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15 Giugno 2024
15:00

Cosa pensa il gatto quando lo rimproveri

Non sappiamo cosa pensa un gatto quando lo rimproveriamo, ma sicuramente può provare paura e stress a causa del nostro tono improvvisamente aggressivo. Per questo sgridarlo non è un modo efficace per correggere i suoi comportamenti indesiderati.

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Validato da Sonia Campa
Membro del comitato scientifico di Kodami
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La tentazione di sgridare un gatto davanti ad una marachella è molto forte per la maggior parte delle persone. Alla base c’è la convinzione che dobbiamo in qualche modo educarlo, ma è davvero possibile educare un gatto in questo modo?

Non sappiamo cosa pensa un gatto quando lo rimproveriamo, ma sicuramente può provare paura e stress per via di un tono improvvisamente forte e aggressivo, senza associarlo correttamente al motivo del rimprovero. Sgridarlo non quindi è il metodo più efficace per correggere i suoi comportamenti indesiderati.

Potremmo immaginare che provi una serie di emozioni negative, come paura o ansia, confusione, frustrazione o che addirittura interpreti il rimprovero come una minaccia, reagendo con un atteggiamento di difesa.

Cosa prova il gatto quando lo rimproveri

Quando si rimprovera un gatto, la reazione più comune è quella di spavento o ansia. I gatti sono molto sensibili ai toni di voce e al linguaggio del corpo, quindi un tono di voce forte e aggressivo può sembrare minaccioso e far scattare una risposta di paura.

In questi momenti, il gatto può scegliere di nascondersi, allontanarsi rapidamente o assumere una postura difensiva. Queste sono tutte reazioni istintive alla percezione di un pericolo imminente, quando, invece, non vogliamo che il nostro amico felino ci veda come una minaccia e smetta di fidarsi di noi.

Inoltre, i gatti possono anche provare una forma di stress: il rimprovero, specialmente se ripetuto frequentemente, può contribuire a creare un ambiente stressante per il gatto, il quale risponderà con dei comportamenti che dal nostro punto di vista sono negativi, come la marcatura territoriale o un aumento dell’aggressività.

I gatti capiscono i rimproveri?

I gatti possono interpretare correttamente il nostro linguaggio e riconoscere alcune parole, ma, chiaramente, non lo comprendono alla stessa maniera nostra. Tuttavia, i gatti sono ottimi osservatori e possono imparare a riconoscere determinati toni di voce e gesti associati alla disapprovazione.

Detto questo, è improbabile che i gatti capiscano il concetto di “sbaglio” o “punizione” come lo intendiamo noi, poiché la loro comprensione è più basata sull’associazione immediata tra una determinata azione e la reazione umana che ne consegue.

Questo significa che se un gatto viene rimproverato subito dopo aver fatto qualcosa, può associare il rimprovero a quell’azione specifica, ma senza una comprensione profonda del perché ciò sia sbagliato. In quel momento, l'emozione negativa della paura prende il sopravvento e il gatto non si chiederà il "perché" della nostra reazione, ma ricorderà solo lo spavento.

Come far capire al gatto che non deve fare una cosa

Far capire al gatto cosa non deve fare richiede pazienza e coerenza, senza ricorrere a punizioni controproducenti. Se il gatto fa qualcosa che non dovrebbe (dal nostro punto di vista) o si arrampica dove non vogliamo, una tecnica utile è quella di spostarlo delicatamente accompagnando il gesto con un comando verbale chiaro, come "no" o "giù".

Dobbiamo però sempre ricordarci che così come il gatto deve essere educato a venire incontro alle nostre esigenze, anche noi dobbiamo fare lo stesso per lui, tenendo a mente i suoi bisogni e i suoi comportamenti naturali. Il nostro amico felino, infatti, potrà diventare consapevole delle nostre reazioni negative ma non penserà mai che un comportamento che per lui è naturale sia sbagliato.

Una possibile soluzione è quella di sacrificare un po' dei nostri spazi per renderli accessibili solo a lui,  magari con delle valide alternative come, ceste, giochi, alberi per gatti e luoghi di osservazione sopraelevati, che gli rendano più interessante l'ambiente, in modo che il gatto non senta la necessità di cercare stimoli altrove.

Come ci spiega Sonia Campa, esperta di comportamento felino e membro del comitato scientifico di Kodami, metodi come premi e punizioni non sono utili: «Soprattutto con un animale sensibile come il gatto, queste tecniche risultano fallimentari se vengono usate per indurre dei comportamenti che non sono in linea con i reali bisogni dell'animale. Gli animali non sono macchine sui quali è sufficiente pigiare i pulsanti giusti per ottenere le risposte volute. Il motivo per cui i gatti si sono guadagnati l'appellativo di “ineducabili” è probabilmente legato al fatto che si è sempre preteso di farli diventare “ubbidienti”: ogni volta che si adotta quest'ottica, avulsa alla mentalità felina, la risposta è il diniego».

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Yuri Digiuseppe
Redattore
Classe '94, appassionato di animali e scienze sin da piccolissimo, sono un naturalista di formazione, specializzato in paleontologia e divulgazione. Mi è sempre venuto spontaneo spiegare agli altri le bellezze della natura e passare intere giornate ad osservare piante e animali di ogni tipo ovunque andassi, per poi tornare a casa e disegnarli. Vorrei contribuire ad avvicinare il pubblico all'ambiente ed essere parte di una ritrovata armonia uomo-natura, per il bene e la salvaguardia di ogni specie.
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