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9 Agosto 2023
11:41

Come i trilobiti sono sopravvissuti a numerosi stravolgimenti ambientali

I trilobiti sono fra gli organismi fossili più famosi del Paleozoico. Simili ad insetti, sono vissuti per circa 270 milioni di anni, sopravvivendo a numerosi cambiamenti ambientali e alla competizione con i predatori. Secondo recenti studi, ci sono riusciti grazie a meccanismi che gli permettevano di estrarre più ossigeno dall'acqua dell'oceano.

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I trilobiti sono probabilmente fra gli organismi fossili più famosi dell'intero Paleozoico. Simili ad insetti alieni e noti per aver evoluto tantissime forme, fra cui alcune piuttosto strane, questi artropodi sono vissuti per circa 270 milioni di anni e sono stati fra i gruppi animali di maggiore successo della storia della Terra. Avendo vissuto così a lungo, tuttavia, hanno dovuto affrontare anche diverse difficoltà, fra cui  cambiamenti climatici che hanno stravolto l'intero corso del Paleozoico o la competizione con altri organismi via via più complessi comparsi nel corso dell'evoluzione.

Gli scienziati si sono quindi sempre chiesti come questi artropodi in apparenza così semplici siano riusciti a diffondersi in tutto il globo e a vivere così a lungo. Fra questi ci sono alcuni ricercatori dell'Università della California, che studiando alcune specie poco conosciute, come Aulacopleura koninckii, hanno cominciato ad osservare qualcosa di strano e di imprevisto che potrebbe riscrivere la storia di questi organismi.

Delle circa 20.000 specie finora conosciute di trilobiti, A. koninckii è infatti l'unica che sembra aver sviluppato tra i 18 e i 22 segmenti nella sezione mediana del corpo. E per capire l'importanza di questa caratteristica, in relazione alle altre forme conosciute e alle sfide ambientali attraversate da questi animali, dobbiamo comprendere meglio la morfologia dei trilobiti in generale.

Questi animali sono infatti formati da tre lobi: un lobo assiale (mediano), e due pleurali (laterali). Di solito ogni specie dispone di un numero fisso di segmenti per ogni lobo, ma A. koninckii differisce dalle altre, in quanto ogni esemplare sembra avere un numero variabile di segmenti. Inoltre, i segmenti del lobo assiale risultano essere sempre fra 18 e 22, quando invece per le altre specie dello stesso periodo il numero è quasi sempre di 18.

«I miei collaboratori e io pensavamo che questa specie fosse strana. Non riuscivamo a capire perché i corpi di Aulacopleura variassero e mentre altri che vivevano allo stesso tempo avessero un numero costante – ha detto Nigel Hughes, paleobiologo dell'Università della California di Riverside e autore del nuovo studio su questo trilobite pubblicato su Proceedings of the Royal Society B – Vedere trilobiti con un numero variabile di segmenti nel torace è come vedere esseri umani nati con un numero diverso di vertebre nella parte posteriore». Uno scenario davvero insolito per qualsiasi anatomista o morfologo.

Gli scienziati hanno allora tentato di fornire spiegazioni a questa caratteristica e si sono resi conto che il numero di segmenti in eccesso potevano essere molto utili, per sopravvivere, sia di fronte ad alcuni cambiamenti ambientali sia nei confronti di altre pressioni selettiva come la predazione.

Producendo infatti un modello 3D dell'animale, i ricercatori californiani si sono resi conto che questi trilobiti  si potevano rannicchiare a forma di palla, un po' come i moderni porcellini di terra, per proteggersi in particolar modo dai grandi predatori del loro tempo, che includevano calamari, pesci e addirittura scorpioni marini giganti.

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Diversi esemplari di Aulacopleura koninckii, che presentano età e numero di segmenti diversi

Una volta arrotolati, potevano perfino infilare la loro coda sotto la testa, diventando così perfettamente sferici, in modo da essere completamente protetti grazie ai loro duri esoscheletri. La modellazione 3D ha tuttavia mostrato che questa tipologia di protezione era limitata alle forme più piccole e immature della specie, che presentavano ancora meno di 18 segmenti nel lobo mediano.

«Con l'aumentare del numero di segmenti, le proporzioni del corpo non permettevano più loro di infilare ordinatamente i lobi posteriori sotto la testa ed essere  completamente schermati – ha detto Hughes –  Ci siamo allora chiesti perché questa specie avesse continuato ad aggiungere segmenti fino a 22 per lobo, e come potessero sopravvivere nei confronti degli attacchi dei predatori».

Per risolvere questo enigma, gli scienziati hanno cominciato a chiedersi cosa si potesse celare al di sotto di questi segmenti in più ed è analizzando i ritrovamenti dei trilobiti adulti che si sono resi conto che A. koninckii, grazie a quei segmenti in eccesso, aveva un maggiore superficie con cui respirare.Una caratteristica che ha permesso a questa specie di abitare anche ambienti considerati per altre specie inospitali e anossici, ovvero poveri di ossigeno.

Gli scienziati, tra l'altro, hanno scoperto che questa innovazione ha preceduto quelle delle successive specie di trilobiti, che per vivere in oceani sempre più caldi e poveri di ossigeno, hanno invece evoluto un sistema respiratorio più complesso rispetto a quello delle specie che li avevano preceduto.

Questo ha portato Hughes e colleghi a pensare che uno dei modi con cui questi artropodi sono sopravvissuti ripetutamente all'estinzioni di massa e ai cambiamenti climatici che hanno colpito il Paleozoico, sia stato quello di trovare dei modi sempre nuovi ed efficienti per estrarre sufficienti livelli di ossigeno dell'acqua, reagendo adattandosi all'aumento e all'abbassamento della sua temperatura.

Ciò infatti avrebbe permesso a questi animali anche di abitare in luoghi in cui potevano considerarsi più protetti, poiché troppo poveri di ossigeno per la maggior parte dei predatori. Il genere Aulacopleura visse comunque dall'Ordoviciano medio, ovvero dai 470 milioni di anni fa, fino a 380-375 milioni di anni fa, nel Devoniano medio, quindi molto tempo prima l'estinzione definitiva di tutti i trilobiti, che avvenne nel tardo Permiano,cioè  250 milioni di anni fa.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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