Un giovane individuo di cigno reale è stato soccorso nei giorni scorsi sul ponte della Scafa, tra Ostia e Fiumicino, una zona di particolare interesse dal punto di vista faunistico per la vicinanza con la Riserva Naturale Statale del Litorale Romano e la foce del Tevere.
L’uccello, un individuo che presentava ancora le piume screziate del marrone dei giovani, è stato notato sanguinante a bordo strada e subito segnalato e recuperato grazie all’intervento del Gruppo Operativo Faunistico e delle Guardie Ambientali d’Italia Roma Mare. Poi è stato trasferito al Cras che la Lipu gestisce a Roma, dove resterà sino a quando non sarà abbastanza in forze da poter essere nuovamente liberato in natura. Non è chiaro cosa gli sia successo, ma tra l’ipotesi c’è l’impatto con un’auto – anche se non ha fortunatamente riportato fratture gravi – o l’incontro con un predatore.
Il cigno reale ha un’apertura alare che può superare i due metri, e raggiungere una stazza di 150 cm per 12 chili nei maschi adulti. Caratterizzato dal piumaggio candido e delle movenze aggraziate, è considerato uno tra gli animali più maestosi e affascinanti da osservare. Rigorosamente, da lontano, perché – come per tutta la fauna selvatica – cercare di interagire con i cigni reali, o peggio ancora dargli da mangiare, è quanto di più sbagliato si possa fare se si ha a cuore la loro incolumità.
Non soltanto perché il pane che spesso gli si offre ha uno scarso valore nutritivo, ma anche perché l’interazione con l’essere umano può portare a un’abitudine, e alla perdita dei necessari timori verso la specie umana e verso gli ambienti antropizzati. Con conseguenze spesso fatali, come dimostrano le numerose storie di animali diventati mascotte o simboli e poi morti, per mano (direttamente o indirettamente) dell’uomo.
Il cigno reale non è comunque raro lungo il litorale romano. Come spiega la Lipu, da anni la specie si riproduce in zona, e non è assolutamente strano imbattersi in un individuo mentre si è spiaggia: «Fermarsi ad ammirarlo è inevitabile, ma è importante non dargli cibo, soprattutto se di scarso valore nutritivo come il pane – ribadisce l’associazione – si tratta di un animale selvatico e, come tale, deve essere in grado di provvedere a se stesso senza dipendere dall’aiuto dell’uomo per godere della sua libertà. Rimessosi dalla ferita riportata, il nostro cigno è già in voliera di riabilitazione: a breve spiegherà le sue grandi ali per tornare al cielo, e al mare, che ama».