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10 Novembre 2021
13:17

Chi sono i cani di quartiere? Così libertà e convivenza sono ancora possibili in Italia

Tanti sono gli interrogativi che dovremmo porci osservando le placide vite dei cani di quartiere nel sud Italia: testimoni di un mondo in veloce cambiamento in cui la convivenza è ancora possibile. Ma chi è il cane di quartiere? Dalla Legge quadro sul randagismo ai casi di Sicilia e Campania, ecco storie, testimonianze e normative per capire che nella parola "randagismo" ci sono tante tipologie di animali diversi.

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La normativa a livello nazionale in vigore nel nostro paese non contempla per i cani la possibilità di vivere liberi e girovagare sul territorio. Ed infatti la legge di riferimento in materia è la 281 del 1991 che, non a caso, prende il titolo di “Legge quadro in materia di animali d’affezione e prevenzione del randagismo”. Il fenomeno randagismo, dunque, è visto come qualcosa di negativo, che deve essere prevenuto o al limite eliminato quando, per qualche motivo, si viene a manifestare. E tuttavia, nel bene o nel male, ciò non è sempre così e le storie di tanti cani che qui su Kodami vi abbiamo spesso raccontato sono lì a testimoniare che un altro modo di vedere le cose non solo è possibile ma esiste e alle volte può essere bello e perfino emozionante.

Sono le storie di cani di quartiere, quella ad esempio di Nerone, il cane "sindaco" di Castellammare di Stabia, o quella di Bud e Spencer, che purtroppo sono poi finiti in canile, o dell’iniziativa del deputato D’Ambrosio di posizionare delle casette distributrici di cibo ed acqua per i randagi del Comune di Andria, giusto per citarne alcune.

La testimonianza di chi il fenomeno lo osserva e prova a studiarlo

Abbiamo chiesto a Lorenzo Niccolini, fondatore dell’associazione Stray Dogs International Project, che si occupa da diversi anni di monitorare e studiare il fenomeno dei cani liberi, qual è la sua esperienza coi cani di quartiere. «Visti i diversi progetti che portiamo avanti, specialmente nelle regioni del centro-sud Italia posso dire di aver avuto a che fare numerose volte con cani di quartiere. Mi è capitato di incontrarli sdraiati all’entrata dei supermercati, all’ingresso, o addirittura dentro alle chiese, in pianta stabile sotto ai tavoli di bar e locali che vendono street food. Li ho trovati spesso sulla soglia delle più disparate attività commerciali: dai meccanici ai negozi di abbigliamento, fino ai più scontati macellai. A volte passano il loro tempo sonnecchiando in piazza, altre volte gironzolando nella più tranquilla area verde cittadina. Li ho visti rinfrescarsi a mollo nella fontana del paese e ripararsi all’interno di un centro commerciale. Quello che li accomuna è la loro grande capacità di strappare ai passanti una carezza ottenendo talvolta pure qualcosa da mangiare. In tutta sincerità non ho mai visto da parte dei cani di quartiere comportamenti aggressivi o che possano destare in qualche modo preoccupazione».

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Cosa dice la legge italiana?

Ma come è possibile ciò? Cerchiamo di andare con ordine e inquadrare meglio il fenomeno. La caratteristica principale della Legge 281 è che essa si caratterizza come una legge quadro che detta delle linee guida generali e che pertanto nei particolari. La legge quadro prescrive esplicitamente, infatti, che siano le singole Regioni a normare in materia di tutela degli animali con proprie leggi autonome. E così successivamente al 1991, suo anno di promulgazione, ogni Regione ha provveduto ad emanare una propria legge sul benessere animale specifica per il proprio territorio e per le sue caratteristiche. Accade dunque che mentre nel nord Italia, dove il fenomeno dei cani liberi sul territorio è praticamente assente, la legge non preveda alcuna alternativa al canile per quelli trovati vaganti, le cose sono invece un po’ diverse nelle regioni del Centro e del Sud. Essendo infatti ancora ampiamente presenti molti cani liberi si sono pensate delle possibilità, alternative al canile, per far fronte a diverse esigenze. E queste prevedono che, date determinate condizioni e nel rispetto di alcuni requisiti di base, sia possibile la reimmissione di cani sul territorio.

Chi sono i cani di quartiere. Gli esempi di Sicilia e Campania per capire le ragioni del fenomeno

Per comprenderne le ragioni possiamo prendere ad esempio le leggi promulgate in due Regioni, la Sicilia e la Campania. Nella prima ciò che è messo in risalto è l’importante situazione di sovraffollamento dei canili i quali non sempre sono in grado di far fronte a nuovi ingressi e così la Legge Regionale 15 del 2000 specifica che “ove le strutture non dovessero offrire recettività sufficiente, il sindaco d’intesa con l’area di sanità pubblica veterinaria … e sentito il parere delle associazioni … può disporre che i cani vengano rimessi in libertà, previa sterilizzazione, identificazione ed iscrizione all’anagrafe, come cani sprovvisti di proprietario”. In questo caso dunque la legge mostra che la politica di reimmissione sul territorio può essere dovuta a situazioni di emergenza che molto ci dicono non solo della massiccia presenza di cani sul territorio, ma anche del problema di sovraffollamento dei canili e, di riflesso, delle pessime condizioni di vita a cui i cani sono spesso sottoposti in queste strutture.

Ben diverso invece quanto prescritto dalla legge campana. Qui è espresso un principio importante: possiamo infatti leggere nella Legge 3 del 2019 che, secondo questa Regione “al cane si riconosce il diritto di essere animale libero, se si accerta la non sussistenza di condizioni di pericolosità per uomini animali e cose. I Comuni provvedono a disciplinare le condizioni per il riconoscimento di cani liberi accuditi … Il cane libero accudito, dopo la sua sterilizzazione e il relativo censimento, è reintrodotto nella zona esatta da dove è stato prelevato”.

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Come si diventa cane di quartiere

Nelle regioni che consentono questa possibilità, dunque, l'iter per essere riconosciuto come cane di quartiere, ovvero cane libero e accudito, non è dunque particolarmente complesso. Ciò che è necessario è che vi sia un'associazione o qualche cittadino che ne facciano richiesta all'amministrazione la quale, dopo aver accertato che sussistano i requisiti, provvederà a censire il cane, sterilizzarlo e legittimare la sua presenza su quel territorio. Questi cani, dunque, non sono mai abbandonati a sé stessi, ma sempre vi sarà qualcuno che ne monitorerà la presenza, lo stato di salute e che le sue condizioni di benessere siano rispettate.

Come riconoscere un cane di quartiere e come comportarsi

Anche riconoscerli, quando capita di incontrarli per strada, non è particolarmente difficile. Come infatti ci ricorda Niccolini di Stray Dogs sono individui che vivono in perfetta armonia col proprio territorio. Se dunque vediamo un cane calmo, rilassato e che non mostra segni di inquietudine potremo facilmente desumere che si trova in agio nel suo territorio. Essendo in ogni caso animali censiti in caso di dubbi è sempre meglio, prima di lanciare un allarme, informarsi dai cittadini residenti in zona o presso le associazioni che operano sul territorio. Sono infatti questi preposti al loro monitoraggio e possono sempre sapere se il cane che abbiamo incontrato è un soggetto già noto e se quelli sono i luoghi abitudinari dei suoi spostamenti, monitorando così i nuovi arrivi o intervenendo in caso di situazioni fuori dall'ordinario.

Un fenomeno del tutto assente nel "civile" nord Italia

Campania e Sicilia non sono le uniche a contemplare tale tipo di gestione dei cani, ma possiamo dire con certezza che nulla del genere è previsto nelle Regioni dalla Toscana in su. Nel cosiddetto “civile” nord Italia, quello rispettoso delle leggi e dove il randagismo è ormai da molti anni un “problema risolto e debellato”, non soltanto l’idea che un cane possa essere libero di circolare sul territorio non sarebbe in molti casi praticabile, ma non è neanche assolutamente concepibile. Un cane vagante è considerato come un allarme e immediatamente vengono allertati canili e forze dell’ordine, dando per certo e scontato che sarebbe sicuramente un pericolo per gli altri e per sé stesso.

Essere libero è "un diritto del cane"

Eppure, con poche semplici parole, la Regione Campania ci ricorda un fatto importante, qualcosa che in tanti, in diverse parti d’Italia, hanno forse ormai dimenticato e che i più giovani non hanno mai pienamente conosciuto, ossia che per tante migliaia di anni ai cani è stato riconosciuto il diritto di vivere liberamente sul territorio così come alle altre specie animali. Ma questo non è tutto, perché quello che la legge riconosce è che in diverse situazioni questi splendidi animali non solo si trovano a vivere senza un diretto controllo da parte dell’uomo, ma sono perfettamente capaci di farlo! Sanno girare per un paese o per un quartiere evitando i pericoli, sanno costruire rapporti di amicizia e rispetto coi suoi abitanti umani, non creano problemi ad altri animali ed anzi riescono a integrarsi perfettamente nella loro comunità.

I racconti dei cani di quartiere ci riportano a una dimensione che può farci comprendere nel profondo la vera storia dell’amicizia tra uomo e cane: quella di soggetti che si sono avvicinati a noi spontaneamente, si sono fidati e hanno deciso di condividere appieno una vita di comunità. Vedere le immagini di cani che partecipano a manifestazioni pubbliche o a funerali, che accompagnano i turisti in visita facendo loro da ciceroni, che hanno appuntamenti fissi, in luoghi diversi e lontani, con umani che offrono loro qualcosa da mangiare, spaccando il minuto come se “in tasca avessero un orologio” è forse una delle più belle dimostrazioni di come l’intelligenza non è soltanto una prerogativa dell’uomo.

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Gli insegnamenti da trarre dall'osservazione dei cani liberi 

Tanti sono gli interrogativi che dovremmo porci osservando le placide vite dei cani di quartiere, questi testimoni di un mondo in veloce cambiamento. Certo oggi le nostre strade sono luoghi più pericolosi per un animale che vive in libertà e la preoccupazione di mettere i cani in sicurezza ha spesso delle sue giustificazioni. Ma non è forse questo solo un ulteriore segnale che stiamo creando un mondo nemico per gli altri animali? Tante sono le specie minacciate di estinzione a causa delle attività umane e spesso si criticano altri stati per le loro politiche. Ma nel nord dell’Italia e dell’Europa abbiamo eradicato una specie, il cane, che ha vissuto libera e in armonia sul territorio per decine di migliaia di anni. Siamo sicuri di essere veramente così evoluti e civili? O semplicemente stiamo creando un mondo più ostile? E i canili, che spesso altro non sono che prigioni, sono un'alternativa dignitosa per questi animali?

C’è poi una domanda che, come educatore cinofilo, spesso mi faccio. Vedendo certe capacità mostrate dai cani liberi (come ad esempio il saper attraversare le strade, gestire con competenza un ambiente complesso di diversi chilometri quadrati, oppure convivere in pace con uomini e altri animali) come mai è così difficile, se non impossibile, per i nostri cani di casa imparare a fare lo stesso? Siamo poi veramente così bravi a educarli e ad insegnar loro a stare al mondo?

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Francesco Cerquetti
Esperto in etologia applicata e benessere animale
Laureato in Filosofia a partire dal 2005 ho cominciato ad appassionarmi di cinofilia approcciando il mondo dei canili. Ho conseguito il Master in Etologia Applicata e Benessere animale, il titolo di Educatore Cinofilo e negli IAA.
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