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20 Aprile 2023
10:37

Confermata la presenza del lupo a Roma. L’esperto: «Ecco perché non è un pericolo»

Bruno Cignini, zoologo e docente universitario, ci parla della presenza del lupo nella capitale, dei luoghi dove è già stato avvistato e di quello che si può fare per evitare una psicosi come quella che si è scatenata in Trentino nei confronti degli orsi.

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Un lupo che si aggira nell’Area Faunistica di Civitella Alfedena nel Parco Nazionale d’Abruzzo (credits: Bruno Cignini)

Odorato finissimo e ottima vista. Il lupo sa che per sopravvivere si deve tenere a distanza. Eppure, non è più così raro avere notizia della sua presenza anche dalle parti di Roma. L’ultima qualche giorno fa, faceva riferimento ad una zona a nord della capitale, ma conferme ufficiali non ce ne sono. Solo un video girato con un cellulare e una voce che sottolinea la presenza di tre esemplari che corrono in un campo verde. Ma potrebbe essere davvero Roma? Anche nella capitale, città di mare più che di montagna, la presenza dei lupi segnalata a più riprese negli ultimi anni, può considerarsi una realtà? E soprattutto, questa presenza, può alimentare il timore di un nuovo scontro tra umani e selvatici? Può diventare una psicosi e trasformarsi in una “caccia” all’orso come sta succedendo in Trentino?

Lo abbiamo chiesto a Bruno Cignini, zoologo e divulgatore scientifico, docente di conservazione e gestione della fauna selvatica al Dipartimento di Biologia di Tor Vergata, che recentemente ha pubblicato per Pandion Edizioni “Biodiversità a Roma. Storie e curiosità di animali e piante della capitale” (con acquerelli di Eva Villa), in cui sottolinea il rapporto tra la capitale e i selvatici. «Il lupo non rappresenta nessun pericolo» ci tiene a sottolineare da subito Cignini. «Non viviamo assediati dagli animali selvatici. Dobbiamo solo imparare a convivere con la loro presenza».

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Il lupo è tornato a Roma?

«Da almeno dieci anni ci sono evidenze di lupi a ridosso del Raccordo Anulare. I primi avvistamenti risalgono al 2013. Tracce di lupo sono state ritrovate a Castel di Guido, nell’Oasi Lipu, a nord della capitale. Probabilmente si trattava di giovani esemplari provenienti dai Monti della Tolfa, durante la fase della cosiddetta “dispersione” cioè allontanamento dal branco di origine. Nel 2016 si è formata invece la prima coppia, sempre nella stessa area, e nel 2017 si è trasformata in una coppia stabile perché ha cominciato a riprodursi: infatti si è accertato un primo nucleo famigliare. Nel 2018, poi, foto-trappole e tracce di escrementi ne hanno accertato la presenza nel Parco di Veio, quindi nell’area compresa tra la Flaminia e la Cassia. Ma sempre nel 2018 abbiamo avuto conferma della presenza anche a Roma sud, nella Riserva di Decima Malafede, dove apparivano come individui isolati. Infine, nel 2022, lo scorso anno: un escremento ritrovato a Inviolatella Borghese, area naturale subito a ridosso di Corso Francia, ancora a Roma nord, ha confermato la presenza di un altro giovane in “dispersione”».

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Un lupo nell’Area Faunistica di Civitella Alfedena nel Parco Nazionale d’Abruzzo (credits: Bruno Cignini)

Perché in queste zone?

«Perché il Parco di Veio, l’Insugherata, la Riserva di Monte Mario a nord, rappresentano un vero e proprio cuneo verde tra Cassia e Flaminia che arriva dritto fino al cuore della città. Il lupo, che è un predatore, segue le sue prede e tra queste i cinghiali che, come sappiamo, sono ormai presenti nella zona settentrionale della città. Il lupo è un animale opportunista: per lui cinghiali, cani, gatti, carcasse di animali morti, ma anche rifiuti organici si trasformano in opportunità di cibo che non vuole lasciarsi sfuggire. Da solo o in branco si sposta seguendo le sue prede e, come i cinghiali, ultimamente si sta avvicinando alle aree urbane».

Come si individua la sua presenza?

«Intanto partiamo dal presupposto che il lupo è un animale elusivo. Non si vede quasi mai ed è difficilissimo individuare le sue tracce. E inoltre si muove principalmente di notte. Per accertarne la presenza nelle riserve naturali e nelle aree protette sono fondamentali le foto-trappole. Il loro passaggio fa scattare la ripresa o la foto e quindi registra la sua presenza, a volte anche in piccoli branchi. Poi ci sono le tracce biologiche: gli escrementi, che peraltro utilizza per marcare il territorio e segnalare la sua presenza ad altri lupi, testimoniano il suo passaggio. Spesso negli escrementi si possono facilmente riconoscere i peli di cinghiale che non digerisce ed espelle e questo ci conferma anche la presenza di questi animali. Infine, altre tracce sono rappresentate dalle impronte, riconoscibili da quelle del cane, da peli che a volte si impigliano tra i rami, e da resti di animali predati».

Quanti lupi ci sono in Italia?

«Nel 2022 lo studio dell’ISPRA, con censimenti effettuati su tutto il territorio nazionale, ha stimato una popolazione appenninica e alpina che si aggira tra i 3000 e i 3500 esemplari. Dagli Appennini sono scesi a colonizzare sempre nuovi territori e da lì, hanno cominciato ad avvicinarsi alle aree urbane».

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Gli areali di distribuzione del lupo secondo l’ultimo rapporto ISPRA del 2022

Perché i lupi erano scomparsi dall’Italia?

«Tutto nasce dalla competizione che si è instaurata con gli uomini nel passato riguardo al bestiame. Il lupo ha cominciato così ad essere considerato un animale nocivo. In una visione antropocentrica hanno cominciato quindi ad essere perseguitati. Un tempo era ben distribuito su tutte le montagne degli Appennini e delle Alpi. Arrivavano in tutte le zone più impervie anche dove erano presenti animali allo stato brado o allevamenti di montagna. A partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale cominciò ad essere realmente perseguitato: negli anni 70/71 si stimavano dai 100 ai 200 esemplari rimasti in Italia soprattutto nell’Appennino Centrale».

Cosa ha invertito la rotta?

«L’Operazione San Francesco, voluta da WWF e dal Parco Nazionale d’Abruzzo, ha sancito la sua rinascita, puntando soprattutto sulla sensibilizzazione delle popolazioni interessate alla sua presenza. L’altro elemento determinante è stata la Convenzione di Ginevra che nei primi anni ’80, ha definito la specie “gravemente minacciata”: quindi sono cominciate ad aumentare le aree protette, a diminuire le attività di persecuzione. Infine, è iniziato lo spopolamento delle montagne e il conseguente aumento delle superfici boschive. In questa situazione il lupo ha trovato le condizioni per ricolonizzare aree che prima aveva abbandonato».

Il video di questi ultimi giorni, da cui siamo partiti. Ce possibilità ci sono che sia vero?

«In realtà nell’area di Riano, a nord di Roma, io stesso ho trovato un escremento di lupo. Io penso che stiano esplorando e tornando a colonizzare quel territorio. Mi aspetto nel prossimo futuro di individuare la loro presenza anche al Parco dell’Insugherata. Ma non dobbiamo considerarla una minaccia. Intanto perché il mondo non è solo nostro e loro hanno tutto il diritto di esserci. Poi perché la loro presenza si è rivelata fondamentale in molte occasioni. Come nel caso dell’orso per il Parco Nazionale d’Abruzzo, di cui è il simbolo, anche il lupo è una cosiddetta specie “bandiera”: sono specie iconiche che rappresentano un’attrazione per il territorio e grazie ai quali si attivano anche iniziative di protezione per le altre specie».

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Un frame del video che circola sui social in questi giorni in cui si vedono due lupi correre in un campo indicato nell’area nord della capitale

Cosa possiamo fare perché anche nel Lazio e a Roma non nasca la psicosi del lupo come è accaduto in Trentino con l’orso?

«Informare e sensibilizzare sulla loro possibile presenza e il primo passaggio da fare. Poi imporre delle regole: non lasciare incustodito il cibo è la prima, inderogabile, regola. Anche quello che si lascia per cani e gatti randagi si può trasformare in una irresistibile attrazione. Poi è importante non lasciare cani legati nei giardini, che diventano delle prede-bersaglio. Così come utilizzare i cassonetti anti-scasso esattamente come con gli orsi. Infine va considerato il giusto comportamento durante le escursioni: parlare a voce alta per avvertire della nostra presenza – il lupo ha un udito finissimo – ed eventualmente utilizzare dei dissuasori acustici, per esempio campanelli, come si dovrebbe fare anche con gli orsi».

Come ci si deve comportare se ne incontrasse uno?

«Premesso che è un evento veramente rarissimo, bisogna tenere presente che il lupo non è un animale domesticato e quindi teme l’uomo. La cosa migliore, trovandoselo davanti, è allontanarsi senza correre, perché l’allontanamento lo tranquillizza»

Il lupo potrebbe diventare un “nemico” anche per Roma?

«Certo, perché la psicosi del lupo nasce già dalla paura dell’incontro. Soprattutto nel momento in cui si cominciasse a temere, per informazioni assolutamente errate, che il lupo può mettere in pericolo i nostri animali domestici temo che la psicosi si allargherebbe velocemente. Invece dobbiamo sottolineare che non siamo in pericolo».

Foto di apertura: un lupo che si aggira nell'Area Faunistica di Civitella Alfedena nel Parco Nazionale d'Abruzzo (credits: Bruno Cignini)

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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