Se ne è andata la Regina del Teatro Massimo di Palermo. Il suo nome era Gilda, era un cane di quartiere e con il suo fare molto socievole aveva conquistato tutti, dai cittadini ai turisti. La cagnetta ha passato quasi tutta la sua vita tra le vie del centro storico del capoluogo siciliano e ormai conosceva ogni passante o commerciante, ammiccando soprattutto a quelli che le offrivano del cibo o qualche coccola.
Gilda, il cane di quartiere amato da tutti
«Quando mi dicono "poverina" mi arrabbio» dice Giorgia Matesi, educatrice cinofila che si occupa del monitoraggio dei cani randagi e di quartiere in diverse zone della città. «Gilda ha avuto la possibilità di vivere libera per tutta la vita come cane di quartiere, amata da tanti palermitani e non. E' stata sempre libera di scegliere dove stare, dove dormire, cosa mangiare, con chi relazionarsi. Sempre discreta, mai invadente con nessuno. Prima viveva in un territorio molto più ampio, sempre in centro città, poi col tempo si è attaccata moltissimo a Ciccia, un’altro cane storico di Palermo che viveva in piazza Verdi. E quindi si è praticamente “trasferita”. E qui aveva tutte le sue relazioni e le storie da raccontare sarebbero davvero tante».
La malattia, la possibile eutanasia, l'amore di Giovanna
Quattro mesi fa Gilda si è sentita male per strada: «Aveva un tumore già da qualche anno, ma veniva monitorata regolarmente dal veterinario. La visita questa volta però ha dato un esito molto negativo per la cagna, tanto da prospettare addirittura l’eutanasia. In quel momento, però, Maria Giovanna Di Carlo, che nel tempo si era molto attaccata a Gilda prendendosene cura, di farla morire proprio non se l’è sentita. E dopo aver convinto il marito se l'è presa in casa, accudendola davvero come una regina. L’ha supportata e accompagnata fino alla fine, quando la malattia era diventata troppo grave. Avrebbe voluto portarla a vedere ancora la sua piazza, ma non ce l’ha fatta. E Gilda, quando ha capito che il suo momento era arrivato, ha cercato con lo sguardo la sua amica umana e ha scelto di morire tra le sue braccia».
Non si può solo sterilizzare, bisogna creare una "relazione" cane-umano
Purtroppo il fenomeno del randagismo in Sicilia è molto sviluppato: «Ci sono tanti abbandoni perché non è stato fatto un lavoro di sensibilizzazione a monte, perché le associazioni animaliste si sono concentrate su aspetti importanti come la sterilizzazione ma non è l'unico da tenere in considerazione. Io credo, infatti, che sia fondamentale fare un lavoro sul territorio per creare le condizioni giuste affinché nasca una relazione tra cani e uomini. È necessario instaurare un dialogo con i residenti che vivono nelle stesso contesto in cui vivono i cani di quartiere. Spiegare che convivere serenamente è possibile, basta sapere come si fa».
Per una serena convivenza con i residenti bisogna informare
Per fare tutto questo è fondamentale la figura del referente di zona, ovvero una persona che conosce la storia dei cani di un determinato quartiere, le dinamiche sociali tra loro e con i residenti, la loro situazione clinica: «È un ruolo determinante, soprattutto per il mio lavoro: spesso vengo chiamata per delle consulenze, ma arrivare e sapere già tutto mi permette di parlare con i residenti, spiegare come fare affinché i rapporti di “vicinato” con i cani funzionino. È un lavoro faticoso sul piano sociale, ma che alla fine vede tutelato il cane, che non va in canile e può vivere libero, e anche l’essere umano. Perché non si ha idea, agendo così, di quante relazioni incredibili nascano anche con persone che mai nella vita hanno avuto rapporti con animali e che mai si sarebbero immaginate potesse accadere loro. Ci sarebbero infinite storie da raccontare e bisognerebbe farlo di più. Le persone devono essere informate. È l'unico modo possibile per cambiare le cose».