Un altro piccolo passo in avanti è stato fatto, a quattro anni dall’inizio del BioRescue, uno dei progetti di conservazione animale più ambiziosi mai concepiti per tenere in vita la sottospecie di rinoceronti bianchi del nord, considerata ormai formalmente estinta dopo la morte di Sudan, ultimo maschio potenzialmente riproduttore. È di questi giorni infatti la notizia di altri cinque embrioni di rinoceronte bianco settentrionale che sono stati prodotti in laboratorio grazie all’inseminazione artificiale mentre, contemporaneamente, sono state individuate due femmine selvatiche di rinoceronte bianco meridionale come potenziali madri surrogate.
Come annunciato dal parco nazionale kenyota Ol Pejeta Conservancy, dove vivono le ultime due femmine sopravvissute, Fatu e Naijin, «a quattro anni dall'inizio di questo ambizioso progetto per salvare il rinoceronte bianco settentrionale, il team di BioRescue ha compiuto un altro emozionante passo avanti per riportare questi incredibili animali dall'orlo dell’estinzione». Sono gli stessi responsabili del Parco kenyota, Ol Pejeta Conservancy, il più grande santuario di rinoceronti neri dell'Africa orientale e l'unico ad ospitare gli ultimi due rinoceronti bianchi settentrionali del pianeta, a spiegare che «negli ultimi quattro anni, utilizzando tecnologie avanzate di riproduzione assistita, sono stati creati e crioconservati 29 embrioni di rinoceronte bianco settentrionale, pronti per un futuro trasferimento a una madre surrogata. Più recentemente, nel maggio 2023, sono stati raccolti 18 ovuli dalla femmina Fatu. Il risultato è stato la creazione di cinque nuovi embrioni, il numero più alto di embrioni da qualsiasi raccolta fino ad oggi».
Avantea: un'operazione mai tentata prima
La conferma arriva anche da Cesare Galli, direttore di Avantea, il laboratorio di tecnologie avanzate per la ricerca biotecnologica e la riproduzione animale con sede a Cremona coinvolto nel progetto proprio per la sua larga esperienza nella riproduzione assistita del bestiame. «A fine agosto torneremo in Kenya per sottoporre Fatu al prelievo di nuovi ovociti con l’obiettivo di creare nuovi embrioni e tentare al più presto una gravidanza nelle due femmine individuate come possibili surrogate» ci spiega durante una pausa nel corso della mattinata di lavoro domenicale al laboratorio di Cremona. «Lavorare con i rinoceronti, animali iconici e affascinanti, è davvero molto difficile. Vanno monitorati giorno e notte e lo scorso anno si riuscì ad ingravidare una delle femmine messe a disposizione dal parco. Ma a gravidanza non andò a buon fine, forse a causa della siccità e dei problemi ad essa legati che si ripercuotono sulla vita degli animali. Per questo è fondamentale riuscire ad ottenere da Fatu il numero di ovociti più alto possibile e per questo tenteremo di ingravidarla soltanto quando saremo riusciti a farlo almeno con un’altra femmina di rinoceronte del sud. È una tecnica assolutamente nuova e mai provata prima ed ancora più a rischio da quando Fatu è rimasta l’ultima femmina di rinoceronte del nord a poter produrre ovuli e a poter essere ingravidata».
Galli infatti fa riferimento all’esclusione di Naijin, la madre di Fatu, dal programma di riproduzione artificiale. Ad ottobre 2021 si era arrivati a questa decisione dopo la valutazione che tutti gli ovuli precedentemente prelevati da lei non avevano prodotto embrioni vitali. «Esattamente come succede per le donne – spiega Galli – man mano che gli anni passano la produzione di ovuli tende a diminuire. Continuare con i prelievi era inutile». Naijin quindi da allora è tornata alla sua serena vecchiaia, che continua a trascorrere in sicurezza grazie ai sistemi all’avanguardia che caratterizzano Ol Pejeta inclusi un'unità K-9 specializzata, telecamere con sensori di movimento lungo il suo recinto elettrico a energia solare e un'unità di protezione Rhino dedicata. Fatu, invece più giovane e ancora fertile, ha preso sulle sue spalle il peso delle aspettative di tutti coloro che hanno a cuore la conservazione del rinoceronte bianco settentrionale.