Il caffè che beviamo la mattina contribuisce all'impoverimento biologico del Pianeta. Non è un segreto per nessuno che consumismo e globalizzazione siano una delle cause trainanti di tutti i mali attuali della nostra società. E ora un team di scienziati ha analizzato il collegamento tra commercio internazionale ed i tassi di estinzione delle specie selvatiche. I loro risultati sono stati recentemente pubblicati in un articolo della rivista Scientific Reports di Nature.
Le scelte che facciamo ogni giorno hanno un impatto sul mondo naturale, anche se non riusciamo a percepirlo. Spesso le minacce che gravano su piante ed animali sono indotte dal consumo di prodotti e servizi in luoghi lontani dalle specie colpite, creando uno spostamento geografico tra causa ed effetto. In una rivisitazione della celebre teoria del caos ("il battere delle ali di una farfalla in Brasile provoca un tornado in Texas"), la dottoressa Amanda Irwin, autrice principale dello studio ha dichiarato: «L'acquisto di un caffè a Sydney può contribuire alla perdita di biodiversità in Honduras».
Per cercare di dare un volto a questi lontani rapporti di causa-effetto, gli scienziati hanno analizzato i tassi di estinzione delle specie di ogni paese collegandoli al valore commerciale delle loro importazioni, esportazioni e domanda interna.
La ricerca rileva che il consumo in Europa, Nord America e Asia orientale (come Giappone e Corea del Sud) guida principalmente il rischio di estinzione delle specie in altri paesi del mondo, analizzando lo stato di conservazione di più di 5.000 specie ed i tassi di importazione ed esportazione in 188 paesi.
Le specie colpite includono animali provenienti da tutte le classi di vertebrati terrestri, dagli anfibi come la rana Nombre de Dios (Craugastor aurilegulus) endemica delle foreste equatoriali dell' Honduras ai mammiferi come il ratto gigante malgascio (Hypogeomys antimena) del Madagascar.
Il risultato è riassunto in una mappa globale che mostra il ruolo e l'influenza di ogni paese sui tassi d'estinzione.
Il consumo in 76 paesi determina principalmente il rischio di estinzione negli altri paesi. In 16 paesi, concentrati in Africa, questa impronta a rischio di estinzione è guidata dai consumi esteri:
il commercio internazionale determina il 29,5% delle estinzioni del pianeta. «Tutto ciò che consumiamo è derivato dal mondo naturale, con le materie prime trasformate in prodotti finiti attraverso una miriade di transazioni di filiera. Queste transazioni hanno spesso un impatto diretto sulle specie» ha commentato la dottoressa Irwin.
Il coautore e capo economista della IUCN, la dott.ssa Juha Siikamäki, osserva: «Questa visione di come i modelli di consumo influenzino prevalentemente la perdita di biodiversità in tutto il mondo è fondamentale per informare i negoziati internazionali». Gli interventi appropriati, quindi, per affrontare il rischio di estinzione in Madagascar, ad esempio, dove viene "esportato" il 66% del rischio di estinzione, dovrebbero essere diversi da quelli attuati in Colombia, dove il 93% del rischio di estinzione è generato dal consumo interno.