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20 Aprile 2021
13:00

Collari a strozzo, elettrici e a segnali sonori: ancora legali e terribilmente brutali

Nei negozi e sulle piattaforme di acquisto on line è possibile comprare strumenti di contenimento per i cani che possono provocare dolore, angoscia e malessere all'animale. Collari a strozzo, collari elettrici e collari con le punte sono solo alcuni degli oggetti legali solo perché non esiste una normativa che li vieti esplicitamente.

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«É vietato l’utilizzo del collare a strozzo, detto anche a scorrimento completo, fatta salva la necessità di utilizzo nei casi di adempimento di un dovere (per es. forze dell’ordine, soccorso)». Questo è quanto riportato nel regolamento per il Benessere e la tutela degli animali del Comune di Milano pubblicato nel febbraio 2020. Grazie a questa norma il capoluogo lombardo è diventato uno dei primi comuni d'Italia a riempire il vuoto normativo che permette ancora oggi la vendita e l'utilizzo di uno strumento in grado di provocare dolore e sofferenza ai cani.

Il collare a strozzo, anche chiamato a scorrimento, funziona infatti esattamente come un cappio. Se il cane tira, il collare si stringe complicando il passaggio dell'aria necessaria per respirare e mettendo così il nostro cane in una situazione di disagio, fatica o addirittura dolore. Nei negozi per animali e sulle piattaforme on line è però facile trovare anche strumenti ancora più pericolosi come i collari con le punte, collari elettrici (anche detti e-collar per mascherarne il reale utilizzo doloroso) o acustici. A rendere legale questi oggetti è proprio l'assenza di leggi che, come spesso accade in ambito animale, ne  vietino l'utilizzo.

Il collare elettrico per cani

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Immaginatevi di avere di fronte a voi ciò che più desiderate al mondo. Mentre vi avvicinate, una scossa scende lungo la vostra schiena e non ne capite la provenienza. Indietreggiate, ma al secondo tentativo torna la scossa. Probabilmente a seguito di molti tentativi deciderete di desistere, ma il vostro oggetto del desiderio rimane proprio lì di fronte a voi, nonostante siate ormai inibiti e non abbiate il coraggio di avvicinarvi. Proprio questo è quello che prova il cane obbligato a portare il collare elettrico per venire addestrato. Fortunatamente sempre più spesso le persone si affidano a educatori e istruttori che escludono l'utilizzo di metodi violenti come questo e propongono invece approcci basati sul rispetto reciproco e sull'apprendimento in situazione di benessere psicofisico dell'animale, ma purtroppo gli strumenti che producono scosse, altri impulsi sonori o vibrazioni vengono ancora utilizzati per inibire il comportamento del cane, senza badare al malessere, il dolore, l'angoscia e il disagio che essi possono generare.

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Anche nel caso in cui il collare non generi scosse, ma produca vibrazioni o segnali acustici a distanza, non è difficile immedesimarsi e capire, del resto, quale possa essere la sensazione provata da un cane che, improvvisamente, ovunque si trovi, senta il corpo vibrare o emettere suoni. Ciò che lo spingerà all'azione sarà ancora una volta la paura piuttosto che la consapevolezza e il desiderio di tornare sui suoi passi per incontrare il suo umano.

Il vuoto normativo lascia spazio all'interpretazione

Se dal punto di vista amministrativo l'acquisto e il possesso di un collare elettrico o di altri strumenti in grado di provocare dolore all'animale in Italia non rappresentino un reato, ciò che invece è considerato illegale dall'art. 727 del Codice penale è: «qualsiasi forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso tale da incidere sensibilmente sull'integrità psicofisica dell'animale». Nel caso in cui sia possibile dimostrare il maltrattamento dell'animale causato dall'utilizzo di questo strumento, chi lo utilizza rischia quindi una pena da 1.000 a 10.000 euro o addirittura l'arresto. «Anche se attualmente non esiste alcun esplicito divieto normativo di vendita e commercializzazione del collare elettrico – spiega l'Avvocato Salvatore Cappai, esperto in materia di animali da compagnia – sempre più spesso i giudici italiani sono concordi nel considerarne l'utilizzo un reato».

Quando la legge riconosce il maltrattamento

Il Tribunale di Verona infatti, nel 2012 si è pronunciato in maniera significativa riguardo l'abuso di collare elettrico anti-abbaio (con il Decreto penale di condanna numero 1756/12). Questo strumento, diverso dal semplice collare elettrico perché in grado di rilevare il movimento della trachea del cane facendo in modo di inibirne la comunicazione vocale, è stato in questo caso dichiarato inaccettabile per l'art. 544 ter del Codice Penale, secondo il quale: «chiunque, per crudeltà o senza necessità, cagiona una lesione ad un animale ovvero lo sottopone a sevizie o a comportamenti o a fatiche o a lavori insopportabili per le sue caratteristiche etologiche è punito con la reclusione da tre a diciotto mesi o con la multa da 5.000 a 30.000 euro».

Nel 2013 in Provincia di Parma invece, un Bracco è stato ritrovato senza vita sul ciglio della strada senza segni di impatto con un'auto o ferite. Al collo aveva un collare elettrico e del sangue fuoriusciva dalla bocca. A seguito del processo svoltosi nel 2019, secondo quanto riportato sul sito dell'Ente Nazionale Protezione Animali (ENPA), il Giudice Giuseppe Monaco ha in questo caso condannato in primo grado l'intestatario dell'animale, al pagamento di 6 mila euro di multa per maltrattamento di animali oltre al pagamento delle spese processuali: «E’ conseguenza diretta – ha affermato il giudice nella sentenza – concludere che il cane possa anche essere morto a seguito degli impulsi elettrici ripetuti, e con ogni probabilità incontrollati, dati da quel collare».

Le conseguenze dei vuoti normativi

Purtroppo, proprio a causa della mancanza di normative dedicate, esistono anche casi in cui l'utilizzo del collare elettrico non viene punito. Il 19 Marzo di quest'anno, ad esempio, è stata del tutto annullata dalla Cassazione la sentenza del 15/01/2020 del Tribunale di Siena che infliggeva una multa di 2 mila euro a un cacciatore il cui cane era stato individuato dai Forestali durante una battuta di caccia con il collare elettrico al collo. In questo caso la Corte di Cassazione non ha applicato le conseguenze date dall'art. 727 del codice penale, in quanto non risultavano evidenti i sintomi del maltrattamento: «In mancanza dell’accertamento di un pregiudizio concreto per il cane, difetterebbe l’elemento oggettivo del reato di maltrattamento, che non può essere integrato dalla mera applicazione del collare sull’animale», viene riportato nella sentenza che scagiona l'imputato. Una sentenza che ancora una volta non supera l'assenza di una legge dello Stato. Secondo il giudice, inoltre, in questo caso non è stato possibile punire il cacciatore anche perché: «Il telecomando con cui azionare a distanza il collare non è stato trovato nella disponibilità dell’imputato». Senza averlo individuato nella sentenza risulta che non si può desumere che l'acquisto e l'apposizione al collo del cane di questo strumento ne sottendevano l'effettivo utilizzo.

Il collare con le punte: strumenti di protezione diventano strumenti di tortura

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Un ulteriore strumento facilmente rintracciabile on line è il collare con le punte, anticamente utilizzato dai pastori per proteggere i propri cani da guardiania dai lupi. Le punte, infatti, venivano rivolte verso l'esterno per fare in modo che l'animale selvatico che volesse predare il cane venisse ferito e desistesse. Al giorno d'oggi, purtroppo, questo strumento viene venduto e utilizzato al contrario: le punte sono rivolte verso l'interno e, nel caso in cui il cane decida di tirare, perforano la cute generando dolore e profonde ferite. Anche in questo caso non esiste una vera e propria normativa che ne vieti la vendita e il possesso, è però evidente che il suo utilizzo può solo generare sofferenza nei cani, obbligati a immobilizzarsi piuttosto che sentire decine di punte metalliche perforargli il collo. 

Il collare  a "cavezza"

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In alcuni negozi di articoli per animali  e facilmente sempre online si può inoltre trovare un altro collare particolarmente dannoso: il collare a "cavezza", uno strumento che collega il collo dell'animale ad una museruola di stoffa e, nel caso in cui il cane produca movimenti contrari a quelli desiderati dal conduttore, eserciterà una trazione sul muso impedendo il libero movimento. Anche questo strumento viene pubblicizzato come un oggetto in grado di modificare il comportamento del cane che tira al guinzaglio, senza accennare al fatto che sarà la paura e il dolore a impedirgli di intervenire sul mondo che lo circonda.

In questo caso, oltre al collo, vengono immobilizzati anche la bocca e il naso, strumenti indispensabili per la comunicazione del cane il quale, come quando costretto da un cappio, da una scossa o da punte acuminate che perforano la cute sceglierà di non agire, pur di non provare dolore durante la passeggiata insieme al suo pet mate, colui il quale dovrebbe essere il suo miglior compagno di avventure.

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Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Claudia Negrisolo
Educatrice cinofila
Il mio habitat è la montagna. Sono nata in Alto Adige e già da bambina andavo nel bosco con il binocolo al collo per osservare silenziosamente i comportamenti degli animali selvatici. Ho vissuto tra le montagne della Svizzera, in Spagna e sulle Alpi Bavaresi, poi ho studiato etologia, sono diventata educatrice cinofila e ho trovato il mio posto in Trentino, sulle Dolomiti di Brenta. Ora scrivo di animali selvatici e domestici che vivono più o meno vicini agli esseri umani, con la speranza di sensibilizzare alla tutela di ogni vita che abita questo Pianeta.
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