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12 Giugno 2022
9:00

Come fanno i gatti a ritrovare la strada di casa?

I gatti sono animali stanziali che si muovono con competenza nel loro territorio e a volte anche in aree sconosciute. Ma come come riescono a ritrovare la strada di casa?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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I gatti sono animali stanziali che si muovono con competenza nel loro territorio e a volte anche in aree sconosciute. Ma come ci riescono?

Negli anni ’40 del Novecento lo psicologo statunitense Edward Tolman fece un esperimento che rivoluzionò la concezione che si aveva sull’apprendimento animale. Fino a quel momento si era creduto che gli animali imparassero sostanzialmente per tentativi ed errori: provavano qualcosa di casuale e se ottenevano un vantaggio ripetevano il comportamento, altrimenti riprovavano con qualcosa di diverso e altrettanto casuale. Se gli animali imparavano qualcosa era perché l'ambiente forniva loro un incentivo.

Ma Tolman dimostrò che dei topolini inseriti all’interno di un labirinto erano in grado di imparare a orientarsi nel giro di pochi giorni anche senza trovare lungo il percorso alcuna forma di incentivo. Com’era possibile? Sembravano apprendere come orientarsi in forma latente. Tolman formulò per la prima volta l’idea di mappa cognitiva, ossia la capacità di costruirsi un’immagine mentale dello spazio e delle relazioni tra stimoli ambientali che gli animali riuscivano a sfruttare anche successivamente per l’orientamento. Il motore di questa costruzione mentale, quello che consentiva ai topolini di muoversi con competenza sempre crescente all’interno dello spazio, era la possibilità di esplorarlo.

Come fanno i gatti, allora, a ritrovare la strada di casa? Esattamente come i topolini di Tolman, grazie alle loro mappe cognitive.

Un comportamento innato

È opportuno però sottolineare che nel gatto il ritorno a “casa” (o, comunque, ad un posto che lui abbia eletto come “tana”, come riparo di riferimento) è un comportamento assolutamente innato. Lo si può osservare nei gattini già a 3-4 settimane di vita quando iniziano a sgambettare nel nido materno. I gatti hanno un cervello “cablato” per fare esattamente questo: esplorare, allontanarsi dalla tana quel tanto che serve per cacciare o gestire il territorio e poi rientrare sistematicamente e lo fanno a 3 settimane così come a 12 anni.

La cognizione spaziale

Le abilità di orientamento sono dovute alla capacità del gatto di organizzare le informazioni spaziali raccolte durante l’esplorazione attiva (cioè quella che lo coinvolge in prima persona, sulle sue quattro zampe) in insiemi di relazioni, di informazioni sensoriali e di punti visu-spaziali di riferimento. Il gatto conosce il suo territorio e i percorsi che lo caratterizzano perché ha memorizzato le caratteristiche fisiche di alcuni punti salienti e il rapporto tra vari elementi che compongono lo scenario.

Esseri stanziali

A questo si aggiunga il fatto che i gatti sono animali stanziali e si limitano a circolare entro i limiti di un territorio che conoscono e che considerano di loro pertinenza. Questo contribuisce ad aumentare nel tempo la consapevolezza e la competenza con cui si muovono all’intero di un’area che hanno imparato a conoscere a menadito, centimetro per centimetro, abitante per abitante, così come a registrare eventuali cambiamenti, prenderne nota e decidere come agire di conseguenza, magari alla ricerca di percorsi alternativi.

I grandi viaggiatori

La domanda che nasce spontanea è allora: come fanno certi gatti a tornare a casa dopo aver percorso centinaia, a volte migliaia di chilometri? In questi casi non ci si può certo appellare ad una qualche conoscenza pregressa del territorio. Come si spiega?

La scienza non è ancora riuscita a formulare una risposta esaustiva a questa domanda: un noto neuroscienziato italiano, durante un’intervista, ha spiegato che gli animali inizialmente errano finché, fortuitamente, finiscono per imbattersi in un indizio ambientale in grado di guidarli verso la strada giusta. È possibile, tuttavia, che alcuni animali, gatti inclusi, riescano a sfruttare indizi molto più sofisticati di quelli forniti semplicemente dal caso, come ci insegnano molte specie di migratori: la posizione e l’inclinazione del sole, la temperatura, l’umidità, il campo elettromagnetico terrestre. Risposte definitive non ne abbiamo ancora ma quando arriveranno i gatti sapranno stupirci ancora una volta.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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