Come si comportano gli animali al cospetto di fenomeni incendiari di grande intensità? Alcune specie, quelle dotate di maggiori possibilità di fuga sopravvivono, mentre altre purtroppo soccombono.
Una nuova ricerca effettuata da un team australiano dell'Università di Sydney e pubblicata su Global Change Biology indaga sull'effettiva sopravvivenza degli animali in risposta agli incendi boschivi di media ed elevata entità, suggerendo che la stragrande maggioranza degli animali (oltre il 90%) sopravvive effettivamente al passaggio immediato di un tipico incendio di media entità, ma evidenziando che tuttavia vi è scarsa conoscenza dei reali effetti riguardo gli eventi catastrofici come quelli visti durante la Black Summer australiana, sempre più frequenti in un mondo in riscaldamento. I ricercatori hanno analizzato 31 studi pregressi riguardanti gli effetti di incendi in varie parti del Mondo: in due terzi di essi (65%) non sono state riscontrate vittime animali.
Molti di voi ricorderanno i terribili incendi che hanno colpito l'Australia tra il 2019 ed il 2020 durante l'estate (il nostro inverno) denominata Black Summer. In pochi mesi circa 18,6 milioni di ettari, un territorio grande quanto l'Uruguay, furono devastati dalle fiamme causando la morte di 34 persone. Ma, oltre agli innumerevoli disagi causati a persone e proprietà, i più colpiti sono stati senza dubbio gli animali della delicata fauna australiana: alcuni studi hanno stimato la morte di un miliardo di vertebrati terrestri. Questa stima presumeva che tutti gli animali sul percorso dell'incendio fossero stati uccisi dalle fiamme o nell'immediato periodo successivo a causa di lesioni, predazione, disidratazione o fame.
Ma come facciamo a sapere quanti animali vengono uccisi dal fuoco? Come fanno i ricercatori a conoscere effettivamente il destino della fauna selvatica esposta al fuoco? Il modo più affidabile è monitorare gli animali tramite collari radio o GPS. Quando il fuoco attraversa un territorio, gli animali sul suo cammino che sono incapaci di fuggire o trovare riparo spesso muoiono a causa delle fiamme, del calore o del fumo. Contando il numero di individui monitorati deceduti e sopravvissuti, possiamo calcolare la proporzione di animali che vivono e muoiono durante il fuoco, assumendo che non vi siano differenze sostanziali nella sopravvivenza tra i gruppi di animali dotati di collare ed il totale degli individui.
Quanti animali sopravvivono agli incendi?
I ricercatori hanno effettuato una review sistematica di tutti gli studi che monitorano la sopravvivenza di animali durante fenomeni incendiari, individuando 31 studi (di cui la maggior parte effettuati in Australia e Nord America) comprendenti sia fuochi controllati che studi opportunistici in cui incendi inaspettati sono passati attraverso territori faunistici sotto pregressi monitoraggi.
La maggior parte di essi si sono focalizzati su rettili e mammiferi, dai minuscoli scriccioli dalla schiena rossa ai mastodontici elefanti africani, mentre pochi includevano anche uccelli e anfibi: la scoperta più notevole è che quasi i due terzi degli studi (65%) hanno riscontrato zero morti di animali direttamente causate dagli incendi.
In effetti molte specie animali sono sorprendentemente abili nell'evitare il fuoco in arrivo, in special modo quelle evolutesi in contesti in cui tali fenomeni catastrofici sono ricorrenti come gli animali del bush australiano.
In media, gli incendi hanno ucciso direttamente solo il 3% degli animali seguiti. Questa cifra è salita al 7% per gli studi che tracciano la sopravvivenza degli animali attraverso incendi di alta gravità. Ma non tutti i fuochi sono uguali e alcuni animali sono bravi a sopravvivere ad un determinato tipo di incendi, ma soccombono ad altri fuochi. I clamidosauri (Chlamydosaurus kingii) ad esempio, riescono a sopravvivere a rapidi passaggi di fiamme nascondendosi nelle parti più interne delle chiome degli alberi, sopravvivendo agli incendi freschi dell'inizio della stagione secca ma non a quelli tardivi, di portata molto maggiore. In quel caso un quarto delle lucertole è stata uccisa, mentre alcuni esemplari hanno cercato riparo all'interno dei termitai.
Tuttavia è importante notare che i 31 studi hanno spesso monitorato solo una manciata di animali (metà hanno preso in considerazione meno di dieci individui), con un'ampia variazione nei tassi di mortalità. In uno di questi, ad esempio, il 40% dei serpenti a sonagli è stato ucciso, ma la percentuale è stata ottenuta solo da cinque serpenti, due dei quali sono morti nell'incendio.
Focalizzare gli sforzi
Ne emergono segnali positivi: dopo un incendio non tutto è perduto, ma bisogna agire.
Nel campo della conservazione, è sempre importante focalizzare gli sforzi e le risorse. Prevenire gli eventi catastrofici è senza dubbio utile, ma non sempre possibile. Ambienti aridi e ricchi di vegetazione come savane e macchie sono per natura soggetti a incendi periodici, in cui non sempre vi è diretta responsabilità umana. Piante e animali di questi luoghi hanno evoluto strategie fisiologiche e comportamentali non solo per sopravvivere ma anche, in alcuni casi, per trarre vantaggio da normali incendi stagionali, come ad esempio alcune piante che riescono a germogliare solo tramite il calore prodotto dai roghi.
Il discorso cambia se si parla di mega-incendi. Anche se le popolazioni sono resilienti a singoli mega-incendi, i loro impatti cumulativi possono erodere gradualmente tale resilienza, considerando anche il maggiore impatto sugli habitat, che può durare decenni o secoli.
Per mitigare le conseguenze negative sulla fauna potrebbe esserci una stretta finestra di opportunità per ottenere un impatto reale, aiutando gli animali a sopravvivere al difficile periodo successivo al passaggio delle fiamme. Secondo i ricercatori è esattamente questo il momento di agire. Il paesaggio post-incendio è un luogo eccezionalmente impegnativo per la sopravvivenza della fauna selvatica: le risorse sono estremamente limitate e vi è scarsità di ripari, agevolando il compito dei predatori. Quindi cosa si può fare?
Gli sforzi per ridurre questi pericoli sono fondamentali, come l'integrazione di cibo e acqua e persino la possibilità di alloggi temporanei. Forse ricorderete le storie di elicotteri che lanciavano patate dolci e carote a wallaby affamati ed altri marsupiali subito dopo gli incendi dell'estate nera. Anche controllare le specie invasive potrebbe aiutare: la maggior parte di esse riesce ad adattarsi a contesti disturbati molto meglio delle specie autoctone, battendole nella competizione per le risorse.
Tuttavia risulta evidente che questi interventi devono essere monitorati per valutarne l'efficacia tramite studi adeguati.