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21 Agosto 2024
17:42

Cicogne bianche muoiono nel Parco del Cilento a causa dei tralicci: un’emergenza nazionale

C'è una strage silenziosa di cui non si parla in Italia e le vittime sono i migratori che ogni anno attraversano il Paese rischiando di morire sui cavi dell'alta tensione. L'ornitologo Rosario Balestrieri che da anni segue il fenomeno ci racconta l'ultimo episodio in cui alcune cicogne banche hanno perso la vita in Campania.

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Foto di Davide Zeghetto

È in corso in Italia una strage silenziosa di cui nessuno parla e che arriva distrattamente alle orecchie di pochi solo attraverso comunicazioni burocratiche e di disservizi all'apparenza banali. Si tratta della morte degli uccelli migratori uccisi dai tralicci dell'alta tensione in tutto il Paese. L'ultimo episodio, in ordine di tempo, è finito sulle pagine di cronaca solo come causa dell'interruzione della corrente nella città di Futani, dove alcune cicogne sono rimaste fulminate: «A causa di un impatto di cicogne con i tralicci dell’alta tensione in via Mons. Forte, si è verificato l’interruzione del servizio elettrico in tutta l’area limitrofa al punto di impatto. Gli operatori stanno già operando per risolvere il guasto».

Futani è un piccolo Comune di appena mille abitanti incastonato in una delle aree verdi più belle della Campania. È un agglomerato di casette bianche, protette da una parte dall'ombra del monte Scuro, e dall'altra delimitato dal Lambro, il fiume che nella sua corsa verso il mare arriva sino a Palinuro. Siamo nel cuore del Parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni, un'area protetta che per estensione è la seconda d'Italia e che per le sue caratteristiche ricopre un ruolo fondamentale per la migrazione degli uccelli.

Area protetta però non significa incontaminata, come per tutti gli altri Parchi italiani anche quello del Cilento è antropizzato e sulla sua superficie ci sono città e località turistiche molto frequentate nella stagione estiva, come Santa Maria di Castellabbate. Futani invece è più defilata, nell'estremo sud della regione, la zona più selvaggia del Parco. Nonostante ciò anche in questo luogo l'impronta dell'uomo si fa sentire in maniera molto pesante sul ciclo di vita dell'avifauna proprio nel momento più importante: la migrazione.

Per l'essere umano la migrazione è il più grande spettacolo che la Terra ha da offrire, mentre per gli animali che la compiono si tratta di un processo molto impegnativo che si è affinato in milioni di anni di evoluzione. Un viaggio collettivo da cui dipendono le speranze di sopravvivenza della specie ma che per la sua buona riuscita è affidato al singolo uccello.

Il viaggio di diverse cicogne bianche che stanno attraversato l'Italia passando per il Cilento, e per Futani, si è fermato sabato 17 agosto, quando si sono trovare la strada sbarrata dai fili dell'alta tensione, difficilmente visibili ai loro occhi. Qualcosa che non dovrebbe mai accadere, soprattutto in un'area protetta a livello nazionale, come denuncia a Kodami l'ornitologo della Stazione Zoologica Anton Dohrn Rosario Balestrieri che da anni monitora questa specie: «Ci troviamo in un periodo delicato per la migrazione degli uccelli, soprattutto per i transahariani, gli uccelli che si spostano verso il continente Africano, dove si trovano i quartieri di svernamento».

In queste settimane l'Italia è attraversata sia dai piccoli passeriforimi sia dai «grandi veleggiatori» come i nibbi bruni e le cicogne bianche. Queste in particolare ormai da molti anni frequentano il Vallo di Diano. L'anno scorso uno stormo di ben 150 cicogne sono state fotografate proprio qui durante una sosta del lungo viaggio verso il Sud del Sahara. «L'anno corso di questi tempi c'erano numeri record per la migrazione della cicogna bianca – ricorda l'esperto – e anche quest'anno notiamo un grande movimento. Pochi giorni fa erano state riprese una quarantina di cicogne nelle vicinanze di Centola non lontano da Futani, dove è avvenuto l'impatto».

Futani però è solo un tassello minuscolo all'interno di un mosaico molto più grande che riguarda l'Italia e l'Europa. Secondo un nuovo studio, oltre il 40% delle morti innaturali di uccelli migratori sono dovute all'elettrocuzione. Inoltre, i risultati dello studio evidenziano una frequenza maggiore di cause di mortalità indotte dall'uomo rispetto a quelle naturali. E la morte per l'impatto con i cavi dell'alta tensione ha un peso superiore al bracconaggio.

Tra gli eventi di mortalità indotta dall'uomo sono state identificate tre cause principali: elettrocuzione (40,5%), uccisione illegale (21,7%), e avvelenamento (16,3%). Inoltre, la mortalità correlata alle infrastrutture energetiche combinate come elettrocuzione, collisione di linee elettriche e collisione di parchi eolici, ha rappresentato il 49% di tutti gli eventi di mortalità indotti dall'uomo.

«La letteratura scientifica testimonia da tempo l'importanza dell'Italia come luogo di migrazione, e anche quanto impatta l'elettrocuzione sugli animali – sottolinea l'esperto – in un recente review scientifica viene dimostrato ancora una volta che il 40% delle morti innaturali dei migratori è dovuta proprio all'elettrocuzione. Nonostante sia un fenomeno ben noto si continua a non fare nulla, e la cosa più triste è quando episodi come quello di Futani avvengono nel pieno di un'area protetta ai danni di animali protetti che però non vengono tutelati in nessun modo».

Eppure, le soluzioni esistono: «Le linee elettriche potrebbero essere interrate, è il metodo migliore per minimizzare i rischi per gli uccelli, ma è anche molto oneroso in termini economici. L'alternativa è isolare e mettere in sicurezza i cavi, oppure installare spirali evidenti intorno al filo in modo che gli uccelli possano più facilmente vederli. È un'urgenza visto quanti uccelli migratori muoiono interrompendo la vita e la migrazione», conclude Balestrieri.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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