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15 Gennaio 2023
9:21

Così l’inquinamento ha inciso sulla salute dei cetacei nel Mediterraneo

Un nuovo studio italiano ha approfondito lo stato tossicologico del delfino di Risso nel Mar Mediterraneo a partire da alcuni spiaggiamenti, per comprendere anche quanto vulnerabile e inquinato sia il nostro mare.

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Il Mediterraneo, secondo gli esperti, a causa della sua natura geografica di bacino chiuso è fra i mari maggiormente soggetti all'inquinamento, oltre che al surriscaldamento della superficie. Misurare però la quantità di inquinanti che ogni anno l'umanità sversa nel Mediterraneo non è un'impresa facile, anche perché una dose non trascurabile di veleni arriva a mare direttamente dai percorsi fluviali, che in Italia come nel resto dell'Europa sono spesso soggetti a interesse industriale.

Per misurare dunque il livello di inquinanti nel Mediteranno, spesso i ricercatori misurano la presenza di determinati elementi ed inquinanti all'interno del corpo dei pesci e di altri bioindicatori, utili nel valutare l'impatto dello sviluppo antropico anche a miglia dalla costa. É possibile però anche valutare quali siano gli inquinanti più pericolosi per la pesca e la fauna marina andando a studiare gli spiaggiamenti di cetacei, che sempre più spesso si arenano nella costa.

Proprio sfruttando quest'altra impostazione di ricerca, un gruppo di scienziati italiani guidati da Lorenzo Minoia e Letizia Marsili, del Dipartimento di Scienze Fisiche Terra e Ambiente dell'Università di Siena, ha appena pubblicato un interessante articolo su Marine Pollution Bulletin, che ha studiato le concentrazioni di POP (Persistent Organic Pollutants, ovvero Inquinanti organici persistenti) in esemplari di Grampus griseus arenati lungo le coste italiane.

Lo studio prende in considerazione 23 anni di spiaggiamenti e si presenta alla lettura degli esperti come una valutazione preliminare della presenza di POPs nei tessuti di quella che viene conosciuta generalmente come Delfino o Stenella di Risso. 

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Seppur l'IUCN consideri questa specie di delfino "a rischio minimo ", da tempo gli scienziati europei  hanno inserito la sottopopolazione mediterranea come "a rischio di estinzione ", di seguito ai molteplici pericoli che sono presenti dal bacino, a partire dal maggior rischio di cattura accidentale e di contaminazione da sostanze tossiche. Soprattutto interferenti endocrini come il diclorodifeniltricloroetano ( DDT ), gli policlorobifenili ( PCB ) e l'esaclorobenzene ( HCB ) possono portare a diversi effetti avversi sulla salute, che possono condurre alla perdita riproduttiva degli esemplari più giovani.

«Data la scarsità di dati sui livelli di contaminanti nei tessuti del delfino di Risso» affermano gli autori dello studio all'interno dell'articolo, «lo scopo principale di questo studio è stato quello di determinare i livelli di alcuni contaminanti nei tessuti e negli organi di Grampus griseus spiaggiati lungo le coste italiane, aumentando l'interesse di questa specie nonché la conoscenza dell'impatto su di essa dei contaminanti analizzati».

Per raggiungere tale obiettivo, i ricercatori hanno studiato alcuni campioni biologici (il più antico è del 1998) e i cetacei recentemente spiaggiati, col fine di compiere l'analisi ecotossicologica.  In totale hanno analizzato i campioni provenienti da 20 animali spiaggiati differenti e i campioni erano così distribuiti: a tutti gli animali è stato analizzato il grasso ( n  = 20),  alla metà anche il fegato ( n  = 10), all'altra metà anche il tessuto muscolare ( n  = 10) e alla minoranza di questi è stato studiato anche il cervello ( n  = 6). I luoghi di ritrovamenti degli animali invece erano sparsi per tutta la penisola e la Sardegna.

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Le spiagge indicate in rosso sono eventi di spiaggiamento che coinvolgono un singolo individuo. I punti gialli indicano eventi di spiaggiamento che coinvolgono due individui.

I risultati delle analisi e delle necroscopie sugli animali sono chiari. All'interno di questi animali sono state ritrovate tracce di inquinanti molto pericolose per la salute pubblica e della fauna marina, in quantità che portano a preoccupare gli esperti. «HCB mostra i livelli più bassi e PCB i più alti in tutti i tessuti», affermano gli scienziati nell'articolo, commentando le varie percentuali di contaminati ritrovati nei vari organi degli animali. «La presenza delle varie forme di PCB, diviso per il loro contenuto di cloro, era molto simile nel grasso, nel fegato, nei muscoli e nel cervello. Ed (in generale N.d.R) i risultati hanno mostrato la presenza di tutte e tre le classi di inquinanti persistenti ( HCB  <  DDT s <  PCB s) che continuano ad essere contaminanti prioritari nel bacino del Mediterraneo, nonostante la regolamentazione restrittiva nella loro produzione e utilizzo nella maggior parte delle aree del mondo».

Riguardo a questo punto, bisognerebbe ricordare come la Convenzione di Stoccolma avesse regolamentato a livello globale l'suo di questi inquinanti già a partire del 2001. Il nostro paese però fino al mese di settembre dell'anno scorso era rimasto l'unica nazione UE a non aver ancora ratificato la convenzione. Con una fiorente industria come quella presente nell'intera Pianura Padana o nel centro-nord, questo fattore dunque potrebbe probabilmente aver inciso sulla presenza di questi contaminanti nelle acque del Mediterraneo che bagnano il nostro paese, con conseguenze nefaste per la fauna. Ed infatti i ricercatori segnalano come la concentrazione massima di questi contaminanti nel Mediteranno si registri proprio vicino ai nostri mari, confermando i risultati di un altro studio italiano precedente pubblicato su Frontiers. «Sebbene non vi siano differenze statisticamente significative nelle aree di spiaggiamento, i livelli di HCB , DDT e PCB sono risultati più elevati nel Mar Tirreno, che può essere considerata un'area fortemente impattata anche dal punto di vista antropico grazie all'elevato tasso di traffico marittimo, quindi un punto caldo per i contaminanti».

«Insistiamo sul fatto che la ricerca e lo studio su questa specie dovrebbero essere estesi e che dovrebbero essere identificate ulteriori aree in cui le misure di protezione andrebbero a beneficio della specie», concludono i ricercatori, sperando che i risultati di questo loro primo studio possa aiutare a pianificare la futura legislazione atta alla tutela del delfino di Risso.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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