Era il 26 agosto scorso quando, dopo quasi un mese di mobilitazione di animalisti e associazioni, i nove cinghiali (2 femmine adulte e 7 piccoli) rinchiusi in un parco urbano di La Spezia e destinati ad essere macellati, grazie alla mediazione della Lav venivano catturati e traslocati in un recinto individuato dalla Regione Liguria in provincia di La Spezia.
Purtroppo, poche settimane dopo il salvataggio, è avvenuta la scomparsa delle due femmine adulte, prontamente denunciata presso le autorità competenti che però, a oggi, non sono riuscite a fare chiarezza sul destino degli animali. «Nonostante tutto quello che abbiamo fatto per verificare che non ci fossero state effrazioni nelle reti e nei pali, nonostante le fototrappole e gli apparati video è evidente che 26mila metri quadrati non si possono tenere sott'occhio e finora non abbiamo avuto riscontri», spiega a Kodami Massimo Vitturi, responsabile nazionale Lav area Animali Selvatici. Purtroppo per il piano di abbattimento per Psa in Liguria sono previsti 35mila abbattimenti e risulta dunque difficile immaginare che la magistratura si occuperà di due cinghiali spariti, anche perché non sono di proprietà di privati ma dello Stato, come tutta la fauna selvatica.
A fronte dell’evidente mancanza di sicurezza del recinto, a novembre era stata individuata la disponibilità all’accoglienza di tutti i cinghiali in un rifugio in Toscana. La Regione Liguria aveva dato il suo nulla osta alla traslocazione che però è stata impedita dall’Asl competente toscana con il pretesto del rischio di diffusione della Peste Suina Africana: «Ho cercato più volte di interloquire con Regione Toscana – dice Vitturi -spiegando che se fossero stati positivi alla peste suina a quest'ora sarebbero già tutti morti, ma non c'è stato verso». Così a fronte del muro di Regione Toscana, la Lav ha subito contattato il Ministro della Salute chiedendo un suo intervento per sbloccare la situazione, che è in tutta evidenza fortemente insicura per gli animali.
«Avevamo comunque promesso che ci saremmo presi cura di loro – continua il veterinario – e quindi, oltre alla ricerca di una nuova destinazione, sono cominciate le operazioni di sterilizzazione dei cinghiali, allo scopo di evitare riproduzioni indesiderate, che nel breve volgere di qualche mese e a causa dell’alta prolificità della specie, avrebbero reso il recinto che li ospita ancora più inadeguato. Le sterilizzazioni saranno fatte nel più breve tempo possibile ma a step per rispettare il benessere degli animali e per incidere il meno possibile il livello di stress indotto dalla sterilizzazione, il che comprende anche non fargli interagire con persone sconosciute. Al momento ne abbiamo fatto due su sei».
L’operazione, cominciata nelle prime ore del mattino di mercoledì, ha visto il coinvolgimento di una ventina di persone fra professionisti e volontari, nonostante le pessime condizioni atmosferiche e la pioggia durata tutta la giornata. Il Centro Animali Non Convenzionali dell’Università di Torino è intervenuto con la sua clinica mobile e ben 5 veterinari, inoltre sono stati coinvolti 3 professionisti nell’uso del fucile per la telenarcosi oltre a una decina di volontari che hanno collaborato alle catture degli animali.
I primi due cinghiali sono stati sterilizzati tramite laparoscopia, limitando quindi al massimo qualsiasi rischio post-operatorio e sottoposti ad indagini cliniche che ne hanno confermato l’ottimo stato di salute. Le attività di sterilizzazione termineranno a breve, distribuite nel corso delle prossime settimane al fine di ridurre al minimo lo stress patito dagli animali.
La richiesta di trasferimento dei cinghiali sopravvissuti
Da quando ignoti sono entrati nel recinto Lav ha deciso di trasferirli, alla morte in condizioni misteriose dei due ungulati si aggiunge la preoccupazione derivata da chi ha scoperto il luogo e ha iniziato ad andare a trovarli alterando il loro equilibrio: «C'è una pletora di persone che gli porta cibo e cerca contatto andando così a modificare il loro comportamento selvatico, rendendoli confidenti con l'essere umano – spiega Massimo Vittori – in questo modo, anche se in buona fede, si manca di rispetto agli animali che vengono così condannati a morte».
Per questo ora la priorità della Lav si concentra sul trasferimento degli animali in una nuova sistemazione che ne garantisca la sicurezza fino a fine vita naturale. Purtroppo, però, le recenti disposizioni introdotte per il contenimento della Peste Suina Africana non aiutano la ricollocazione dei cinghiali, imponendone il divieto allo spostamento sul suolo nazionale con destinazioni diverse dal macello.
«La nostra intenzione è garantire cura e sicurezza fino a fine vita di questi animali. Si tratta di una situazione assurda per gli animali che stiamo accudendo, perfettamente sani, risultati tutti negativi alla Peste Suina Africana e che vivono in una situazione di isolamento garantito da un recinto alto quasi due metri in una provincia che non ha registrato alcun caso di positività, chiediamo perciò che il Ministro della Salute, Schillaci, autorizzi lo spostamento degli animali in un rifugio sicuro come già richiesto con la nostra lettera inviatagli lo scorso 2 dicembre», conclude la Lav.