«Il Queensland sta per approvare una legge per reprimere con più incisività il trattamento disumano degli animali e ciò includerà il divieto di possesso e utilizzo di collari per cani a punta».
L'annuncio fatto domenica dalla Premier dello stato australiano Annastacia Palaszczuk che intende impedire una volta per tutte questa assurda crudeltà degli umani nei confronti dei cani.
Seguendo, peraltro, una decisione voluta in primis dai cittadini che chiedono ormai da tempo leggi più severe e sanzioni più elevate per punire ogni forma di maltrattamento animale. Questi collari in metallo, infatti, pur essendo illegali da importare in Australia, sono vietati davvero solo nello stato di Victoria.
Pur se non tutti sono d'accordo, è evidente che questo genere di collare di certo non venga utilizzato per dare benessere all'animale. Funziona esattamente come un cappio: se il cane tira, il collare si stringe, impedendo non solo il passaggio dell'aria necessaria per respirare, che già sarebbe abbastanza crudele, ma perforando con le punte la cute dell'animale e generando dolore e profonde ferite.
Il divieto per questi tipi di collari costrittivi, che comprendono anche quelli elettrici e a strozzo, è già in vigore in molti Paesi del mondo. Norvegia, Danimarca e Svezia hanno già proibito da anni non solo questi collari, ma tutti quelli che si sono dimostrati dannosi per i cani.
Nel Regno Unito sono proibiti solo quelli elettrici, ma gli animalisti stanno lottando affinché la legge si estenda anche a quelli a strozzo e a quelli a punta. Per quanto riguarda la Spagna, la Catalogna ne proibisce l’uso da anni e, recentemente, si è unita anche Madrid.
In Italia, invece, una legge nazionale che ne vieti la vendita e l’utilizzo non c’è e le proteste da parte di animalisti ed educatori, che si oppongono da tempo a queste arcaiche torture legalizzate, sono rimaste a lungo inascoltate.
E così nel nostro Paese i collari a strozzo, a punte, o ancor peggio elettrici si possono acquistare tranquillamente, contraddicendo peraltro le norme vigenti che considerano reato “qualsiasi forma di addestramento fondata esclusivamente su uno stimolo doloroso” (Codice penale Art. 727).
L’altro strumento di tortura, come dicevamo, è il collare elettrico. Si tratta di un dispositivo che dà delle scosse all’animale di diversa intensità e durata, attraverso delle sonde in metallo, posizionate sul collare. Le scosse sono attivate da un telecomando e l'umano può decidere quando e per quanto tempo inviarla al cane.
Detto quindi, che attualmente non esiste alcun esplicito divieto normativo di vendita e commercializzazione di questo genere di collari, tuttavia sempre più spesso i giudici italiani, esprimendosi in merito a situazioni in cui tali pratiche erano state utilizzate, hanno stabilito che può essere un reato.
Non essendoci però una norma generale, dovrà essere valutata ogni singola situazione per verificare se ai cani siano state inflitte sofferenze gravi e incompatibili con la loro natura e se fossero possibili altre soluzioni più rispettose degli animali come esseri senzienti.