Venduti vivi, in gabbia, accatastati e in cattive condizioni. La maggior parte dei banchi offre in loco servizi di macellazione, «con notevoli implicazioni per l’igiene alimentare e il benessere degli animali». Tre esemplari su 10 di procioni (Nyctereutes procyonoides), ricci dell’Amur (Erinaceus amurensis), donnole siberiane (Mustela sibirica), tassi naso di porco (Arctonyx albogularis), tassi asiatici (Meles leucurus), lepri cinesi (Lepus sinensis), avevano subito ferite da colpi d’arma da fuoco o trappole, segno della raccolta illegale. È questa una fotografia del Wet Market di Wuhan (da dove si pensa sia partito il salto di specie di Sars-Cov-2, il virus che causa la Covid-19), realizzata in uno studio della China West Normal University e dell’Università di Oxford che è stato pubblicato su Scientific Reports.
Gli studiosi hanno analizzato 47.381 esemplari di 38 specie, incluse 31 protette che sono state vendute tra maggio 2017 e novembre 2019. Dei diciassette negozi analizzati, 13 hanno dimostrato di avere i permessi necessari per vendere specie animali in modo legale: tra loro, anche il Coccodrillo siamese (Crocodylus siamensis), usato per scopo alimentare. Ma tutti e 17 non avevano un certificato di origine o di quarantena effettuata: quindi, tutto il commercio di animali selvatici è risultato fondamentalmente illegale.
La specie di mammiferi selvatici più costosa è risultata la marmotta (marmota himalayana) venduta a 25 dollari al chilo. Più ridotto il costo di procioni e tassi (tra i 15 e i 20 dollari al chilo). Tra gli uccelli più costosi, il pavone indiano (pavo cristatus) a 56 dollari ad esemplare. Il rettile più caro, invece, è la vipera Deinagkistrodon (Deinagkistrodon acutus) a 70 dollari al chilo. Cifre di gran lunga inferiori a quelle che il mercato aveva per il maiale (circa 6 dollari), il pollame (4,25) e il pesce (2,3).
Un dato, nello studio internazionale, emerge: nel lasso di tempo preso in considerazione, e tra gli esemplari analizzati, non risultano pangolini o pipistrelli venduti. Per questo, si aprirebbe più di qualche dubbio sul salto di specie tra loro verso l'uomo.
«Cambiare l'atteggiamento dei consumatori è fondamentale per ridurre il commercio illegale degli animali selvatici in Cina», spiegano gli studiosi, secondo i quali gli sforzi per arginare il commercio di specie come gli elefanti per l’avorio, i rinoceronti per il corno, le tigri per le ossa «hanno ottenuto un modesto successo».
«Nonostante una diminuzione generale del bracconaggio e del traffico di fauna selvatica in Cina – dicono gli studiosi – i tentativi di dissuadere le persone dal consumare» queste specie sono «ancora insufficienti». I ricercatori suggeriscono «sforzi per cambiare i valori dei consumatori attraverso l'educazione, aumentando la consapevolezza non solo per la salute ma anche per il benessere degli animali». Se non si arriverà a farlo, «nonostante i recenti divieti» in Cina, si potrebbero «spingere i fornitori verso il mercato nero e il dark web».