Il "tema cinghiali" torna di stretta attualità a Genova tra nuovi avvistamenti in centro, operazioni di contenimento dei numeri anche tramite farmaci e il via alla stagione venatoria.
L’ultimo incontro urbano documentato risale al 15 settembre scorso quando alcuni esemplari sono stati notati in corso Europa, all’angolo con via Carrara, una strada ad alto scorrimento dove l’eventuale impatto con i cinghiali può portare a conseguenze potenzialmente gravi sia per chi transita sulla strada sia per gli animali. Nel capoluogo ligure, infatti, non sono pochi gli incidenti che hanno coinvolto esemplari scesi dalle colline. Qualche giorno fa, nella zona di Bavari, una donna è caduta dallo scooter dopo aver urtato un cinghiale, mentre a fine agosto un motociclista ha riportato diverse fratture dopo un investimento sull’autostrada A12. Tanti gli incontri e gli incidenti anche più lievi che hanno però comportato il ferimento di umani e animali, mentre tre donne sono dovute ricorrere alle cure dell’ospedale dopo essere state morse da cinghiali in tre diverse zone della città. Noto, infine, l’episodio della famiglia di ungulati intenti a mangiare la sella di uno scooter a Camaldoli.
In questo scenario complesso si è aperta la stagione venatoria autunnale che ha preso nuovamente il via il 17 settembre dopo la pausa estiva, come previsto dal calendario presentato in primavera. Una nuova parentesi di caccia nei boschi liguri tra richieste di contenimento dei numeri, timore di espansione della peste suina e polemiche per le metodologie di caccia consentite anche grazie alle nuove norme varate dal consiglio regionale ligure. Proprio nei giorni del nuovo via alla caccia è intervenuta pubblicamente la sezione ligure del WWF: «Sono numerosi anche quest’anno i problemi di mancata tutela faunistica, anche correlati all’impatto sulla fauna degli abbattimenti effettuati a scopo ludico. Nel 2022, secondo dati ufficiali, i cacciatori liguri erano scesi ad un totale di 12.019 unità, così ripartiti per provincia di residenza: 4.182 a Genova, 3.046 a Savona, 2.692 ad Imperia, 2.096 a La Spezia. Al crollo degli appassionati, non rimpiazzato dalle giovani generazioni, non corrispondono miglioramenti dal punto di vista gestionale del nostro patrimonio faunistico, anche con riguardo al passaggio di competenze e personale dalle Province alla Regione, a seguito della squinternata riforma “Delrio” del 2014. Da anni è carente la manutenzione delle tabellazioni perimetrali delle zone di divieto venatorio (parchi regionali, oasi di protezione, zone di ripopolamento); il personale di vigilanza prima in capo alle polizie provinciali, ora soppiantato dal servizio di vigilanza regionale, si è ridotto ad un terzo rispetto a 15 anni fa, oltre ad essere destinato dalla politica prevalentemente al controllo del cinghiale, anziché al contrasto del bracconaggio, ancora intenso, soprattutto verso ungulati come il capriolo».
«Le varie specie di turdidi e la beccaccia sopportano in Liguria la pressione venatoria più alta, rispetto ad altre specie – concludono dal WWF ligure – quest’anno è entrato in vigore anche il Regolamento europeo 2021/57 che, per la prevenzione del saturnismo indotto negli uccelli acquatici dal piombo rilasciato nell’ambiente, vieta l’impiego di cartucce a pallini di piombo in stagni, laghi, acquitrini ed altre zone umide. La Liguria è interessata da questi divieti soprattutto nei comuni di Luni e Sarzana, ove i contravventori rischiano la denuncia per violazione dell’art. 674 del codice penale sul “getto pericoloso di cose”».
Per contrasto a chi invoca un contenimento dei numeri a suon di colpi di fucile (o di frecce scoccate) c’è l’ipotesi di uno studio che consenta una drastica riduzione delle nascite senza l’uso delle armi, soprattutto in ottica di contenimento dei casi di peste suina africana. L’epidemia in Liguria, epicentro insieme con il Piemonte, ha fatto registrare sino a oggi 429 casi, con gli ultimi due individuati nei giorni scorsi proprio in provincia di Genova, due a Fontanigorda e uno a Propata. Vincenzo Caputo, commissario straordinario per la peste suina africana, ha annunciato nel corso di un intervento a Bra la nascita di un progetto per la sterilizzazione farmacologica dei cinghiali utilizzando ormoni che funzionano esattamente come con la pillola anticoncezionale. Una soluzione che va incontro alle molte richieste degli animalisti che più volte avevano invitato a trovare soluzioni non violente per il contenimento della popolazione di ungulati in liguria ipotizzando proprio una ipotetica campagna di sterilizzazione. La soluzione proposta da Caputo comporterebbe l’utilizzo di ormoni “specie-specifici”, ovvero del tutto innocui se ingeriti per errore da un aereo animale.
Una risposta non violenta che va in netto contrasto con quella messa in campo dal ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida che nei giorni scorsi era arrivato a ipotizzare anche l’utilizzo dell’Esercito per contrastare la diffusione della peste suina con gli abbattimenti.