È terminata poche ore fa l’udienza al Tar di Firenze per i mufloni dell'Isola del Giglio. Sono state le associazioni animaliste ENPA, LNDC Animal Protection e VITADACANI con la Rete dei Santuari Liberi a presentare il ricorso contro la richiesta di abbattimento supportata invece dalla Regione Toscana, dal Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, dal’Ispra e dall’Ente Parco Nazionale Arcipelago Toscano.
«Abbiamo dimostrato l’inconsistenza dei motivi che hanno dato il via alla caccia ordinaria, di selezione e all’eradicazione dall’Isola di questa specie protetta e dal patrimonio genetico unico per la biodiversità della specie – hanno spiegato gli avvocati Michele Pezone ed Herbert Simone, rappresentanti delle associazioni davanti al Tar – Confidiamo di potere salvare gli ultimi esemplari rimasti, meno di una decina rispetto al centinaio presenti prima della mattanza al Giglio».
Le uccisioni sono infatti iniziate nel 2021 nell'ambito del progetto LIFE LetsGo Giglio finanziato con circa un milione e seicentomila euro di fondi europei e nazionali. Il progetto, ha come scopo quello di proteggere il fragile ecosistema dell'Arcipelago Toscano attraverso l'eradicazione delle 3 specie animali invasive presenti sulla piccola isola: la tartaruga Trachemys scripta, il coniglio selvatico, e ovviamente il muflone.
Gli abbattimenti sono poi stati sospesi grazie alle proteste degli attivisti e dei cittadini che hanno portato a un accordo tra le associazioni animaliste e l’ente Parco dell’Arcipelago Toscano che si impegnava a trasferire gli animali fuori dal Giglio anziché ucciderli. La battaglia in favore della sopravvivenza dei mufloni in questi mesi ha destato l'interesse di oltre 18mila persone che hanno aderito alla campagna per fermare l'abbattimento di mufloni avviata dal comitato SaveGiglio.
«Dalla documentazione prodotta dallo stesso Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano, infatti, abbiamo appreso ed esposto quanto i danni all’agricoltura e all’ambiente ad opera dei mufloni siano stati praticamente inesistenti – hanno sottolineato Pezone e Simone – Neppure nel progetto di eradicazione redatto dal Parco Nazionale dell’Arcipelago Toscano si legge alcuna indicazione specifica del danno ambientale che sarebbe stato provocato da questi animali. Le uccisioni sono state motivate dall’avere considerato questa specie “invasiva”, unicamente perché importata dalla Sardegna al Giglio e quindi non autoctona dell’Isola».
Sarebbero proprio i danni ambientali e il non riconoscimento del valore genetico di questo animale, considerato non più tutelato solo perché spostato fisicamente dalla Sardegna al Giglio, ad avere giustificato le operazioni di uccisione secondo la controparte, che si è basata sull’ambiguità di alcuni punti del progetto europeo LIFE LetsGo Giglio, partner della Regione Toscana, minando in questo modo non solo gli obiettivi del programma stesso, ma anche quelli della strategia per la biodiversità 2030 dell’Unione Europea e sottoscritto dall’Italia.