A differenza di molti suoi parenti l'orso bruno è sopravvissuto alla fine dell'era glaciale e al periodo del disgelo in una maniera abbastanza misteriosa. Per questa ragione, un team di scienziati dell‘Università di Copenaghen e dell'Università di Yamanashi, in Giappone, ha deciso di approfondire meglio la questione, indagando le ragioni che hanno permesso all'orso bruno di distinguersi per esempio dall'orso delle caverne, un suo stretto parente.
I risultati di questo studio sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences e sono il frutto dell'analisi genomica del DNA antico di diversi esemplari fossilizzati, risalenti a un periodo compreso fra 68.000 e 3.000 anni fa. Questo periodo copre le fasi terminali del disgelo ed è lo stesso che ha portato alla definitiva estinzione di un gran numero di orsi, che vivevano in Eurasia e in America Settentrionale, e che è stato descritto dagli scienziati come quello quello legato alla "Crisi della mega fauna preistorica".
Molti orsi bruni che sono stati analizzati da questo team sono stati tra l'altro anche ritrovati lontano dal loro areale attuale e presentavano caratteristiche fisiche arcaiche, legate alla loro necessità di assumere dimensioni superiori per via del freddo che un tempo copriva l'emisfero settentrionale. Contrariamente però a quanto era stato creduto finora dagli scienziati, questo studio ha dimostrato che le antiche popolazioni di orsi bruni europei e nord americani non sopravvissero alla fine dell'era glaciale e che il loro territorio venne successivamente occupato dai discendenti di alcune popolazioni meridionali, che erano meglio adattate al clima più caldo.
«Le nostre analisi hanno dimostrato che gli antichi orsi bruni presenti in Nord Europa e Nord America disponevano una diversità genetica assente nelle popolazioni odierne – ha affermato Takahiro Segawa, autore principale dello studio. – Mentre gli orsi bruni meridionali sono sopravvissuti all’estinzione globale, spingendosi successivamente verso settentrione, i loro parenti del nord hanno subito notevoli perdite nei numeri e nella diversità genetica».
Fra gli orsi bruni utilizzati dagli scienziati per effettuare questa ricerca ci sono anche due esemplari sequenziati per la prima volta, scoperti nella provincia di Honshu, in Giappone, e nella Siberia orientale, i cui antichi genomi antichi sono stati combinati e paragonati con le sequenze oggi disponibili in bibliografia. Entrambi questi esemplari vissero sul finire del Pleistocene e sono successivi all'Ultimo Massimo Glaciale.
Questa scoperta fornisce nuove intuizioni sulla storia evolutiva degli orsi bruni e permette agli zoologi di comprendere quali furono le popolazioni che ripopolarono i territori più settentrionali, di seguito alla perdita dei ghiacciai. Fra queste popolazioni molto probabilmente c'era anche quella oggi inserita all'interno della sottospecie marsicana (Ursus arctos marsicanus), che non solo è tra le più isolate e più vecchie del mondo, ma è anche tra quelle più vulnerabili, come dimostrano i recenti casi di cronaca.
Gli orsi meridionali ebbero tra l'altro breve tempo per riconquistare gli areali perduti, poiché l'arrivo dell'uomo dall'oriente rischio di tagliarli fuori dalla ricolonizzazione delle foreste, divenute una sorgente di materie prime per le varie civiltà.