I cartoni animati ci hanno abituati sin da piccoli alla possibilità di vedere il cane come pauroso, come fifone. "Leone, il cane fifone" e "Scooby doo" sono due rappresentazioni sul piccolo schermo. Ma c’è da fare un distinguo tra paura (fisiologica) e fobia (patologica): la paura è una emozione suscitata dalla consapevolezza di essere minacciati da un pericolo reale, ben individuato nella sua natura ed entità. Quando invece dobbiamo parlare di paura patologica e quindi di cane fobico? Quando si attiva con troppa facilità, quando diventa persistente, intensa, tanto da ledere la qualità della vita dell'animale stesso e le sue relazioni sociali a causa delle restrizioni poste dalla fobia stessa. La fobia può essere definita proprio come una paura estrema e non razionale nei confronti di stimoli definiti che in realtà non sono pericolosi per l’individuo. Un po' come la “paura di avere paura”: non è razionale, non è controllabile dalla ragione.
Principali cause di fobia nei cani
Non sempre è facile stabilire come si sviluppino le fobie, a volte vi è all’origine un’esperienza negativa che i pet mate ricordano, a seguito della quale il comportamento del cane è cambiato, ma non possiamo non considerare anche i fattori di vulnerabilità come la genetica. Oltre la genetica, nel cane la fobia può essere indotta da esperienze, apprendimenti negativi. Per proteggersi da questa sofferenza emotiva il cane attua una serie di meccanismi di difesa (ad esempio si sottrae dalla situazione stressante, la evita) che finiscono per diventare esagerati, invalidanti, impedendo l’adattamento.
L'ambiente di crescita è molto connesso con lo sviluppo comportamentale e le esperienze nei primi mesi di vita dell'animale: se quel cane è cresciuto in un ambiente ipostimolante, traumatico nei primi quattro mesi di vita è possibile che l'emozione paura diventi gigantesca ed induca sofferenza in quel soggetto. In questo il lockdown durante la COVID 19 ha insegnato molto: una ricerca ha dimostrato che i cuccioli cresciuti durante il blocco hanno presentato, da adulti, dei tratti di personalità molto più paurosi ed aggressivi rispetto a quelli nati subito dopo il blocco, proprio perché sono stati meno esposti alla socializzazione ambientale, con le persone e con gli altri animali.
Ma la fobia nei cani può essere sostenuta anche da cause mediche, legate ai sensi (come caso di cecità, sordità), o a particolari fasi della vita (la senilità), oppure la presenza di stati algici, disordini epatici e tiroidei, neoplasie cerebrali.
Sintomi di un cane fobico
I sintomi legati alla fobia sono sia fisici che comportamentali e sono molto più intensi e sregolati rispetto a quelli della paura.
Tra i sintomi comportamentali ritroviamo spesso:
- vocalizzazioni/distruzioni
- Tentativi di fuga
- Assenza del comportamento esploratorio- il cane smette di esplorare l’ambiente, non annusa più
- Aggressività da paura
- Chiusura di tutti i canali sensoriali
- Perdita di autocontrollo e panico
- Alterazione dei ritmi sonno/veglia.
I sintomi fisici sono invece correlati a:
- Tachicardia – aumento della frequenza cardiaca
- Tachipnea – aumento della frequenza degli atti respiratori
- Midriasi- dilatazione della pupilla
- Scialorrea- aumento della salivazione
- Diarrea, o sintomi gastrointestinali
- Minzioni emozionali– l’animale può fare i bisogni in maniera inappropriata.
Si tratta quindi di sintomi aspecifici, generici che vanno individuati durante una visita comportamentale, correlati al racconto anamnestico da parte del pet mate, e all'osservazione del comportamento dell'animale, per poter così giungere ad una diagnosi.
Cosa fare se abbiamo un cane fobico?
La fobia, in quanto patologia, necessita dell’intervento del Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale e dell’istruttore cinofilo riabilitatore, che in diade possono impostare la migliore terapia per quell'individuo: un po' come un abito sartoriale, la terapia viene strutturata a misura di paziente. Solo il 15% dei casi guarisce, mentre la restante parte arriva a gestire la patologia, migliorandone così la qualità della vita. Secondo l’approccio cognitivo, nella terapia delle fobie non si guarda alla manifestazione del comportamento, quanto agli schemi cognitivi o rappresentazioni che la generano e si cerca di agire su questi, cercando di suscitare rappresentazioni alternative. È più funzionale quindi capire il perché di questo comportamento, che il concentrarsi su “come impedisco questo comportamento?”.
Essendo una patologia, può richiedere l'intervento farmacologico: non si può infatti escludere a priori la possibilità di utilizzare farmaci- sostanze psicoattive – che permettano di fornire aiuto in tutti quei casi che lo necessitano. Sarà a carico del Medico Veterinario Esperto in Comportamento animale il ruolo di riconoscere questi casi e di prescrivere la molecola più adeguata che in sinergia con la riabilitazione, andrà ad apportare l’aiuto più efficace. Il farmaco non va vissuto come una sconfitta o come qualcosa che possa sedare il cane, tutt’altro: è come una sorta di impalcatura, di ponteggio che permetta la riabilitazione del soggetto, proprio perché le sue emozioni invalidano il cervello, lo mettono fuori gioco, incapace di funzionare nel migliore dei modi.
In genere i pet mate chiedono aiuto se la fobia del cane inizia a ridurre la qualità della vita della famiglia perché a furia di evitare le situazioni problema, le restrizioni ledono un normale svolgimento della quotidianità; ad esempio, la difficoltà ad uscire, ad incontrare persone e a poter inserire delle novità nella vita quotidiana, a lasciare solo il cane a casa, oppure, ma più raro, se il pet mate è fortemente coinvolto dalla sofferenza del cane. In questi casi però il tempo è prezioso: prima si interviene sulla patologia, migliore può essere la prognosi.