Da quando, negli ultimi decenni, gli studi sul comportamento animale hanno messo in luce l’enorme ricchezza del loro mondo emozionale si sente sempre più spesso parlare, anche nella relazione coi cani, dell’importanza di costruire un rapporto basato sull’empatia.
L’empatia infatti presume una condivisione profonda delle emozioni e ciò può aiutare, attraverso un processo di immedesimazione nell’altro, tanto nel comprendere ciò che causa piacere quanto nell’affrontare o prevenire le fonti di malessere e disagio.
E tuttavia, benché questo sembri un processo estremamente naturale, quasi istintivo, non tutto è così semplice. Specialmente quando ciò riguarda soggetti appartenenti a specie diverse dalla nostra. Cerchiamo dunque di capire meglio prima cosa si intende col termine empatia e poi come essa può riguardare il rapporto coi nostri cani.
Cosa si intende per empatia. Un breve cenno storico
Sebbene questa parola abbia origini molto lontane e risalga addirittura all’antica Grecia, dove veniva utilizzata nel mondo del teatro: il suo significato, che letteralmente può essere tradotto con “sentire dentro”, caratterizzava infatti il sentimento di profonda immedesimazione tra l’attore e il suo pubblico durante una rappresentazione, tuttavia è solo in anni molto recenti che essa ha trovato una nuova vita ed è entrata di diritto nel linguaggio scientifico.
Se si riprese infatti a parlare di empatia intorno al 1800 nei campi della psicologia e della filosofia fu solo verso la fine del 1900 che si cominciarono a comprendere le basi biologiche di questo processo. Tali scoperte le dobbiamo principalmente ad un gruppo di ricercatori italiani dell’università di Parma che per la prima volta osservarono i cosiddetti neuroni specchio. In pratica questi scienziati scoprirono, nelle loro osservazioni sui bonobo, che vi sono nel cervello dei particolari neuroni che si attivano sia nell’atto di compiere una particolare azione (ad esempio bere dell’acqua da un bicchiere), ma anche semplicemente nell’osservarla quando compiuta da qualcun altro.
Il significato di questa scoperta era rivoluzionario: si scopriva infatti che, attraverso l’osservazione degli altri, gli individui attivano le stesse aree del cervello che attiverebbero se compissero quelle stesse azioni in prima persona. In parole semplici è come se rivivessero mentalmente quelle azioni immedesimandosi nell’altro.
Tutto ciò è risultato di grandissima importanza nella spiegazione di numerose questioni. A partire dall’apprendimento sociale e per imitazione (ossia osservando gli altri), fino alla condivisione delle emozioni, che attraverso la loro espressione, ad esempio col riso, col pianto e, in generale con gli atteggiamenti del corpo, riescono facilmente a passare da un individuo all’altro.
Si può ben comprendere come queste scoperte possano rivelarsi di estrema importanza nella relazione coi nostri cani. Essendo infatti i neuroni specchio diffusi anche in questa specie, cosi come in molti altri animali, anche nel rapporto con loro è teoricamente possibile un passaggio tanto di specifici apprendimenti, quanto degli stati emozionali ad essi correlati; a partire dall'osservazione e dalla comprensione dei loro o, in altre parole, entrando in empatia.
Proviamo dunque a considerare qualche caso concreto.
Attraverso l'empatia è possibile insegnare delle cose
Se ci troviamo davanti a qualche ostacolo che il nostro amico non ha mai affrontato, ad esempio un piccolo fossato o un ruscello da attraversare, ma anche degli attrezzi tipo quelli di un campo di agility (una passerella, un tunnel o un ostacolo) e ci rendiamo conto che il nostro amico è in difficoltà, uno dei modi migliori per spronarlo è quello di metterci noi stessi in gioco e mostrargli come fare.
Sarà proprio nell’osservarci mentre compiamo quella determinata azione che il cane potrà imparare non solo che essa è possibile, ma anche il come si può fare. Certo dovrà riadattare i propri movimenti a quelle che sono le caratteristiche del suo corpo (che è diverso dal nostro), ma l’avere un esempio concreto davanti potrà essere un modo utilissimo per apprendere che quella cosa è possibile.
Allo stesso modo possiamo provare a insegnargli a nuotare. Anche in questo caso sarà molto più semplice per lui imparare se anche noi entreremo in acqua piuttosto che se restiamo sulla riva e aspettiamo che sia lui a entrarci da solo.
Ad ogni modo, in questi casi, non sarà soltanto importante fare le cose in prima persona e dunque offrire un possibile modello, ma anche una profonda comprensione del suo stato emotivo e dunque la condivisione delle giuste emozioni. Alle volte si tratterà di spronarlo e dunque spingere su una maggiore eccitazione; altre volte all’opposto si tratterà di farlo riflettere maggiormente e dunque favorire calma e concentrazione.
L'empatia e il contagio delle emozioni
Ed è proprio nel campo delle emozioni e degli stati d’animo che la capacità di entrare in empatia rivela le sue maggiori potenzialità. In questo campo si parla infatti di un vero e proprio contagio emozionale e la gamma di quelle che possono essere trasmesse da un individuo all’altro è veramente ampia. Si può andare dall’euforia e dagli stati di alta eccitazione a quelle più pacate come la serenità o anche la noia. Perfino uno stato come la sonnolenza può essere trasmesso e vi sono studi che hanno osservato che, se un soggetto comincia a sbadigliare, facilmente indurrà anche gli altri a farlo.
Ma non soltanto questo, perché anche emozioni negative come la paura, il panico, oppure l’irritazione possono essere contagiose: dobbiamo dunque essere molto attenti nel manifestarle mentre i cani ci stanno osservando. Insomma se vogliamo essere per i nostri amici delle buone guide nell’affrontare i problemi di tutti i giorni dobbiamo imparare ad essere perfettamente consapevoli che i nostri stati emotivi e il come reagiamo davanti alle situazioni è per loro estremamente importante e potrebbe condizionare in maniera decisiva i loro comportamenti e le loro reazioni.
L'empatia è importante, ma ci vogliono anche consapevolezza e conoscenza
L’empatia, insomma, è un meccanismo naturale estremamente importante nella relazione coi nostri cani. E d’altronde esso è alla base dell’evoluzione di moltissimi comportamenti delle specie sociali. Nato probabilmente milioni di anni fa assieme alle cure materne (che portavano le mamme a comprendere gli stati e i bisogni dei loro piccoli), esso si è evoluto in tutti i comportamenti di reciproco supporto e aiuto che caratterizzano non soltanto l’uomo, ma in generale tutte le specie sociali.
Vi è tuttavia un’attenzione che dobbiamo sempre tenere presente: essendo quello empatico un meccanismo che si attiva attraverso l’osservazione e il contatto con l’altro dobbiamo infatti considerare che esso si attiverà molto più facilmente quando il modo di esprimere i propri stati interiori sarà simile al nostro e da noi facilmente riconoscibile. Sarà per noi, in altre parole, molto più facile riconoscere gli stati di un altro essere umano piuttosto che ad esempio di un uccello o un pesce.
Ed anche con i nostri cani, che come noi sono dei mammiferi, sarà più semplice distinguere alcuni loro stati, simili ai nostri, che altri che si manifestano in tutt’altro modo. Potremmo altrimenti semplicemente non riconoscerli, o addirittura scambiarli per qualcos’altro (ad esempio l’irrequietezza per gioia, o la richiesta di aiuto come una voglia di coccole).
Sarà dunque fondamentale, per un rapporto sano ed equilibrato, imparare a conoscere i comportamenti dei nostri amici e le differenze della loro specie rispetto alla nostra. Perché una buona relazione è fatta anche di una vera e profonda conoscenza.
Il rischio che corriamo altrimenti può essere ben rappresentato da quanto avvenuto negli esperimenti di cui si parlava all’inizio. Gli scienziati dell’equipe di Parma infatti, nei loro laboratori universitari, sebbene siano stati perfettamente in grado di stabilire che un bonobo, cui avevano impiantato degli elettrodi nel cervello, fosse in grado di immedesimarsi nello sperimentatore mentre beveva un bicchiere d’acqua, non si sono a loro volta minimamente immedesimati nelle condizioni di quel povero animale, soggetto a un trattamento che mai e poi mai riterremmo lecito per un nostro simile. Insomma i più importanti studi sull’empatia del nostro tempo sono basati proprio su un episodio di palese mancanza di empatia. E questo ci dimostra insieme le potenzialità, ma anche la contraddittorietà della nostra specie nel suo rapporto con le altre.
Per chi volesse approfondire questo interessante tema consigliamo di leggere L'età dell' empatia, un testo scritto da Frans De Waal, che è stato anche nostro ospite in un episodio di MeetKodami.