«Buonasera signore e signori, chi vi parla è il capitano. Sfortunatamente il nostro atterraggio non è possibile. Che ci crediate o no, l’aereo che è atterrato poco prima di noi ha riferito della presenza di una quantità assurda di granchi sulla pista».
Se solitamente sono vento, maltempo o gli uccelli a rendere più difficili le operazioni di partenza e arrivo, all’Aeroporto “Eurico de Aguiar Salles”, a Vitòria, in Brasile, i problemi sono ben diversi.
E così a pochi minuti dalla conclusione del volo in arrivo da Rio de Janeiro, il comandante del velivolo della compagnia GOL Airlines ha informato i passeggeri dell’impossibilità di toccare terra per via di un numero imprecisato di crostacei sulla pista.
C’è da dire che l’evento, ritenuto dai più piuttosto inusuale, non è così inconsueto però per il terminal di Capixaba Capital che si trova in un'area molto “frequentata” dai crostacei perché situata in una zona ricca di mangrovie, habitat molto amato da questi animaletti. Sta di fatto che la torre di controllo ha costretto l’aereo a rimanere in volo in modo che una squadra di soccorso dell'aeroporto potesse prelevare i piccoli crostacei.
Animale che peraltro, come confermato dall’analisi di un gruppo di zoologi, dovrebbe appartenere alla specie Cardisoma guanhumi, considerata rara e a rischio di estinzione, motivo più che valido per far ritardare il volo pur di salvaguardarla. Una specie che, sempre secondo gli studiosi, quando è presente, indica un'area ambientale di grande qualità.
Il fenomeno del “wildlife strike”, ovvero l'impatto violento dei velivoli con la fauna selvatica è ben conosciuto sia dai viaggiatori che dai piloti e in Italia ha raggiunto in Italia cifre preoccupanti. Secondo la più recente relazione dell’Enac, l’Ente Nazionale Civile sul fenomeno le collisioni si attesterebbero a circa 1617 solo nel 2021 di cui la maggior parte, il 93% ha riguardato gli uccelli, mentre il resto, il 7%, ha principalmente colpito i mammiferi.
Un numero esorbitante soprattutto pensando che, se le conseguenze per i velivoli possono essere più o meno rilevanti, per gli animali significa quasi sempre morte certa. Peraltro in modalità incredibilmente cruenti.
Dal 1987, l’istituto che ha il compito di monitorare l'attuazione della normativa in materia di “wildlife strike” è il Bsci, il Birdstrike Committee Italy. Il Comitato, dopo aver raccolto ed elaborato le statistiche nazionali sul numero degli impatti aerei con l'avifauna le invia all’Organizzazione internazionale dell'aviazione civile e, inoltre, organizza per il personale aeroportuale corsi di formazione e sensibilizzazione sulla necessità di minimizzare sempre di più i danni del wildlife strike.
Riuscire a diminuire il fenomeno, infatti, significa non vanificare tutto lo sforzo fatto dalla natura per riappropriarsi degli spazi a lei rubati ma lasciati di nuovo a sua disposizione durante gli anni di pandemia.
Ed evitare, di conseguenza, che la morte dell'avifauna porti all'espansione di quegli animali che, essendo per loro natura opportunisti, riescono a soppiantare la fauna autoctona destinata inevitabilmente a sparire nel breve tempo.