L’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha dichiarato l'mpox, noto anche come vaiolo delle scimmie, un'emergenza sanitaria internazionale, dichiarando quindi il livello di allerta massimo previsto in caso di minacce di interesse globale. Una situazione analoga si era già verificata nel periodo compreso tra luglio 2022 e maggio 2023. Tuttavia, questa volta la variante in circolazione appartiene a un ceppo più aggressivo.
Situazioni di questo genere possono suscitare preoccupazioni e senso di insicurezza nella popolazione. In questo articolo, analizziamo attentamente la situazione e cerchiamo di fornire risposte alle domande più comuni.
Cos'è il vaiolo delle scimmie?
Il vaiolo delle scimmie è una malattia infettiva virale, classificata come zoonosi, poiché il virus che la causa, denominato MPXV, può essere trasmesso dagli animali all'uomo. Un parente stretto di questo virus è il Variola virus, responsabile fino al 1980 del vaiolo umano, una grave malattia che è stata eradicata grazie a una campagna di vaccinazione di massa. Ancora oggi, però, esistono due campioni di Variola virus e, ufficialmente, sono conservati con misure di altissima sicurezza in due laboratori, uno negli Stati Uniti e l'altro in Russia.
Secondo quanto riportato sul sito dell'Istituto Superiore della Sanità, i primi contagi nell’uomo si registrarono “nel 1970, nei villaggi rurali delle zone delle foreste pluviali dell'Africa centrale e occidentale”. Da allora, la malattia è diventata endemica in queste aree, in particolare nella Repubblica Democratica del Congo, dove il numero di casi segnalati nel 2024 “ha già superato il totale del 2023, con oltre 15.600 casi e 537 decessi, la maggior parte di cui bambini sotto i 15 anni di età”.
In ogni caso, il vaiolo delle scimmie si distingue dal vaiolo umano per un tasso di trasmissibilità inferiore e per la minore gravità della malattia che provoca.
Il vaiolo non colpisce solo le scimmie
Nonostante il nome, i principali serbatoi naturali del virus non sono le scimmie, ma piccoli mammiferi come roditori, tra cui scoiattoli arboricoli, ratti del Gambia e ghiri. Il nome "vaiolo delle scimmie" è stato scelto poiché il virus fu identificato per la prima volta nel 1958 in scimmie da laboratorio in Danimarca. A questo proposito, è importante notare che, pur continuando a utilizzare il termine "vaiolo delle scimmie", nel 2022 l'OMS ha invitato la comunità internazionale a preferire l'abbreviazione "mpox". Questa decisione è stata presa per contrastare l'uso improprio del vecchio nome, spesso utilizzato in modo dispregiativo online per diffondere odio e commenti razzisti.
Come si trasmette il vaiolo delle scimmie?
Il meccanismo che innesca le zoonosi segue un processo costante: un agente patogeno, che può essere un virus o un batterio, attraverso contatti frequenti e prolungati tra esseri umani e animali selvatici, subisce mutazioni ed evoluzioni, fino a compiere il cosiddetto “salto di specie” (noto anche come spillover). Il compimento di questo "salto" permette all'agente patogeno di ampliare il bacino di "vittime" disponibili, passando da un ambiente ristretto a uno più vasto. Molte malattie, dalla peste bubbonica alla salmonellosi, si sono diffuse in questo modo.
Per queste ragioni, è essenziale prestare particolare attenzione in presenza di animali feriti: rivolgersi sempre a esperti qualificati è indispensabile per garantire la nostra sicurezza.
La trasmissione del virus può avvenire in due modi:
- attraverso il contatto con animali infetti, ad esempio durante la caccia o la cattura, dove anche un semplice graffio può rappresentare un rischio
- attraverso la trasmissione interspecifica, ovvero da uomo a uomo. Questa modalità è meno comune e più difficile da verificarsi, persino nei Paesi in cui l'mpox è endemico. Il contagio si verifica principalmente in caso di contatto stretto con una persona sintomatica, in particolare durante rapporti sessuali non protetti. È inoltre importante prestare attenzione agli oggetti potenzialmente contaminati, come lenzuola o asciugamani
Quali sono i sintomi del vaiolo delle scimmie?
I sintomi del vaiolo delle scimmie includono febbre, linfonodi ingrossati, debolezza muscolare e mal di testa, dunque sintomi che non si discostano significativamente da quelli di una comune influenza. Tuttavia, un aspetto caratteristico dell'mpox sono le manifestazioni cutanee, come vescicole, pustole e croste, che nel 95% dei casi iniziano a comparire sul viso, per poi estendersi al resto del corpo. Generalmente, dopo un periodo di incubazione che varia tra i 6 e i 10 giorni, si guarisce completamente entro un massimo di 4 settimane, senza necessità di terapie specifiche.
Perché l'OMS ha dichiarato lo stato di allerta?
Esistono due ceppi distinti del virus, denominati "clade I" e "clade II". La variante che ha provocato l'emergenza fino al 2023 era associata al clade II e presentava una mortalità inferiore all'1%. Attualmente, la variante sotto osservazione è denominata 1b e appartiene al clade I, il quale è noto per essere più aggressivo e pericoloso, con una maggiore propensione a degenerare in forme gravi, in particolare nei soggetti fragili, e una mortalità stimata fino al 10%.
Fino ad ora, nessuna variante di questo clade era mai stata segnalata al di fuori dell'Africa, ma il 15 agosto 2024 è stato ufficialmente registrato il primo caso in Europa, segnalato dalla Svezia. Inoltre, l'espansione del focolaio in Africa, che ha raggiunto regioni precedentemente non colpite come Burundi, Ruanda e Uganda, ha indotto l'OMS a dichiarare uno stato di allerta per monitorare la situazione, prevenire ulteriori diffusione e intercettare i casi di importazione.
La situazione attuale deve preoccuparci?
In Italia, al momento, non c'è motivo di eccessiva preoccupazione, a meno che non si prevedano viaggi prolungati in Burundi, Ruanda o Uganda. Gli esperti confermano che, al di fuori di tali circostanze, il rischio è basso. L'emergenza è principalmente preoccupante per le persone che vivono in quelle aree dell'Africa, dove le condizioni igienico-sanitarie precarie complicano ulteriormente la gestione della malattia.
Esiste un farmaco, il "tecovirimat", destinato ai casi più gravi, ma attualmente non è ampiamente disponibile: in Europa, il suo uso è autorizzato solo in "circostanze eccezionali", mentre in Italia è ancora in fase sperimentale.
La situazione è diversa per i vaccini: un vaccino di ultima generazione è in grado non solo di prevenire i casi gravi, ma anche di potenziare il sistema immunitario nella lotta contro il virus. L'OMS ha richiesto tra i 10 e i 14 milioni di dosi di questo vaccino per i Paesi più colpiti, al fine di interrompere la catena di trasmissione. Infine, è stato osservato che il vecchio vaccino contro il vaiolo umano continua a offrire una certa protezione contro le forme gravi della malattia, sebbene, chiaramente, le persone sotto i 45 anni non ne beneficino.