Un cinghiale della famiglia di ungulati che da due anni vive nel fiume Sturla a Genova è sceso in spiaggia, ha aperto lo zaino di un bagnante e ha preso una merenda.
Il copione è ormai noto: i cinghiali si sono avvicinati alla città spinti dall'assenza dell'uomo nell'entroterra che ha abbandonato le colline e ha smesso di coltivarle e dunque di curarle. Gli animali hanno raggiunto i greti dei torrenti con incursioni in aree urbane sempre più frequenti.
Questi animali hanno sviluppato capacità di adattamento enormi e, nel corso degli anni, gli avvistamenti sono diventati all'ordine del giorno e sempre meno "inusuali" a Genova: da Ugo mascotte del Parco del Peralto che partecipava ai barbecue degli escursionisti, alla famigliola che attraversava sulle strisce pedonali in via XX Settembre durante i saldi, alla mamma con i cuccioli entrati nel giardino di un asilo nido, fino a questi ungulati "spiaggianti" che aspettano la bella stagione per approfittare anche delle borse frigo sotto gli ombrelloni.
L'altra faccia della medaglia è, però, rappresentato dal pericolo, inevitabile, che questi animali rappresentano per gli utenti delle strade urbane e per i cittadini dei vari quartieri ormai frequentati, dalle alture al centro di Genova, anche dai cinghiali. La diffusione della peste suina ha aggravato lo scenario dividendo in due l'opinione pubblica, spaccata tra chi crede che rappresentino un'emergenza mal gestita dall'amministrazione comunale e dalla Regione e chi pensa che una convivenza sia possibile e propone progetti e idee per trovare una quadra alla situazione.
Non a caso il video che pubblichiamo è tratto da una pagina Facebook che si chiama "Segnalazioni al sindaco di Genova" e nella didascalia si legge: "Forse è l'ora di intervenire sui cinghiali caro sindaco", poi nei commenti i soliti discorsi da bar virtuale: "Sono un pericolo", "Che simpatico", "Buono con le patate", "Assassini, giù le mani dai cinghiali" così via.
Perché in Liguria la popolazione di cinghiali continua a crescere
L'unica risposta al contenimento della popolazione di ungulati in Liguria (e non solo) è sempre stata la caccia. Lo dimostrano le ultime dichiarazioni del sottosegretario alla Salute Andrea Costa illustrando le nuove misure previste per eradicare la peste suina: «Abbiamo dato indicazioni a tutte le Regioni di predisporre dei piani per una sensibile riduzione dei cinghiali fino al 50% in alcune Regioni, vi è la proposta di un decreto che mi auguro venga approvato in tempi stretti per allungare il periodo venatorio in Italia da 3 a 5 mesi».
La misura è stata accolta favorevolmente nei palazzi della politica in Liguria dove si è storicamente ricorso ai cacciatori per risolvere (in realtà come vedremo peggiorando) il problema dei cinghiali: «Non ho paura a dire che i cacciatori sono i nostri alleati – ha sottolineato Costa – L'eccessiva presenza di cinghiali sul nostro territorio nazionale è un'emergenza, purtroppo la contrapposizione ideologica di questi anni tra ambientalisti-animalisti da una parte e cacciatori dall'altra ha prodotto un disequilibrio ambientale che oggi dev'essere ripristinato attraverso l'intervento dell'uomo».
In realtà, la contrapposizione citata dal sottosegretario Costa non è tra animalisti e cacciatori, non solo almeno, ma tra studiosi e cacciatori e qualcuno dovrebbe ascoltare la prima categoria: «Ecco come dovrebbe risultare numericamente una normale famiglia di cinghiali – spiega il naturalista Ugo De Cresi – Una femmina matriarcale che è l'unica a riprodursi e che dà alla luce (una volta l'anno) circa 10 cinghialetti».
«Ma se la femmina matriarcale viene abbattuta tutte le femmine del nucleo, non ricevendo la procedura feromonale inibitoria della dominante, andranno in estro (due volte l'anno) e producendo la proliferazione che conosciamo. Decine e decine di esemplari che hanno necessità di risorse e che quindi andranno a nutrirsi nei campi causando una sollecitazione dei coltivatori ad abbatterne altri, tra cui la "nuova" matriarcale».
E gira la ruota. «Da tempo – continua De Cresi – abbiamo studiato le zone dove i nuclei familiari non subiscono l'abbattimento della matriarcale ed i nuclei dove il numero degli esemplari aumenta di decine e decine di unità. Da tempo abbiamo invitato le autorità sanitarie veterinarie ad impedire l'abbattimento della matriarcale durante l'attività venatoria. È facile da riconoscere ed il problema dei cinghiali sarebbe risolto in una stagione».
Il perchè si voglia nascondere questo dato scientifico è da ricercare negli accordi tra Regioni e cacciatori. Il pensiero animalista è solo uno specchietto per le allodole per fare passare il no all'abbattimento dei cinghiali come una decisione ideologica? Ma siamo ben oltre l'ideologia in questa emergenza cinghiali. «I problemi legati alla presenza dei cinghiali spesso vengono associati alla loro abbondanza: nella nostra regione non esiste invece correlazione diretta tra danni e conflitti e numerosità della specie, perlomeno per quello che riguarda le riduzioni di densità che potrebbero essere prodotte con azioni di controllo diretto e tantomeno con l'attività venatoria che in questi ultimi trent'anni si è dimostrata completamente inefficace per produrre sensibili riduzioni di densità. Il cinghiale è una specie molto prolifica che reagisce alla minima riduzione di densità con un esplosivo successo riproduttivo che restaura in maniera veloce le condizioni preesistenti al prelievo». In sintesi: la caccia è completamente inefficace nel ridurre il numero dei cinghiali. Parola di animalista? No, di Regione Liguria: documenti propedeutici al Piano Faunistico Venatorio, pagina 38.
Educazione urbana e relazione con gli ungulati
Mentre il destino di migliaia di animali, sia per il sovrappopolamento, sia per la peste suina, è nelle mani della politica, la relazione con i cinghiali in città resta, in ultima analisi, una questione di educazione. Le stesse persone che oggi chiedono a gran voce una soluzione al sindaco Marco Bucci per la gestione degli ungulati in spiaggia e in città, sono le stesse che fino ad un anno fa dai muretti del Bisagno o dello Sturla, foraggiavano cinghiali e cinghialetti buttandogli sacchetti di pane secco, frutta, e perchè no, gli avanzi della pasta o della grigliata al mare. Gli animali semi selvatici ma persino il re dei dei selvatici come il lupo, "sono dei grandissimi opportunisti"; è una definizione del fotografo naturalista Paolo Rossi: più addomestichiamo i selvatici, più contribuiamo a far girare quella ruota. Senza fine.