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28 Aprile 2021
8:00

Cos’è l’imprinting?

“Imprinting” è un termine ormai ampiamente noto grazie a Konrad Lorenz, che studiò approfonditamente questo processo e lo descrisse nelle sue pubblicazioni, ammaliandoci coi racconti delle avventure con le sue “figlie oche”. In verità, in ambito accademico, il merito della scoperta andrebbe a Douglas Alexander Spalding, il biologo britannico che già nell’800 ne parlava come di un “istinto imperfetto”. L'imprinting è una forma di apprendimento postnatale tipica, ma non esclusiva, dei piccoli appartenenti alle specie sociali precoci, come i pulcini e gli anatroccoli, ma in qualche caso si sviluppa addirittura prima della nascita.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Chi non ha visto, almeno una volta, su un libro di scienze o in un documentario, l’immagine di Konrad Lorenz con al seguito un nugolo di zampettanti pulcini, e non l’ha anche invidiato almeno un po’? Una di loro è diventata famosa, perché del legame con lei, di come si è sviluppato, e di come si è poi evoluto, una volta cresciuta, ha raccontato lungamente lo stesso etologo nel celebre libro “L’anello di re Salomone”. Parlo, naturalmente, di Martina, l’oca selvatica (Anser anser) di cui ricordo in particolare un episodio, forse tra i meno conosciuti, ma etologicamente molto istruttivo: Martina era abituata a dormire in stanza con Lorenz, tutte le sere. A una certa ora lui apriva la porta di casa, e l'oca raggiungeva la stanza, che si trovava al piano di sopra, percorrendo un tragitto ben preciso: una volta entrata, arrivava a metà corridoio, da qui si dirigeva verso una finestra e, solo allora, tornava indietro e saliva le scale. Una sera che era rientrato a casa a notte inoltrata, Lorenz le aveva aperto la porta in ritardo. Accorsa a gran velocità, in un primo momento, per la fretta di raggiungere il giaciglio notturno, Martina sembrò dimenticarsi del solito rituale di salita e si precipitò direttamente sulle scale. Percorsi pochi scalini, per rimediare alla dimenticanza, tornò indietro, andò verso la finestra e, solo allora, inforcò le scale per godersi il meritato riposo accanto al suo “genitore” umano. Non prima di essersi scrollata per bene, però, come fanno spesso anche i nostri cani, per liberarsi dall’ansia che quella variazione imprevista doveva averle suscitato.

L’imprinting è una forma di apprendimento

Martina era un’ochetta che, appena uscita dall’uovo, davanti a sé aveva trovato solo lui, Konrad Lorenz. E in quel momento non ci era voluto molto, non più di un pugno di minuti, perché verso quell’uomo barbuto, talvolta anche un po’ buffo, scattasse l’”amore”, l’amore filiale. In termini più etologici, dovrei dire che era scattato l’imprinting filiale, ma sono certa che Lorenz, che la chiamava “my goose child Martina” (“la mia figlia oca Martina”) non mi rimprovererebbe questo antropomorfismo.

Tecnicamente, l’imprinting si definisce come "l'acquisizione di una preferenza per un oggetto familiare", volta a favorire l’identificazione di un giovane animale con la propria specie. In pratica, è una forma di apprendimento tipica delle specie sociali precoci, in cui i giovani, come gli anatroccoli e i pulcini domestici, vanno in giro già subito dopo la nascita o la schiusa, e hanno quindi necessità, per sopravvivere, di rimanere in contatto con chi se ne prende cura, i genitori o i caregiver. Velocemente, apprendono a riconoscerne i tratti – la loro forma, i loro richiami – li memorizzano e sviluppano una preferenza e un attaccamento nei loro confronti.

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Per l’imprinting c’è un periodo sensibile

L’imprinting avviene nel momento biologicamente più appropriato nella vita di un piccolo, che si definisce periodo sensibile.

Nei pulcini di pollo domestico (Gallus gallus domesticus) 15 minuti di esposizione visiva a mamma chioccia possono bastare. Nell’anatra sposa (Aix sponsa), l’imprinting è addirittura prenatale: i piccoli ancora nell’uovo si imprintano sulla madre sentendola cantare mentre cova. Proprio come accade ai neonati della nostra specie, che imparano a riconoscere la voce della mamma quando ancora sono in utero, e alla nascita preferiscono il suono della sua voce a quello della voce di altre donne. Nelle specie a prole inetta, come i cani, invece, la fase sensibile si manifesta dopo le prime settimane di vita, ed è più estesa nel tempo.

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I piccoli selezionano i loro genitori

Pur essendo in grado di rispondere a un'ampia gamma di stimoli, i pulcini domestici e gli anatroccoli di germano reale (Anas platyrhynchos), che sono le specie più comunemente coinvolte negli studi sull'imprinting, rispondono molto più intensamente a quelli che assomigliano agli oggetti biologici più rilevanti nel loro ambiente, ossia i genitori. Questa reattività selettiva, che permette ai giovani uccelli di discriminare tra il genitore e altri membri della propria specie, è molto importante per la loro sopravvivenza perché i genitori, a loro volta, discriminano tra la propria prole e quella altrui, e possono attaccare i piccoli non propri.

L’imprinting è un processo flessibile

Va detto che il piccolo già imprintato sull’oggetto biologico appropriato, in linea teorica, è comunque in grado di sviluppare nuove preferenze, anche se in questo è limitato dalla sua naturale paura delle novità e dalla scarsa reattività sociale verso gli stimoli non familiari. Tuttavia, questa flessibilità può essere molto utile nelle specie nidificanti coloniali, come i gabbiani. In assenza dei genitori, per i quali il giovane gabbiano sviluppa la sua più forte preferenza, esso può ancora essere in grado di sopravvivere rispondendo socialmente ad altri adulti, e inducendoli a nutrirlo fin quando ne avrà bisogno.

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Bibliografia

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Bastien S. et al. (2020). Stability and individual variability of social attachment in imprinting

bioRxiv 2020.04.04.025072.

Bateson P.P.G. (1973). Preferences for familiarity and novelty: A model for the simultaneous development of both. J Theor Biol 41:249–259.

Bateson P.P.G. & Jaeckel J.B. (1976). Chicks’ preferences for familiar and novel conspicuous objects after different periods of exposure. Anim Behav 24(2):386–390.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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