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13 Dicembre 2021
16:17

Corridoi faunistici in Trentino, il responsabile provinciale: «Stiamo cercando soluzioni su misura»

La Giunta ha bocciato la proposta dei corridoi faunistici in Trentino. Per comprenderne le motivazioni, abbiamo parlato con Giovanni Giovannini, responsabile del Servizio Faunistico provinciale.

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«Il nostro non è immobilismo. Stiamo analizzando la situazione nel dettaglio per poter prendere le decisioni più adatte al nostro territorio». Giovanni Giovannini, responsabile del Servizio Faunistico provinciale del Trentino, così chiarisce a Kodami la posizione della Provincia Autonoma riguardo la bocciatura della mozione proposta dal consigliere provinciale Filippo Degasperi (Onda Civica) che avrebbe previsto la creazione di corridoi faunistici per tutelare la fauna selvatica dagli incidenti stradali.

In Trentino ogni giorno avvengono in media due scontri che coinvolgono animali e, inoltre, si tratta di un numero in costante crescita che ha riguardato solo nel 2018 – l'ultimo anno di cui sono disponibili i dati – 584 caprioli, 218 cervi e 34 volpi. Ma le specie interessate da questo fenomeno sono ben più numerose e comprendono anche lepri, faine, allocchi, camosci e molte altri animali costretti, per diversi motivi ad attraversare le strade.

«Il nostro ambiente è complesso e i corridoi faunistici non sono la soluzione ideale»

«Siamo consapevoli dell'entità di questo fenomeno e del suo aumento ma fino ad ora non siamo riusciti a trovare una soluzione che soddisfi le nostre necessità territoriali – afferma Giovannini – Il nostro è un ambiente montano complesso che necessita di ricerche approfondite e l'individuazione di strumenti su misura».

Secondo il responsabile provinciale inoltre il problema specifico della Provincia di Trento sarebbe l'ampia diffusione del fenomeno sulle strade della Provincia, che rende impossibile una gestione completa: «La soluzione dei corridoi faunistici può funzionare laddove l'attraversamento avviene solo in aree circoscritte. Per quanto riguarda il Trentino invece, le zone interessate sono troppo ampie – afferma Giovannini – Se volessimo, per esempio, occuparci della strada che sul fondovalle attraversa la Val di Fiemme, bisognerebbe aggiungere chilometri di recinzioni intorno alle carreggiate. Se non facessimo così, gli animali continuerebbero a scegliere la via più corta sulla strada e i corridoi faunistici risulterebbero inutili. Inoltre, sorvolando sugli elevati costi di produzione e mantenimento e concentrandoci invece sull'aspetto legato all'impatto ambientale: personalmente non vorrei vedere la strada completamente recintata».

Enpa: «Non servono studi imponenti per individuare le zone interessate»

Secondo Enpa però, la situazione è decisamente più circoscritta rispetto alla condizione delineata da Giovannini. Proprio il mese scorso l'Ente Nazionale Protezione Animali aveva chiesto, a seguito dei numerosi incidenti avvenuti negli scorsi mesi autunnali in Trentino, un intervento attivo da parte della Provincia: «La maggior parte degli incidenti, oltre il 90%, avviene in meno del 30% dell'intera rete stradale, tanto che al 10-12% delle nostre strade è associato un rischio di investimento di selvatici 300 volte più alto della restante rete viaria. In breve, non servirebbero imponenti studi per individuare le zone in cui creare percorsi protetti per la fauna: sono note da decenni, basterebbe solo l'intenzione di agire! I dati raccolti ci insegnano che i selvatici usano dei percorsi privilegiati, gli stessi da generazioni, ad esempio per trasferirsi dalle zone di pascolo (se si tratta di erbivori) o di caccia (se si tratta di predatori) alle zone di riposo, oppure per scendere dalle aree estive a quelle invernali».

Nonostante il fenomeno sia da anni in continuo aumento però, la Provincia Autonoma di Trento non ha di fatto ancora individuato una strategia che sia davvero efficace: «Si sbaglia chi crede che non vogliamo occuparcene. Negli ultimi anni abbiamo posizionato le sagome di caprioli in alcuni tratti particolarmente trafficati – afferma Giovannini Per intervenire ulteriormente stiamo dialogando anche con la Provincia di Bolzano e con il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, dove sono stati attuati progetti sperimentali con sistemi di foto cellule o catarifrangenti, di cui però bisognerà valutare gli effettivi risultati. Per il momento credo che nessuno abbia ancora attuato una soluzione completamente soddisfacente».

Annullamento dell'indennizzo per chi investe la fauna. «Non è responsabilità della Provincia»

Ciò che secondo Giovannini differenzia il Trentino rispetto agli altri territori è anche un fattore legato alle motivazioni che spingono all'intervento: «In Abruzzo stanno intervenendo con sistemi anche molto complessi e costosi nell'ottica di tutelare l'orso marsicano, un animale a rischio di estinzione per cui ogni investimento mette a repentaglio la sopravvivenza. Noi invece, che questi problemi non li abbiamo perché le nostre popolazioni sono in salute, stiamo intervenendo nel tentativo di ridurre i rischi per gli esseri umani interessati dagli incidenti».

Proprio riguardo la tutela degli automobilisti, però, è stata presa solo pochi mesi fa la decisione (contestata anch'essa dal Consigliere Filippo Degasperi) di annullare gli indennizzi per chi è vittima di uno scontro con un orso. Secondo il consigliere di Onda Civica, la scelta della Provincia Autonoma di Trento era legata al tentativo di peggiorare l'opinione che i cittadini hanno della specie: «Senza un'assicurazione, i cittadini si trovano ad essere vittime degli scontri e, da soli con la propria emotività, saranno pronti a scaricare la rabbia sugli animali».

Secondo Giovannini però, questo argomento di preciso non è di responsabilità della Provincia: «Abbiamo osservato gli altri territori e ci siamo accorti che nessuno offre questo servizio, quindi ci siamo chiesti perché dovessimo farlo noi – conclude il tecnico – A mio parere non rischiamo assolutamente di peggiorare il rapporto tra le persone e gli animali. Anzi, credo proprio che stiamo già intervenendo a sufficienza per favorire la convivenza. In ogni caso la soluzione migliore, preso atto di tutti i fattori, sarebbe che chi guida sulle nostre strade fosse più attento e guidasse più lentamente».

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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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