Steso su un pavimento di marmo sotto un porticato ombroso se ne sta lì un cane che sonnecchioso sbadiglia, si stiracchia e apre gli occhi. Pippo, Jimmy o Ettore: con questi nomi è conosciuto un cane libero che ormai è parte integrante della linfa vitale che scorre nelle vene e nelle arterie della città di Avellino.
Pippo, insieme alle persone che vivono quei luoghi, è perfettamente integrato nella società umana da cui viene sfamato e accudito e con cui ha instaurato una fitta rete di legami. Alcuni lo accarezzano, altri versano nella sua ciotola dell'acqua, altri ancora lo guardano con affetto. Tutti sanno che Pippo è lì da anni ormai e alcuni bambini della zona lo conoscono da quando sono nati.
Il fenomeno dei cani liberi, più nello specifico dei cani di quartiere, è ancora diffuso nell'Italia del centro sud. Alcuni affermano che tutti i cani debbano avere un umano di riferimento, in una prospettiva del rapporto fra cane ed essere umano che guarda l'animale come fedele compagno dell'uomo da migliaia di anni. Eppure i cani sono molto di più di questo e mentre si discute su quanto sia importante offrire l'opportunità ad ogni individuo di vivere una vita in cui tutti i suoi desideri e bisogni siano soddisfatti magari proprio accanto a una persona, la realtà dei fatti a volte è ben diversa.
I cani liberi esistono, hanno vite variegate e complesse e il fenomeno del randagismo non può essere analizzato solo con una dissertazione accademica sull'argomento, bisogna comprendere anche le storie dei singoli che hanno portato quegli animali a vivere per strada. Così in molte città d'Italia è possibile vedere i cani di quartiere, individui certificati come non pericolosi per l’incolumità pubblica, identificati con microchip, sterilizzati e vaccinati, cui viene riconosciuto lo status di cane libero e appartenente alla comunità. Legalmente il suo proprietario è il Primo Cittadino e molto spesso sono ben visti e ben voluti, ma possono generare dei conflitti con i meno amanti degli animali che li percepiscono come un fastidio.
La storia di Pippo, così, è quella di un cane libero come ancora se ne incontrano nel centro e nel sud del Belpaese come scrivevamo. Per alcuni che non conoscono queste realtà sarà una scoperta, mentre per molti altri invece – abituati a convivere con soggetti che non hanno un riferimento umano fisso – il suo non sembrerà un caso speciale o unico nel suo genere. Ma Pippo è per tutti, però, un fulgido esempio di ciò che può essere la vita di un cane libero e quali relazioni può formare con gli esseri umani che popolano le strade, le piazze e i quartieri di una città.
Il fenomeno ecologico-dinamico del randagismo
Per raccontare bene la storia di questo cane, iniziamo a cercarlo fra le strade della città. Un compito che inizialmente ci sembra piuttosto semplice ma che, nel tempo, si è rivelato un vera caccia al tesoro. Avellino è un comune campano a circa 60 chilometri da Napoli e si estende per 30 chilometri quadrati e ha più di 50 mila abitanti. Sappiamo già che Pippo è solito aggirarsi in un'area specifica: la zona che frequenta è delimitata da una parte dal parco di Piazza Kennedy, conosciuta dai locali anche come Piazza Macello poiché diversi anni fa proprio lì era presente il macello comunale di cui oggi rimangono stagliati contro il cielo i comignoli di mattoni rossi dei forni; dall'altra c'è il Tribunale di Avellino con il suo aspetto da anfiteatro semicircolare merlettato di colonne. A chiudere il triangolo è la Chiesa del Rosario che si affaccia in Corso Vittorio Emanuele II, la grande via pedonale parte integrante del cuore della città.
Il cielo è terso e le poche nuvole rade ci accompagnano nella nostra ricerca. Chiediamo a passanti e negozianti i luoghi dove sia possibile incontrare Pippo e le risposte evidenziano da subito un elemento in comune a tutti i cani liberi in luoghi dove la convivenza con gli umani è serena: tante persone lo conoscono e con lui hanno intrecciato legami in un'interazione serena anche con l'ambiente circostante.
Il contesto infatti – sia esso urbano, suburbano o rurale – è alla base della definizione stessa di randagismo: un fenomeno che è “ecologico”. Un'altra caratteristica è anche il "dinamismo" dei soggetti che ne fanno parte: perché il fenomeno in quanto tale è mutevole nel tempo ed è influenzato da diversi fattori come il numero, l’origine e le caratteristiche degli individui che lo definiscono.
Contestualmente, come accade per Pippo ad Avellino, la sua presenza è influenzata anche dalla capacità del territorio di ospitare i cani e dall’atteggiamento delle persone nei suoi confronti. Altro e non ultimo fattore fondamentale per comprendere quali sono le basi di una serena convivenza sono le misure di controllo messe in atto dalle autorità competenti che ne influenzano appunto le caratteristiche e le dinamiche. Autorità che, nella maggior parte dei casi, sono sostituite dalla buona volontà dei cittadini stessi, come accade proprio nel caso di Pippo.
A tal proposito, secondo la Legge 281 del 1991 (la Legge Quadro in materia) ogni Regione è delegata a normare autonomamente per la tutela degli animali vaganti. In Campania, in particolare, è espresso un principio importante nella Legge 3 del 2019 che recita: «Al cane si riconosce il diritto di essere animale libero, se si accerta la non sussistenza di condizioni di pericolosità per uomini animali e cose. I Comuni provvedono a disciplinare le condizioni per il riconoscimento di cani liberi accuditi … Il cane libero accudito, dopo la sua sterilizzazione e il relativo censimento, è reintrodotto nella zona esatta da dove è stato prelevato».
Dunque Pippo, cane libero campano, accudito dalle persone del quartiere, è legittimato anche dai regolamenti regionali ed è un ottimo esempio di come sia possibile per molti soggetti vivere una vita tranquilla e appagante anche in assenza di un singolo umano di riferimento.
Conoscere i cani di quartiere attraverso le persone che convivono con loro
In giro per la città, dunque, ancora prima di incontrare Pippo, è utilissimo per conoscere la sua storia semplicemente parlare con gli abitanti del quartiere. Continuiamo la nostra ricerca passando per Via Pasquale Stanislao Mancini: lì fra i porticati davanti al palazzo quadrato in mattoni bianchi sede dell'Agenzia delle Dogane, un gruppo di signori attempati fa colazione.
Li disturbiamo chiedendo informazioni e prontamente ci rispondono: «Pippo? Ho capito di quale cane parli! Qui non lo chiamiamo Pippo ma Jimmy. Di solito viene al bar e il proprietario gli dà un cornetto la mattina. Con lui a volte c'è una persona senza fissa dimora, ma più di questo non so dirti». Ci indicano però un ristorante che fa angolo proprio sulla stessa via: «Provate a chiedere a loro, solitamente si mette lì e gli danno da mangiare».
Ci dirigiamo al ristorante e parliamo con il gestore che conferma che Pippo, o Jimmy, è solito passare da quelle parti, ma non ha un programma fisso: è libero di assecondare le proprie esigenze. Un cameriere ci indica poi un nuovo posto dove cercarlo: «Avete provato nella Chiesa del Rosario? A volte si mette lì, ci va con una persona che vive in strada, ma non sempre». Poi si ferma un attimo e incuriosito chiede: «Ma perché lo cercate? Non è solo un cane randagio?». La domanda ci fa riflettere, perché ci insegna in qualche modo che la presenza di un cane libero è qualcosa di normale per chi condivide il territorio con questa tipologia di soggetti.
E c'è anche un altro aspetto che emerge dalla semplice osservazione del cameriere: il termine “cane randagio” spesso viene utilizzato in maniera erronea. Sotto questa definizione, infatti, si tende a far rientrare ogni genere di cane che si trova nella condizione di vivere fuori dal controllo umano, ma non è precisamente così. Secondo una definizione di Laura Arena, veterinaria esperta in benessere animale e membro del comitato scientifico di Kodami, «i cani randagi propriamente detti sono quegli individui vaganti che sono fuori dal controllo (di identificazione, sterilizzazione e cure sanitarie) da parte dell’uomo, anche se spesso sono comunque accuditi da fasce di cittadini».
In ogni caso, le ore passano camminando fra le strade di Avellino e approfondiamo sempre di più la fitta rete di conoscenze di Pippo. La voce della nostra ricerca inizia a circolare e giunge fino alle orecchie di alcuni abitanti che ci invitano persino a casa loro per bere un caffè e raccontarci del cane. In particolare, un uomo ci chiama da un balcone e ci fa cenno di salire. Ci presentiamo subito sulla porta di casa di un signore anziano che è solito vedere Pippo specialmente la domenica a messa.
Si chiama Giovanni e vive in una vecchia villa nel quartiere residenziale limitrofo alla zona che abbiamo designato per le ricerche. Il signore dall'aspetto gentile apre il cancello finemente riverniciato, ci fa da Cicerone nel giardino ben curato dove cresce rigogliosa dell'uva che lui stesso ha piantato. Ci fa sedere nell'accogliente salotto, mette sul fuoco una moca e ci fa accomodare sul divano di casa.
Respiriamo l'aroma del caffè e l'aria fresca smuove dolcemente le tende di una finestra. Poi Ettore inizia a raccontare: «Sì, lo conosco e lo chiamiamo Ettore da queste parti. A volte va in chiesa dove, nelle giornate più calde, può sonnecchiare al fresco e avere dell'acqua fresca a disposizione. Solitamente aspetta che entrino tutti e solo dopo che ci siamo seduti sulle panche entra anche lui, si sdraia e sta lì calmo calmo».
Anche Giovanni, come il resto delle persone, dice di vederlo spesso in compagnia di un clochard. Capiamo che il tipo di relazione che lega queste due "personalità della strada" è allo stesso tempo unico nel suo genere e simile a quello di tante persone che scelgono di condividere la vita lontano da una casa insieme a un amico a quattro zampe: non esiste nessun "vincolo del guinzaglio" ma solo il profondo rispetto reciproco che unisce due compagni di vecchia data.
L'incontro con Pippo
Ringraziamo in signore che ci ha aperto le porte di casa sua dell'ospitalità e ci rimettiamo nuovamente sulle tracce dell'animale. La mattina lascia il posto a un tiepido pomeriggio e ancora del cane neanche l'ombra. Decidiamo così di tornare sui nostri passi convinti di riuscire a trovarlo in uno dei luoghi che abbiamo già visitato: in fondo i cani sono abitudinari e siamo certi che qui che è "casa sua" prima o poi riusciremo a incontrarlo.
Passiamo davanti la Chiesa del Rosario dove Pippo si ferma tutte le domeniche e attendiamo più di un'ora all'angolo fra Via Vasto e Via Pasquale Stanislao Mancini, proprio una delle vie dalle quali abbiamo iniziato questa avventura cittadina. Passeggiando avanti e indietro rivediamo il bar e il ristorante dove ci siamo fermati la mattina. Gli abitanti del quartiere ci riconoscono, ci salutano e curiosi ci chiedono come stanno andando le ricerche. L'affetto dimostrato dalle persone nei nostri confronti, sconosciuti fino a poche ore prima, ci fa capire perché il cane abbia scelto proprio questo quartiere come sua "dimora" e quanto loro ci tengano a far conoscere la storia del concittadino cane.
Abbiamo sentito parlare così tanto di Pippo che a questo punto siamo pronti ad allargare il raggio d'azione delle nostre ricerche ma ecco che mentre pensiamo a quali altre strade percorrere, da lontano una macchia scura fa capolino fra le macchine.
Non riusciamo a smettere di sorridere e osserviamo il suo lento incedere mentre attraversa pacatamente sulle strisce. Percorre senza fretta il lungo porticato della strada e a ogni suo passo noi manteniamo la giusta distanza per presentarci nel migliore dei modi. Pippo è a poca distanza da noi e mentre lui ci supera con nonchalance, noi possiamo osservarlo da vicino.
È un cane decisamente in carne, adulto e dal mantello marrone chiaro. Si sdraia sul pavimento di marmo con dei movimenti sicuri di chi li ripete quotidianamente tutti i giorni. Spendiamo diversi minuti in quello che può essere considerato un vero e proprio set fotografico, sempre mantenendoci a una distanza tale da non infastidirlo. Fosse stato un reportage come tanti altri, a questo punto, avremmo iniziato l'intervista con il diretto interessato, ma Pippo non ha bisogno di dirci nulla a parole. Ha già comunicato perfettamente quello che voleva raccontarci con pochi e semplici gesti: si è sdraiato e ha chiuso dolcemente gli occhi. Non siamo una minaccia per lui e forse con un po' di tempo, ci avrebbe addirittura accolto a modo suo.
Proprio mentre facciamo la conoscenza del nostro nuovo amico una donna ci fa cenno da lontano incuriosita dalle riprese e dalle foto che stiamo facendo al cane. «Lui è Pippo: è il cane del quartiere! Chi lavora nei negozi e gli abitanti dei palazzi della zona si prendono cura di lui da tanti anni», racconta la signora che ci è venuta incontro. «Lo chiamano anche Jimmy o Ettore, lui si gira comunque con tutti e tre i nomi. Ha tutte le attenzioni del mondo: lo abbiamo microchippato, vaccinato e sterilizzato: è per questo che è ingrassato così tanto. Spesso lo portiamo dal veterinario per controllare lo stato di salute e come potete vedere sta bene».
Arrivati a questo punto, la signora rivela anche un dettaglio fondamentale che spiega il motivo per cui Pippo è in strada e che riguarda la sua felicità, ovvero il fatto che le persone del luogo hanno capito che il suo benessere è legato alla sua capacità di scegliere e che ha avuto intorno umani che lo hanno compreso. «Un giorno il proprietario del negozio di animali qui vicino provò a portarlo a casa – spiega – ma lui "fece il pazzo":non ci voleva proprio stare. Erano diversi anni che viveva in strada e per Pippo questa è casa sua».
La vera storia di Pippo, il cane libero di Avellino
La storia di Pippo, però, non è ancora completa. La giornata è quasi volta al termine e, sebbene abbiamo scoperto molto della sua vita, ancora non sappiamo come sia iniziata nelle strade di Avellino. Decidiamo di effettuare un ultimo giro per cercare l'unica persona che pensiamo sarà in grado di raccontarci l'inizio di tutto.
Passeggiando per Via Mancini intravediamo proprio lui, Domenico, il clochard di cui tanti ci hanno parlato in relazione a Pippo, mentre è intento a imboccare un sottopassaggio. Ci avviciniamo e gli chiediamo se conosce il cane di quartiere che è solito girare in quella zona: «Certo – risponde prontamente – È Pippo! Spesso stiamo insieme a prenderci il fresco sotto a un porticato qui vicino. Non fa male a una mosca, è proprio un tranquillone».
Ci fermiamo a bere un caffè con lui a un distributore automatico. Domenico sorseggia con calma, si aggiusta il cappotto e si passa una mano sulla barba bianca, come se il gesto lo aiutasse a ricordare. È proprio a questo punto che finalmente conosciamo la vera storia di Pippo: «Questo cane ha 7 o 8 anni, me lo ricordo bene quando è spuntato – racconta – Io vivevo già per strada. La donna che lo teneva non poteva mantenerlo più in casa per cui è stato abbandonato da cucciolo insieme a un cane da caccia, Macchia. Dopo poco quest'ultimo fu adottato e lui rimase da solo. Fortunatamente le persone del quartiere non gli hanno fatto mai mancare nulla. La gente si è affezionata a lui e lui si è affezionato alla gente».
Quando racconta di Pippo un grande sorriso fa capolino sotto la barba canuta di Domenico che continua il suo racconto parlandoci la giornata tipo dell'animale: «Ogni mattina una signora bassina di via Carducci gli porta la colazione. Stessa cosa a pranzo e anche io quando passo sotto al porticato dove si mette solitamente gli porto qualcosa da mangiare. Poi come vedi è appesantito e dopo aver mangiato, per esempio la domenica, si mette calmo calmo davanti alla Chiesa del Rosario e riposa sdraiato. Se fosse stato cattivo se lo sarebbero già portato via, invece la gente non vuole. Non ha mai dato fastidio a nessuno, le persone gli vogliono bene e lo lasciano libero qua».
Siamo all'imbrunire e la giornata volge al termine. Ci allontaniamo da Domenico, da Pippo e da Avellino carichi di un bagaglio nuovo. Ciò che abbiamo scoperto non è solo la storia di un cane libero, ma un intreccio di racconti di vite. La verità non è mai solo bianca o nera, ma proprio come descrive Domenico, è una sfumatura di grigio: alcuni cani necessitano di essere adottati ma altri non devono essere per forza recuperati dalla strada, proprio come Pippo. Esistono cani che nascono liberi e altri che vengono abbandonati e quello che possiamo fare in quanto società civile è adoperarci per garantire a questi animali una vita dignitosa.