Riportare in vita i grandi animali estinti è uno dei sogni che hanno accompagnato più a lungo la comunità scientifica, da quando almeno si è compreso che gran parte della forme animali esistite sulla Terra in realtà sono scomparse da ben prima della comparsa dell'uomo. Tra i principali animali che sicuramente in molti hanno sognato di riportare in vita ci sono i dinosauri, che dalla fine del Settecento in poi hanno colpito l'immaginario collettivo con le loro grandi dimensioni.
Al di là dal punto di vista tecnico, l'umanità ha infatti sempre sperato di poter rivivere mondi ormai perduti, sia attraverso il ritrovamento di isole mitiche, come l'isola de Il Mondo Perduto di Conan Doyle, o grazie all'impiego della tecnologia genetica, come avviene invece in Jurassic Park. Giunti però in un tempo in cui è davvero ipoteticamente possibile immaginare di riportare in vita animali estinti, come il dodo e la tigre della Tasmania, è lecito chiedersi – giocando un po' con la fantasia – se sia possibile ed eticamente corretto rivedere il T. rex scorrazzare per le vie di San Diego… stavolta nella realtà.
Di certo se i dinosauri tornassero a calcare nuovamente il nostro pianeta, sarebbero numerose le conseguenze ecologiche, economiche ed etiche che ricadrebbero sulla nostra società, dovendo in effetti gestire la loro presenza su un pianeta già abbastanza trafficato. I dinosauri per esempio entrerebbero in competizione con le specie attuali e avrebbero un pesante impatto sui nostri ecosistemi. Insetti, rettili, mammiferi e anche uccelli dovrebbero imparare a convivere con questi grandi animali, ma molto probabilmente sarebbe l'uomo a subire le conseguenze peggiori, dovute alla loro ricomparsa.
Non che per gli stessi dinosauri redivivi andrebbe tutto per il meglio. Bisogna infatti considerare che anche loro soffrirebbero in parte delle nuove condizioni di vita della Terra, in quanto l'ambiente preistorico a cui erano adattati i dinosauri era molto diverso dall'attuale. Innanzitutto, c'è molto meno ossigeno nell'atmosfera, rispetto per esempio alla fine del Cretaceo. Le temperature sono molto diverse, per non parlare poi della nuova conformazione geografica dei contenenti, che ha alterato pesantemente anche il sistema dei venti.
Le piante che inoltre un tempo erano il cibo preferito di molti dinosauri erbivori sono infine scomparse ed è davvero difficile immaginare un gruppo di brontosauri intenti a mangiare cumuli di fieno o di erba. Un'eventuale loro rinascita comporterebbe quindi anche grossi sforzi ingegneristici, economici e strutturali per fornire il territorio delle risorse necessarie per farli sopravvivere.
Non tutti gli scienziati credono, infatti, che i dinosauri riuscirebbero a sopravvivere nel mondo attuale, ma qualora potesse essere possibile, quali sarebbero le tecnologie in grado di compiere questo piccolo miracolo? Come è noto la letteratura fantascientifica ha sempre guardato positivamente alla clonazione e all'ingegneria genetica, ma queste tecniche permetterebbero davvero di soddisfare i sogni di molti paleontologi? Scopriamolo.
Come potrebbero essere riportati in vita i dinosauri?
Quando si pensa generalmente al sogno di riavere i dinosauri di nuovo con noi, spesso si fa riferimento alla possibilità di clonarli, estraendo il DNA antico presente all'interno dei loro fossili.
Per quanto però questa soluzione sia affascinante e la clonazione abbia già conseguito numerosi successi, tra cui la nascita della pecora Dolly, è anche vero che clonare le antiche specie estinte milioni di anni fa utilizzando direttamente il DNA prelevato dai loro fossili è un'impresa molto difficile, tanto che secondo la maggioranza dei ricercatori è un'impresa impossibile da realizzare con specie così antiche. Questo perché le sequenze genetiche che permetterebbero di dare nuova vita a questi animali sono ormai troppo degradate, per colpa dell'eccessivo tempo trascorso, tanto da essere inutilizzabili o completamente dissolte.
Anche l'ingegneria genetica alla Jurassic Park, che prende in considerazione la rielaborazione delle poche sequenze ottenibili, tramite l'inserimento nelle sequenze di DNA estratto da altri animali, come uccelli, rettili e anfibi, non è tecnicamente fattibile, poiché non è possibile produrre un'eventuale chimera mischiando il contenuto genetico di specie così diverse tra loro. L'embrione risultante da questo processo non sarebbe infatti vitale e probabilmente non riuscirebbe neppure a sviluppare tutti i tessuti necessari ad un organismo.
Visto inoltre che non disponiamo – a differenza della fantascienza – di isole abitate da grandi rettili estinti o di giacimenti di ambra con dentro zanzare colme di sangue, anche andare alla ricerca di eventuali scorciatoie (come quelle immaginate da Michael Crichton per la nascita del suo parco giurassico) non sarebbe fattibile e si rivelerebbe solo uno spreco di soldi e di tempo.
A differenza infatti dei dodo, dei mammut o delle tigri della Tasmania, a rendere quasi impossibile la rinascita dei dinosauri in laboratorio è la relativa anzianità dei loro reperti fossili, che sono ormai praticamente privi di DNA da estrarre e lavorare.
Alcuni paleontologi però, immaginando di applicare le attuali tecnologie e di utilizzare gli eredi diretti dei dinosauri, ovvero gli uccelli, proponendo alcune soluzioni che, seppur non permetterebbero di ottenere un vero proprio dinosauro, garantirebbero la nascita di un animale abbastanza simile.
John R. "Jack" Horner – uno dei più famosi paleontologi viventi – ha infatti proposto nel 2009 in uno dei suoi libri più noti (How to Build a Dinosaur: Extinction Doesn't Have to Be Forever) di manipolare tramite l'ingegneria genetica il DNA di un pollo, per produrre un animale che abbia le stesse dimensioni e forme di un dinosauro teropode, simile a un piccolo di tirannosauro o a un velociraptor.
Per quanto però Horner creda molto nella sua proposta, sono stati molti gli scienziati che hanno criticato questa sua teoria. Innanzitutto, perché non si tratterebbe di un vero dinosauro, ma solo di un animale surrogato. Inoltre, per ottenere questo risultato, bisognerebbe compiere molteplici esperimenti sugli uccelli, nel tentativo di capire se questa proposta sia davvero fattibile. Infine, le mutazioni genetiche che hanno permesso agli uccelli di evolversi e distinguersi dagli altri rettili non garantirebbero nemmeno di ottenere dei risultati apprezzabili o necessariamente vicini a proto-dinosauro.
Nel corso dei 66 milioni di anni che sono passati dall'estinzione dei loro cugini diretti, gli uccelli sono infatti andati incontro a molteplici processi di speciazione e mutazione, che renderebbero "il dinosauro di Horner" più un uccello malformato che un vero e proprio dinosauro simile a quelli estinti. Sarebbe quindi sbagliato continuare a perseguire questa via, considerando anche la sofferenza che dovremmo provocare agli animali usati nella sperimentazione e le varie questioni etiche collegate alla produzione di un organismo geneticamente modificato esclusivamente per tale scopo.
Quali sarebbero le implicazioni etiche e sociali di riportare in vita i dinosauri?
Anche se le attuali nostre tecnologie ci impediscono di realizzare davvero dei dinosauri in carne ed ossa, immaginiamo che questo processo fosse possibile. Che questi animali cominciassero a nascere in laboratorio e a essere liberati all'interno dei principali ecosistemi della Terra dopo essere stati predisposti geneticamente alle nuove condizioni ambientali e naturali del globo. Quali potrebbero essere le conseguenze dirette del loro ritorno?
In primo luogo, il confronto diretto con gli attuali animali che vivono nel mondo sarebbe molto brusco. Non possiamo sapere se i dinosauri riuscirebbero ad avere il sopravvento o se i vari mammiferi che oggi governano il pianeta riuscirebbero ad attutire l'impatto del loro ritorno, cominciando a considerarli parte del loro menù. Di certo però sappiamo che l'eccessiva presenza di questi animali avrebbe delle pesanti conseguenze negative su tutti gli ecosistemi, essendo infatti delle bocche in più da sfamare con lo stesso quantitativo di risorse naturali disponibili.
Gli habitat probabilmente che ne risentirebbero di più sarebbero le foreste e le grandi praterie, che dovrebbero affrontare l'insostenibile fame di risorse di centinaia di grandi dinosauri. Anche però le campagne umane e le città subirebbero dei contraccolpi, visto che alcuni di questi inizierebbero a frequentare anche gli insediamenti umani.
Dal punto di vista della salute, invece, ignoriamo completamente quali potrebbero essere le conseguenze dovute al ritorno di questi animali all'interno delle aree selvatiche. I dinosauri infatti potrebbero fungere da vettori di malattie ancora sconosciute o risultare così tanto aggressivi da aumentare il numero di incidenti in cui sono coinvolte le specie selvatiche.
Considerando inoltre la loro grande voracità probabilmente si rivelerebbero delle creature inarrestabili, in grado di diminuire le nostre scorte di frumento, semi, frutta raccolta per il nostro stesso sostentamento. La devastazione che potrebbero causare questi animali sarebbe infatti equiparabile a quella di una piaga, seppure (sempre in teoria) la loro carne potrebbe rivelarsi una fonte alternativa di proteine animali.
Ma il più grosso impatto che avrebbero però i dinosauri in un presente alternativo in cui sono stati riportati in vita sarebbe di natura culturale. Horner in uno dei suoi saggi disse infatti che la nascita del primo dinosauro sarebbe equivalente dal punto di vista sociale ad un primo contatto con gli alieni, poiché spingerebbe le nostre comunità umane a reinventarsi e a modificare la propria struttura. Questi animali entrerebbero infatti all'interno della nostra cultura, spingendo le persone ad interagire con essi, sia dal punto di vista pratico che emotivo.
Una fenomeno simile avvenne probabilmente con l'introduzione di nuove specie all'interno delle antiche civiltà, tramite il processo di domesticazione, ma a rendere ancora più importante la nascita di un dinosauro "domestico" sarebbe la sua provenienza aliena agli ecosistemi naturali attuali. D'altronde, già nei passati anni i dinosauri hanno avuto un forte impatto mediatico-culturale, basti pensare alla produzione di libri, film o fumetti che li hanno come protagonisti.
Poi, come ben descritto all'interno dell'ultima saga di Jurassic World, ci sarebbero problemi etici e legali legati alla rinascita dei dinosauri. Di fronte infatti al confronto con le specie moderne, i biologi della conservazione dovrebbero garantire l'esistenza dei vecchi animali a rischio di estinzione o dovrebbero garantire anche la sopravvivenza dei grossi dinosauri mesozoici? Sarebbero inoltre considerati animali a tutti gli effetti o solo delle chimere genetiche, di proprietà delle aziende che li hanno riportati in vita?
Chi pagherebbe infine i danni provocati da questi animali? La società stessa, tramite risarcimenti, come avviene per i danni arrecati dalla fauna selvatica, o dovrebbero pagare quelle aziende o compagnie che hanno fatto nascere questi giganteschi animali? Nel caso poi che questi animali cominciassero ad alterare così tanto l'ambiente, sarebbe etico portarli all'estinzione di nuovo? Sono davvero infiniti gli scenari a cui l'uomo dovrebbe rispondere nel caso in cui i dinosauri tornerebbero a rivendicare il trono di dominatori del pianeta. Di certo, però, è anche altrettanto importante e giusto affermare che non abbiamo davvero molto bisogno di riportare in vita questi animali.
Secondo infatti i biologi e i paleontologi oggi impegnati nelle ricerche di sviluppo di ingegneria genetica, sarebbe molto più utile e vantaggioso concentrarsi su quelle specie che hanno subito da poco (qualche secolo) il processo di estinzione, soprattutto per colpa dell'uomo. Riportare animali così antichi (e mastodontici) si rivelerebbe infatti solo il frutto di una capricciosa volontà di "giocare a fare Dio". Come afferma lo stesso Ian Malcom in uno dei di numerosi film della saga di Jurassic Park ispirata dai libri scritti da Crichton.
Riportare invece in vita il dodo o il tilacino, come la colomba migratrice o i numerosi anfibi estintisi per colpa del fungo Batrachochytrium, sarebbe invece considerato un successo della ricerca, poiché avrebbe delle conseguenze dirette positive sui nostri ecosistemi. E ci aiuterebbe anche a sentirci un po' meno in colpa per tutte le specie animali che le nostre attività hanno portato o stanno portando sul baratro dell'estinzione.