thomas Hartung, uno degli autori ed esperto della Johns Hopkins University, molti di quei prodotti riportano un'etichetta “cruelty free” che non corrisponde a verità.
Al centro della questione ci sono due normative che di fatto sono concorrenti: la prima è quella del 2009 che vieta in Gran Bretagna e nell’Unione europea la sperimentazione sugli animali degli ingredienti cosmetici. La seconda, con la quale entra in contrasto, è invece quella del 2007 che disciplina la sicurezza dei lavoratori quando si tratta di uso di sostanze chimiche e obbliga le aziende a tutelare i propri dipendenti identificando e gestendo ogni eventuale rischio legato a tali sostanze prodotte o commercializzate all’interno dell’Ue.
Questo, nella pratica, significa che, in base all’interpretazione dell’Echa e della Commissione europea, se durante il processo di fabbricazione c’è un’esposizione dei lavoratori a tali sostanze, cosa che nelle case cosmetiche succede per la maggior parte delle volte, allora è consentito testarle prima sugli animali, cosa che viene abitualmente fatta. Un cortocircuito da tempo nel mirino delle associazioni animaliste che protestano da anni, ma che viene però benissimo ai produttori del settore.
La falla legislativa c’è ed è evidente e anche se scienziati e attivisti sottolineano come i test sugli animali non siano più scientificamente necessari nemmeno per garantire la sicurezza sul lavoro, l’Echa, non molla, sostenendo che, pur mantenendo in vigore la norma di sicurezza per i lavoratori, i test sugli animali potrebbero essere necessari soltanto se e quando manchino alternative. E qui si ferma la questione. Lo scontro è arrivato davanti alla Corte di Giustizia dell’Ue, ma sull’uniformare le due norme ancora non si sente parlare.