L'essere umano nel corso del tempo ha completamente stravolto l'ambiente, plasmandolo per trarne più benefici possibili. Tutte queste modifiche hanno condizionato anche le altre specie viventi che si sono dovute adattare, o meglio arrangiare, per poter sopravvivere anche a stretto contatto con gli umani.
Un nuovo studio, i cui risultati sono stati pubblicati su Current Biology, ha permesso di analizzare come le specie di uccelli che riescono a vivere in ambienti urbanizzati hanno evoluto diverse caratteristiche in comune, a dimostrazione del fatto che per riuscire a convivere con la nostra specie è necessario possedere qualità ben precise.
Il Pianeta ha subito moltissime modifiche nel corso del tempo, ma sicuramente nessuna di queste è mai stata tanto repentina e netta come quelle causate dalle nostre attività. Con l'aumentare della popolazione umana, la biodiversità è stata costretta a coesistere con l'urbanizzazione, che in certi casi ha inevitabilmente comportato l'estinzione di molto specie. La situazione si fa ancora più drammatica se si considera che entro il 2030 la quantità di copertura del suolo urbano in tutto il mondo sarà cresciuta di 1,2 milioni di km² rispetto al 2000. Stiamo parlando di una superficie maggiore di quella occupata dalla California e dal Texas messi insieme.
È ovvio che in condizioni del genere si salva solo chi riesce ad adattarsi e, per quanto riguarda gli uccelli, pare proprio che tutte le specie del mondo che vivono in contesti antropici possiedano precise caratteristiche ecologiche che gli consentono di farlo: dimensioni piccole, scarsa territorialità, saper volare per lunghe distanze, deporre tante uova ed essere in grado di sopravvivere a diverse altitudini, ampliando molto quindi il proprio habitat. L'unico tratto che non sembra essere coerente a livello globale tra gli uccelli che vivono in città è invece la forma del becco.
Ma a cosa serve studiare queste caratteristiche? Poiché è stato l'essere umano a devastare habitat di migliaia di specie, è importante, e soprattutto giusto, che sia sempre lui a cercare di "limitare i danni" in qualche modo. «Identificare i tratti che aiutano la fauna selvatica ad adattarsi o addirittura a prosperare nelle città può servire gli urbanisti a supportare la biodiversità, per esempio aumentando gli spazi verdi, piantando alberi più alti, "costruendo" habitat diversificati o riducendo la densità abitativa», spiega Montague Neate-Clegg, autore principale dello studio nonché ricercatore dell'UCLA. «E può anche aiutare i biologi conservazionisti a identificare quali tipi di specie sono più minacciate di altre dall'urbanizzazione».
Per raggiungere questi obiettivi, i ricercatori, basandosi su 3.768 specie di uccelli che vivono in 137 città in tutti i continenti, hanno calcolato un "indice di associazione urbana" che descrive quanto ogni singola specie di uccello sia associata alla vita urbana. Da diverse analisi, è emerso poi che le famiglie con punteggi medio/elevati includevano storni, rondoni, rondini, pappagalli, rigogoli e merli. Effettivamente, se durante una passeggiata si alza la testa verso il cielo, le specie che si osservano più comunemente in città sono proprio queste, a dimostrazione del fatto che sono riuscite a trovare il modo di nutrirsi e riprodursi facilmente.
Chi non riesce a "stare al passo con i tempi", purtroppo si estingue localmente, sopravvivendo solo dove il proprio habitat è ancora ben conservato. «In una città come Los Angeles, per esempio, il corvo americano è una specie la cui dieta variegata, abitudini di nidificazione arborea e lunga durata della vita favoriscono la vita nella giungla di cemento», afferma Neate-Clegg. «Al contrario, gli scriccioli dei canyon sono insettivori altamente territoriali e con una bassa capacità di dispersione che evitano quindi le città e si rifugiano su territori ripidi e rocciosi».
Questa purtroppo è una triste verità con la quale gli esseri viventi devono fare i conti, in primis l'uomo. A ogni azione corrisponde sempre una conseguenza, per questo è essenziale essere consapevoli di ciò che si fa e di ciò a cui si va incontro. È ovvio che modificando la natura si vanno ad alterare gli equilibri che uniscono tutti i suoi abitanti, quindi il minimo che possiamo fare è cercare di limitare il più possibile i danni tutelando il maggior numero di specie del Pianeta e restituendo loro, per quanto possibile, anche un po' di spazio all'interno delle nostre città.