Oltre 412.000 follower su Instagram e il ruolo di Cupido nella nascita della storia d’amore più social degli ultimi anni: Matilda Ferragni (Ferragni-Pozzoli all’anagrafe canina) è la Bouledogue Francese di Chiara Ferragni, ed è indubbiamente uno dei cani più famosi del Web. Non stupisce dunque che le sue condizioni di salute facciano notizia, soprattutto perché Ferragni ha condiviso con i follower il delicato e difficile percorso di trattamento del tumore che la cagnolina ha affrontato.
Nei giorni scorsi l’influencer è tornata a parlare di Matilda nelle storie, rivelando di averla portata in clinica dopo un attacco di convulsioni che fortunatamente non ha avuto gravi conseguenze. Un episodio preoccupante alla luce della storia clinica del cane, cui nel giugno del 2020 era stato diagnosticato un tumore al cervello: «Purtroppo abbiamo scoperto che questo tipo di tumore è molto frequente in cani di questa razza», aveva detto Ferragni, che aveva poi deciso di rivolgersi a una clinica specializzata di Zurigo, in Svizzera, per sottoporre a radioterapia Matilda, che soffre che del morbo di Chron, ovvero di un’infiammazione cronica dell’intestino che richiede un’alimentazione apposita.
Bouledogue francesi e sindrome brachicefalica
Il trattamento per il tumore ha avuto successo, e la Bouledogue quest’anno ha compiuto 11 anni circondata dall’affetto della famiglia Ferragnez. La storia di Matilda, però, riaccende i riflettori sui frequenti problemi di salute cui vanno incontro i cani brachicefali, ovvero i cani caratterizzati da una particolare morfologia: teste tonde e musi schiacciati. In questa tipologia rientrano razze come il Carlino, il Bulldog, lo Shi Tzu e anche, appunto, il Bouledogue francese, quasi sempre scelte proprio per le caratteristiche che le mettono a rischio. I problemi principali possono essere sintetizzati dalla definizione “sindrome brachicefalica” o BOAS (Brachycephalic Airway Obstruction Syndrome, o sindrome ostruttiva delle vie aeree superiori), che dipende interamente dalla struttura ossea: narici strette, palato molle allungato e ispessito, collasso laringeo e schiacciamento della trachea, che si traducono in difficoltà a respirare e a disperdere il calore, affaticamento, obesità, problemi dentali e anche, in alcuni casi, tumori al cervello come capitato a Matilda. Di questa sindrome soffrono praticamente tutti i cani brachicefali di piccola taglia, che tecnicamente sono da considerare tutti “potenzialmente malati”. Chi li sceglie e li acquista però spesso non tiene conto di queste problematiche, ma considera buffi e teneri, in alcuni casi divertenti, l’affanno, il russare e gli altri rumori che il cane emette a causa della difficoltà a respirare.
L'appello dei veterinari: stop all'allevamento indiscriminato
Le caratteristiche dei cani brachicefali, che ricordano i cuccioli anche da adulti, vanno infatti a stimolare quell’istinto di protezione e tenerezza che spinge sempre più persone a prediligere queste razze, senza avere reale consapevolezza dei gravi problemi di salute che devono affrontare. Lo dimostra il fatto che negli ultimi anni la richiesta sia aumentata in modo esponenziale: nel Regno Unito, per esempio, il numero di Bouledogue Francesi è aumentato del 17.000% in 20 anni, e la più grande associazione inglese, la RSPCA, riporta che negli ultimi 6 anni si è registrato un aumento di quasi il 1.600% di Bouledogue Francesi abbandonati per le problematiche cliniche e le conseguenti spese da sostenere. Tanto che i veterinari inglesi hanno lanciato una campagna, #BreedToBreathe ("Alleva per respirare”), per sensibilizzare non solo chi acquista ma anche chi alleva, vende e cura questi cani.
La richiesta è quella di mettere un freno all’allevamento indiscriminato di razze portatrici di patologie in alcuni casi molto gravi, che mettono a grave rischio se non la vita quantomeno la qualità della vita. E di informare debitamente le persone che manifestano l’intenzione di acquistarne uno, fornendo tutte le informazioni necessarie per avere piena coscienza del fatto che un cane non è un feticcio buffo e tenero, ma un compagno di vita che soffre in partenza delle modiche apportate dall’uomo alla razza. Un compito di cui potrebbero forse farsi carico anche gli influencer, sfruttando il folto seguito per trasmettere un messaggio sempre più urgente.