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2 Aprile 2024
17:16

Cosa succede se i cani non ricevono affetto e interazione umana?

Isolamento sociale, disturbi ossessivo compulsivi, comportamenti aggressivi e depressione sono alcune delle conseguenze sui cani della mancanza di affetto e interazione umana. Anche nelle interazioni e nel dare affetto, però, ci vuole la giusta misura e ogni cane reagisce a suo modo.

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Viviamo insieme da almeno 30 mila anni: esseri umani e cani si è scoperto, ormai, che si sono "co evoluti" e la presenza degli uni e degli altri nella reciproca esistenza è uno scambio che provoca benessere in entrambe le specie. È ormai accertato dalla scienza che vivere con un cane porta beneficio alle persone ed è vero anche l'inverso. Ma mentre si crede che tutti i cani abbiano bisogno di interazione con le persone, si deve anche prendere coscienza che sebbene la specie sia caratterizzata dall'essere sociale di natura non a tutti i cani, necessariamente, piace stare a contatto con le persone o ricevere coccole in ogni momento.

Quello che accade a un cane che vive con noi, però, che non interagisce con il suo gruppo sociale, ovvero le persone che fanno parte della sua famiglia o che non riceve le giuste coccole è sicuramente una vita non degna di questo nome. La mancanza di interazioni e affetto è una mancanza di relazione: il cane domestico ha una spinta naturale nel voler condividere parte della sua esistenza con gli umani di riferimento in generale e non badare al soddisfacimento di questo bisogno è pari al non soddisfare i bisogni primari come fornirgli del cibo o tutelare la sua salute.

Mediamente, un cane che non ha una vita sociale soddisfacente nell'ambito della sua famiglia può andare incontro a disagi che possono sfociare in comportamenti patologici che minano non solo il suo benessere ma anche quello degli altri membri della famiglia: reazioni che possono portare a malattie come disturbi ossessivi compulsivi o anche a una deriva aggressiva.

È bene però capire qual è la giusta misura nell'interagire o nel dare affetto al proprio cane per non rischiare invece di eccedere nell'opposto: i cani hanno bisogno dei loro momenti di calma e riposo e di non essere costantemente sollecitati da quello che è il nostro bisogno, ad esempio, di riversare affetto su di loro.

Non tutti i cani hanno bisogno di interazione e affetto

Non ricevere affetto umano o non avere interazioni con le persone non necessariamente è qualcosa di negativo per ogni cane, ad esempio non lo è per alcuni di quelli che vivono in libertà, ovvero l'80% della popolazione canina al mondo. Ma non per tutti, però, questa affermazione è veritiera: è necessario infatti fare delle differenze già nell'ambito della parola "randagio" con cui tendiamo a definire i cani che vivono al di fuori di un'abitazione umana ma che in realtà si dividono in varie tipologie, tra cui ci sono per esempio i cosiddetti cani ferali che non hanno bisogno di interagire o ricevere affetto dalle persone.

Discorso diverso, invece, e su questo ci concentriamo in questo articolo, per quanto riguarda i cani di famiglia, i cosiddetti "pet" che abitano con noi. Ecco, i "nostri cani" in assenza di interazioni con gli umani di riferimento e di mancanza di attenzioni quotidiane che si traducono anche nell'affetto nei loro confronti soffrono tantissimo. Questo sì che va a incidere proprio sulla loro natura: l'essere sociale del cane è strettamente collegato proprio alla necessità di afferire a un gruppo ristretto di individui che possono essere conspecifici, esseri umani e anche altri animali.

Ma appunto la parola chiave è che ciò avvenga nel "proprio circolo" che deve corrispondere alle necessità di un animale che della socialità è "composto", ovvero fa parte dell'etologia della sua specie. Ogni razza ha più o meno predisposizione alla necessità di ricevere affetto dal proprio umano di riferimento e in più, al di là della razza e considerando anche e soprattutto i meticci, ogni cane ha la sua personale inclinazione a come e quando ciò debba avvenire.

Sicuramente vale però una regola per tutti: la mancanza di interazioni e di affettivo porta a conseguenze gravi sulla qualità di vita del vostro compagno canino. Quindi la "regola" per una vita condivisa serena e appagante è: sì al fare cose insieme e sì a dimostrare loro il nostro affetto ma con le giuste modalità in base all'individuo che si ha di fronte e questo discorso, generalizzando, vale per tutti i cani del mondo.

Quelle che seguono sono, dunque, le problematiche che possono derivare dalla mancanza di interazioni e di affetto per il cane che vive con noi, tenendo conto di quanto appena considerato.

Isolamento sociale e disturbi ossessivo compulsivi

La prima domanda a cui dare risposta è che cosa si intende per "interazioni". Si apre qui un aspetto molto importante relativo a quali sono le attività da fare con un cane e quelle, anche, che non necessariamente devono essere fatte insieme. In generale possiamo dire che interagire vuol dire far sì che un altro individuo si senta parte della nostra vita quotidiana.

Per quanto riguarda il cane la prima cosa a cui pensare è se vive isolato dal resto della famiglia. Questa situazione comporta danni dal punto di vista psicologico per un cane: l'etologia della specie – come sottolineato – rende questo animale un essere vivente che dello stare insieme al suo gruppo sociale ne fa una ragione di vita. Spesso si pensa che un cane che ha un giardino a disposizione e il cibo quotidiano sia un cane soddisfatto, ma non è così. I cani hanno bisogno di partecipare alla vita di tutti i giorni e l'isolamento porta spesso a patologie comportamentali molto gravi, come le ossessioni compulsive tipiche ad esempio di razze come il Pastore Tedesco che si rincorre la coda o il Dobermann che si feriscono le zampe fino ad autolesionarsi.

Per quanto riguarda la mancanza di affetto, le conseguenze possono portare a una scarsa socializzazione del cane nel rapporto con gli esseri umani tanto da andare poi a finire nell'ambito della fobia, ovvero nella patologica paura di relazionarsi che può sfociare anche in comportamenti aggressivi derivanti proprio dalla scarsa socializzazione secondaria e rientrare quindi nell'ambito dei disturbi del comportamento.

Noia e distruttività in assenza di gioco

Il gioco è un'altra delle interazioni più importanti da fare con un cane e la cui mancanza può portare a derive nel comportamento che possono diventare anche patologiche. L'esempio più semplice è quando il cane, non avendo appunto delle attività condivise con il pet mate, sfoga la frustrazione in comportamenti distruttivi all'interno della casa. Si pensa erroneamente che sia una sorta di dispetto che fa per vendicarsi di noi. In realtà quel soggetto sta esprimendo la sua insoddisfazione e la mancanza, appunto, di momenti di condivisione con la famiglia. Attraverso il gioco questa modalità può e deve essere interrotta, soprattutto se riconosciuta nelle prime fasi di convivenza, onde evitare che rientri poi in veri e propri disturbi comportamentali come quelli accennati precedentemente.

Un eccesso nei giochi da fare insieme, però, può allo stesso tempo portare a derive pericolose per il cane. Pensiamo ad esempio al continuo "lancio della pallina". Ribadendo che dipende da cane e cane, se andiamo su tipologie di una certa razza, quello che per noi può sembrare un gioco divertente e anche un tempo "ben speso" nello stare con il nostro cane per quest'ultimo potrebbe invece essere fonte di stress. Sottoporre, ad esempio, un Border Collie solo a questo tipo di interazioni, porta ad una ipertrofia del comportamento che naturalmente è parte delle sue motivazioni: questi cani infatti sono stati selezionati proprio per rincorrere le pecore e gestirle, quindi sono attivati naturalmente da tutto ciò che si muove.

E' giusto dunque lasciare che esprimano le loro necessità ma non si deve estremizzarle ma aiutarli a bilanciare anche con altri tipi di interazioni con l'umano di riferimento, oppure suggerirgli altre cose da fare insieme come ad esempio la ricerca olfattiva o offrirgli dei momenti di passeggiate rilassanti nella natura. All'inverso, immaginiamo un Border Collie che non faccia nulla di quanto descritto: un cane di natura molto attivo, che ama collaborare con il proprio umano di riferimento e che viene sistematicamente privato della sua attenzione. Il risultato, giocoforza, è che sfoghi in altro modo la sua frustrazione, ad esempio rincorrendo le bici quando si esce perché non ha mai avuto la possibilità di essere compreso e aiutato attraverso la relazione con la sua famiglia.

Un altro esempio utile, per comprendere quanto sia importante interagire ma facendolo nel giusto modo, è con i Terrier di tipo Bull. In tanti con questi cani praticano il gioco del "tira e molla" che è una buona base di partenza per interagire con loro ma senza avere una ritualizzazione, ovvero dei segnali chiari di quando si inizia e quando si finisce. Una finestra temporale precisa e non troppo lunga nel realizzarlo, inoltre, può portare a incidenti gravi con morsicature dovute all'aumento dell'eccitazione del cane che è stato troppo stimolato da noi.

Comportamenti aggressivi

La mancanza di interazioni e di affetto, inoltre, può portare come si evince da quanto già scritto a un aspetto che è molto delicato e riguarda poi la stigmatizzazione di tanti cani che sono finiti in canile perché hanno avuto un comportamento aggressivo e, senza analizzare il motivo per cui sono arrivati ad esprimerlo, vengono etichettati come "irrecuperabili morsicatori". Molto spesso l'assenza di affetto o, addirittura, il troppo affetto possono portare un cane a una rappresentazione del mondo ostile nel primo caso o da cui difendersi nel secondo.

Quando i cani non ricevono alcuna attenzione da parte della loro famiglia, in linea di massima, soffrono quello che è l'isolamento sociale che prima abbiamo ipotizzato in giardino. Ma un cane si può sentire non amato anche se vive all'interno di un appartamento nel momento in cui non è considerato da nessuno dei suoi familiari.

Pensiamo alla vita di molti cani che non escono mai di casa e, allo stesso tempo, vengono "calcolati" solo quando è ora di dargli da mangiare o scendere per fare i bisogni (bene che gli vada, tanti sono costretti a farlo sulle traversine) e non esprimono nulla della loro personalità se non attraverso atteggiamenti che sfociano in quelli che vengono interpretati solo come comportamenti aggressivi.

Anche in questo caso facciamo degli esempi e basta pensare a una tipologia di "cani da compagnia" come i Pinscher. Questi animali sono i "progenitori" dei Dobermann, hanno una forte motivazione affiliativa e per loro, come si può leggere dalla scheda su Kodami, il rapporto con la famiglia umana è importantissimo. Quando sono privati di ciò o quando ricevono all'opposto troppe attenzioni con una modalità di affetto che è un surrogato delle necessità che il cane non ha ma che invece il pet mate riversa su di lui, diventano cani mordaci a causa dell'enorme stress che subiscono. Pensiamo che la stessa cosa può accadere anche per un Rottweiler ed è facile capire che la differenza in termini di danni dopo un comportamento aggressivo su una persona tra il primo e quest'ultimo è decisamente diversa.

Depressione

La depressione nei cani è stata oggetto di studio negli ultimi 50 anni. Le prime rivelazioni in merito furono riscontrate e provate da Nicholas Dodman, veterinario americano esperto in comportamento, che analizzò sintomi come l'apatia, la letargia e la mancanza di stimoli nei cani pari a quello che accade a noi umani quando, appunto, soffriamo di depressione. Dodman introdusse l'utilizzo di psicofarmaci per i nostri compagni di vita come supporto alla cura ma non è questo il nostro caso, nello specifico.

Quando un cane non riceve affetto o è privato dell'interesse della sua famiglia può, però, deprimersi e l'atteggiamento che avrà è proprio il contrario di quanto descritto sopra rispetto alla deriva aggressiva: isolarsi a sua volta ancora di più nell'oblio della tristezza che prova. La depressione deriva solitamente, ad esempio, dalla perdita della persona più amata o anche di un altro cane o altro animale che viveva con lui e in assenza di qualcuno che lo aiuti ad uscirne la situazione peggiorerà sempre di più.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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