Il rapporto madre-figlio nel mondo animale è certamente uno degli aspetti etologici più affascinanti. Negli uccelli e nei mammiferi, il legame di attaccamento che la madre, talvolta anche il padre, sviluppa con la prole è molto accentuato. Con qualche differenza però. Nelle specie con cucciolate numerose, come il cane e il gatto, la madre tende a stabilire una relazione meno esclusiva con i singoli piccoli, probabilmente perché li discrimina meno. Qualcosa di simile si osserva anche nelle vacche che partoriscono vitelli gemelli, a causa del minor tempo che la madre riesce a dedicare a ciascuno piccolo.
Nelle specie gregarie è particolarmente importante che i genitori e la prole siano in grado di riconoscersi reciprocamente, per ritrovarsi in fretta nel gruppo di conspecifici. Ogni madre ha un proprio modo di riconoscere i suoi piccoli. La cagna, ad esempio, sembra accorgersi della mancanza di un cucciolo solo quando lo rivede, piuttosto che quando lo sente, nonostante questi stia certamente uggiolando tantissimo a causa della separazione. Mamma gatta, invece, ritrova i suoi gattini proprio grazie agli stimoli uditivi: più i piccoli vocalizzano più facilmente ella riesce a localizzarli. E i piccoli? Come fanno i piccoli a riconoscere il genitori in mezzo a tanti altri adulti, tutti molto simili a loro?
Il puledro
Nel riconoscimento della mamma da parte del puledro gioca un ruolo fondamentale l’udito, soprattutto all'inizio. Quando lei nitrisce, il piccolo è in grado di riconoscerla anche bendato e se i due, per qualche ragione, vengono separati, i nitriti diventano fortissimi e frequenti. Queste vocalizzazioni aiutano entrambi a orientarsi, poi, per la corretta identificazione, quando finalmente sono vicini, hanno bisogno anche della conferma visiva e olfattiva.
Il vitello
Per riconoscere la madre, il vitello si affida a una combinazione di stimoli visivi e uditivi. In particolare, è in grado di riconoscerla tra tutti i compagni di mandria grazie al suo muggito e al colore del mantello. Il legame che si sviluppa tra i due può durare diversi anni: separarli, come spesso avviene nella pratica d’allevamento, può essere molto stressante per loro.
Il piccolo pinguino
Come accade in molte specie che si riproducono in colonie, i pulcini di pinguino identificano i propri genitori attraverso i segnali acustici. Anche in questo caso, è probabile che tale sistema di riconoscimento si evolva perché è alto il rischio che la prole confonda la propria madre e il proprio padre con altri genitori che forniscono cibo.
Il suinetto
I suinetti ritrovano la madre seguendone l’odore. L’udito però aiuta, i vocalizzi della madre sono infatti ben riconoscibili e utili per i piccoli. Anche la scrofa riconosce la prole dai suoi richiami, che contengono segnali acustici tipici della nidiata.
L’agnello
Le pecore stabiliscono un legame forte e selettivo con i loro agnelli subito dopo il parto. Gli agnelli riconoscono la madre vedendola e udendone i belati, mentre l'olfatto è meno rilevante. È molto importante che l’agnello impari in fretta a riconoscere la sua mamma: la probabilità di sopravvivenza, infatti, è correlata con la capacità di distinguere la madre da un’altra pecora entro le prime 12 ore dalla nascita.
Il cucciolo di foca
I cuccioli di foca riconoscono la madre soprattutto dalle vocalizzazioni. Mamma foca lascia il neonato una settimana-dieci giorni dopo il parto per andare a cercare nutrimento in mare. Tra i due e i cinque giorni di vita, il piccolo è già in grado di rispondere in modo specifico alla sua voce, distinguendola da quella delle altre femmine della colonia. Questa capacità è di vitale importanza, perché assicura, al ritorno della madre, il rapido riconoscimento tra i due.
Il pulcino di diamante mandarino
Al momento della schiusa, i pulcini di diamante mandarino sono in grado di identificare i genitori dall'odore. Questa conoscenza chemiosensoriale sarebbe addirittura già presente nell’embrione. Sembra infatti che i pulcini provenienti da uova covate da genitori adottivi rispondano in modo significativamente maggiore all'odore della loro madre genetica, ma non del padre, rispetto a quello della madre adottiva.
Bibliografia
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