La scomparsa di un predatore naturale ha effetti di varia natura sulla specie che fa parte della sua dieta, ma non solo. L'equilibrio dell'ecosistema intero in cui vive può essere sconvolto. Gli ecosistemi si reggono infatti sull’equilibrio delicato e complesso tra le specie, ognuna delle quali ha un ruolo da svolgere. Ma cosa accade quando uno degli attori principali di questo puzzle scompare dalla scena? Più specificamente, cosa può accadere a una specie animale se il suo principale predatore naturale si estingue?
Con la minor pressione predatoria, l'animale in questione può proliferare in maniera incontrollata, alterando risorse e spazi. Il boom demografico può portare a cambiamenti nel suo comportamento, nella sua dieta e persino nelle interazioni con altre specie, oltre a impoverire le risorse alimentari di altre specie. Anche se in natura si assiste da sempre all’estinzione delle specie, le attività umane stanno incrementando drasticamente questi fenomeni, con effetti a catena sull'intero ecosistema potenzialmente catastrofici.
Il possibile aumento della popolazione
Se un predatore di erbivori si estingue, la popolazione di questi può aumentare in modo significativo, portando al depauperamento delle risorse vegetali, con conseguenze negative per la vegetazione stessa, e per gli altri animali che da essa dipendono. I grandi carnivori, come orsi grizzly e lupi, sono assenti dal 95-99% del loro areale storico in Nord America. L'estinzione localizzata, seppur estesa, ha portato a un aumento della popolazione di alci, che hanno danneggiato pesantemente le colture. Dove esistono comunità di carnivori intatte, come in Alaska e nello Yukon, la predazione degli alci è intensa, facendo registrare fino al 90% dei giovani uccisi ogni anno.
Similmente, la scomparsa del lupo nelle Alpi svizzere aveva portato a un aumento della popolazione di cervi, che hanno danneggiato le foreste e causato incidenti stradali. È stato anche dimostrato che le lontre marine (Enhydra lutris) possono avere un profondo impatto sulla struttura delle comunità marine controllando le densità delle popolazioni di ricci di mare, come il riccio di mare viola (Strongylocentrotus purpuratus) che si nutrono di foreste di kelp. L'assenza di lontre marine ha portato ad alte densità di ricci di mare, e al consumo di ampie porzioni della foresta di kelp.
La diminuzione della popolazione
In certe situazioni, la mancanza del predatore può portare a effetti inaspettati, come un drastico calo o persino l'estinzione della specie predata. Questo perché, senza il controllo del predatore, la specie preda può proliferare troppo rapidamente, esaurendo le sue risorse alimentari. Una tale crescita incontrollata può avere ripercussioni anche su altre specie che dipendono dalla stessa risorsa, sia come fonte di cibo sia come habitat. In questo scenario, è anche probabile un aumento della competizione all'interno della stessa specie.
Inoltre, la scomparsa di grandi predatori, come lupi, leoni e orsi, può dare spazio ai mesopredatori, ossia quegli animali come volpi, coyote e gatti selvatici, che si trovano al centro della catena alimentare, e invece così iniziano a dominarla. Un caso noto riguarda la Florida: intervenendo sulla popolazione di procioni (Procyon lotor) per proteggere le uova delle tartarughe marine, si è registrato un aumento di predazione sulle stesse uova da parte del granchio fantasma (Ocypode quadrata), un altro predatore, precedentemente tenuto sotto controllo dai procioni stessi.
Il collasso ecologico
L’assenza di predatori apicali può generare una sorta di collasso ecologico. Nell'Oceano Atlantico, per esempio, la diminuzione del numero di squali ha portato a esplosioni demografiche delle razze “muso di vacca” (Rhinoptera bonasus), che a sua volta ha quasi azzerato le popolazioni di capesante e vongole (Argopecten irradians).
Non tutti i mali vengono per nuocere
Certo, se si estingue il suo predatore naturale, una specie può anche giovarsene. Se quel predatore aveva infatti una particolare predilezione per gli individui più giovani, la sua assenza può avere come risultato un miglioramento della sopravvivenza della specie preda.
Bibliografia
Laura R. Prugh, Chantal J. Stoner, Clinton W. Epps, William T. Bean, William J. Ripple, Andrea S. Laliberte and Justin S. Brashares. BioScience, Vol. 59, No. 9 (October 2009), pp. 779-791