Il problema è grave e diventa gravissimo durante l’inverno, quando molti senzatetto con i loro cani sono costretti a rimanere a dormire al gelo perché non accettati dalle strutture di accoglienza insieme ai loro animali. Ed è proprio a seguito di questa emergenza che Oipa Italia, Organizzazione internazionale protezione animali, ha lanciato il suo appello: «Bisogna aprire le strutture di accoglienza ai clochard e ai loro animali. Sono ancora troppo poche sul territorio nazionale quelle che lo fanno – spiega il presidente dell’organizzazione Massimo Comparotto – I gestori di molti centri d’accoglienza e mense impediscono infatti ai clochard di entrare se si presentano con il loro unico compagno di vita. E così, queste povere persone, preferiscono dormire al freddo o non andare in mensa pur di non lasciare il proprio cane fuori da solo».
Con quale motivazione i gestori dei centri d’accoglienza lo impediscono?
«Non lo sappiamo, sono motivi che ignoriamo. Probabilmente per semplificare la gestione o per disinteresse. Di recente la Caritas di Roma, dove il problema è molto sentito, ha risposto al tema che abbiamo posto affermando: “L’appello lanciato dall’Oipa è lodevole. Tuttavia, non spetta ai centri di accoglienza autorizzare le persone senza dimora a introdurre negli spazi comuni gli animali da compagnia. Deve essere, infatti, il Comune di Roma, previa autorizzazione delle Asl competenti, a concedere questa possibilità”. Ci domandiamo: perché allora non le chiedono? Siamo certi che queste autorizzazioni arriverebbero, se si prevedessero negli stabili degli adeguati spazi per i cani dei clochard».
Com’è possibile che un centro di accoglienza preferisca far stare fuori al freddo un essere umano piuttosto che far entrare anche il cane?
«Questo lo deve chiedere ai singoli enti di gestione, laici e religiosi. Condizionare l’offerta di un letto e di una coperta sotto un tetto, o di un pasto caldo, all’abbandono del proprio cane fuori la struttura significa mettere a repentaglio la vita del cane. E dire che l’abbandono di un animale è condannato dal codice penale».
Lei dice che una soluzione potrebbe essere creare delle strutture anche con dei semplici box per la notte, per mettere in sicurezza gli animali accanto ai dormitori o alle mense. Ma i fondi per farlo dove si potrebbero trovare?
«Nei bilanci degli Enti, che godono anche di sussidi e convenzioni. Inoltre, approntare dei box all’interno dei dormitori e delle mense non sarebbe una grande spesa. Gli enti caritatevoli potrebbero anche offrire pasti gratuiti ai compagni dei clochard, magari in sinergia con le aziende produttrici di cibo per animali, come fa per esempio l’Oipa a Milano, che in talune circostanze distribuisce pasti ai cani dei senzatetto, oltre che assistenza veterinaria e comportamentale».
Ci sono altre opzioni secondo lei?
«L’alternativa alla mancata accoglienza dei clochard con i cani è condannarli a dormire in strada e a elemosinare per un pasto. Solo non discriminando i clochard con cane da quelli senza cane le organizzazioni caritatevoli potranno davvero definirsi tali. Il nostro è un appello accorato che speriamo venga accolto da quante più strutture possibili. Ci impegniamo a dare notizia delle strutture che l’avranno fatto».
Ci dice se ci sono e dove sono le strutture che ospitano i “clochard a sei zampe”?
«Sono molto poche e sparse per l’Italia. Ve ne sono a Bologna, Torino, Firenze. A Milano, il centro di accoglienza comunale per senza dimora con cani di via Ripamonti è chiuso. Nella capitale, dove vive la gran parte dei senzatetto, non abbiamo notizia di strutture che accolgano gli animali. Istituzioni caritatevoli e associazioni, laiche e religiose, che decideranno di offrire assistenza ai senzatetto con il loro cane potranno segnalare la loro disponibilità a info@oipa.org. Ne daremo sicuramente notizia».