I "Big Five" sono l'elefante africano (in realtà due specie appartenenti al genere Loxodonta), il leone (Panthera leo), il rinoceronte bianco (Ceratotherium simum), il leopardo (Panthera pardus) e il bufalo del capo (Syncerus caffer). Tutti – ad esclusione del bufalo del Capo – sono a rischio estinzione e sono spesso vittime dei bracconieri. Questi cinque animali sono stati definiti così proprio dai cacciatori, perché per loro rappresentavano "i più pericolosi" da cacciare della fauna africana. Da un punto di vista strettamente ambientale, cosa ben più importante, presentano un'elevata rilevanza ecologica.
L'origine del termine "Big Five" risale ai tempi dei primi safari, avvenuti all'epoca del colonialismo belga, francese e britannico, e veniva utilizzato per indicare i trofei più ambiti dai cacciatori. Questi erano infatti gli animali più remunerativi dal punto di vista economico. L'avorio degli elefanti e le pellicce del leone e del leopardo erano facilmente vendibili all'interno dei mercati occidentali, mentre i corni dei rinoceronti e dei bufali venivano considerati delle ottime decorazioni per la casa e degli afrodisiaci.
Origine del nome "Big Five"
I primi a utilizzare il termine "Big Five" furono gli organizzatori di safari del Sudafrica, nella prima metà dell'Ottocento. Già da allora, infatti, diversi uomini di affari giungevano in questo paese da varie parti del mondo, per concedersi delle battute di caccia agli animali ritenuti più selvaggi e difficili da abbattere.
Visto il successo dei primi organizzatori, presto questa pratica si diffuse in molte altre colonie europee presenti in Tanzania, Kenya, Botswana, Congo, Zimbabwe e Mozambico. Con il passare del tempo, tuttavia, le popolazioni naturali delle varie specie cominciarono a ridursi, finché non ci si accorse che era necessario regolare la caccia per prevenirne l'estinzione.
A seguito della scomparsa di alcune popolazioni, gli zoologi cominciarono anche a introdurre il concetto di "Big Seven", che comprendeva – oltre alle 5 specie precedenti – altre due specie dal grande interesse ecologico e scientifico. Per un po' di tempo, queste due "specie extra" furono l'ippopotamo (Hippopotamus amphibius) e la giraffa (genere Giraffa), anch'essi vittime della caccia in alcune regioni dell'Africa orientale. Quando però si volle utilizzare questo termine in senso conservazionistico, si decise di comprendere anche due grosse specie marine presenti nelle acque del Sudafrica, dove il termine Big Five era nato.
Le due specie scelte furono lo squalo bianco (Carcharodon carcharias) e la balena franca australe (Eubalaena australis), che sono state per molto tempo vittime corrispettivamente della pesca eccessiva e della caccia alle balene. L'unica riserva naturale del mondo che oggi ospita i Big Seven è il Parco nazionale Addo Elephant in Sudafrica, che oltre a disporre di un habitat in cui vivono le tipiche specie della savana africana, presenta anche un lungo tratto di costa in cui è possibile osservare l'emersione delle balene e le attività di caccia degli squali bianchi.
Dove si possono trovare i "Big five"?
Escludendo il Sudafrica, i "Big Five" sono presenti in Mozambico, Kenya, Zimbabwe, Angola, Tanzania, Namibia e Botswana. Alcune ridotte popolazioni sono tuttavia presenti anche in Africa centrale, come in Congo o in Nigeria, o nei piccoli paesi dell'Africa occidentale, come in Guinea o in Costa d'Avorio. Tuttavia, essendo questi paesi molto antropizzati e degradati dal punto di vista ambientale, non sono molto frequentati dai turisti, disponendo tra l'altro di piccole popolazioni non sufficienti per attrarre un gran flusso turistico.
Non che le popolazioni che abitano queste nazioni possano considerarsi al sicuro. Spesso infatti le loro comunità locali abbattono un gran numero di animali selvatici, per rivenderne la carne o i corpi ai bracconieri, mentre la siccità e la guerra hanno spesso interessato zone che ospitavano gli ultimi rifugi di queste specie.
Quali sono gli animali "Big Five"?
Oggi tutte e cinque le specie inserite storicamente nella lista dei "Big Five" sono soggetti a diverse campagne di protezione e tutela, tra cui diversi progetti di reintroduzione, ripopolamento e conservazione. Di seguito andremo ad elencare alcune caratteristiche di queste specie, che li hanno resi tra gli animali più interessanti del continente africano.
Elefante africano
L'elefante africano è forse il più famoso erbivoro selvatico del mondo ed è stato cacciato per lungo tempo per via delle sue lunghe zanne, da cui si otteneva l'avorio. In particolare i maschi, che presentavano le zanne più grosse, venivano bersagliati dalle battute di caccia, sennonché diverse nazioni africane hanno cominciato a tutelarne la specie, vietandone l'abbattimento, di seguito al pesante crollo demografico.
In realtà, in Africa sono presenti due specie di elefante africano, che abitano ambienti completamente diversi. Il più comune è l'elefante africano di savana, noto agli scienziati come Loxodonta africana, mentre la specie più elusiva e rara è l'elefante africano di foresta (Loxodonta cyclotis), che svolge un importante ruolo di rinnovamento del pascolo all'interno delle grandi foreste africane centrali.
Animali sociali capaci di creare delle mandrie comprendenti fino ad un massimo di 70 esemplari, gli elefanti africani vengono spesso guidati da una matriarca, la femmina più anziana ed esperta del loro gruppo.
Leone
Il leone è il predatore più maestoso dell'Africa ed è anche il carnivoro selvatico più noto del mondo. Abile nell'aggredire prede molto più grandi di lui, questo animale forma dei gruppi sociali guidati da uno o due maschi, che cercano di proteggere le loro femmine dalle avance di eventuali rivali.
Capace di cacciare in molteplici contesti ambientali, un tempo la specie era presente anche in Europa e in Asia meridionale, tanto che oggi esiste ancora una ridotta popolazione di leoni in India, appartenenti alla sottospecie Panthera leo persica, imparentata con le popolazioni africane. Oltre alla savana, questa specie può sopravvivere anche all'interno delle zone desertiche della Namibia.
Bufalo del capo
Il bufalo del capo è uno degli erbivori più comuni presenti nella savana africana ed è un bovino selvatico il cui peso può raggiungere una tonnellata. Forma delle mandrie molto numerose, che in media superano i 400 esemplari, il cui comportamento di difesa principale nei confronti di un predatore consiste nel radunare tutti gli adulti e affrontare il nemico, caricando a testa e sfruttando le poderosa corna.
Tradizionalmente viene considerato l'animale più aggressivo dell'intero continente africano, poiché è abituato ad attaccare qualsiasi animale che riconosce come un pericolo, tra cui l'uomo. La specie viene predata abitualmente dai leoni, dai leopardi, dalle iene e dai coccodrilli e per questa ragione gli adulti sono particolarmente guardinghi, quando percepiscono l'arrivo di una minaccia.
Leopardo
Il leopardo è il secondo predatore più pericoloso dell'Africa, subito dopo il leone, con cui compete aspramente per il controllo del territorio. Animale solitario, cerca di sorprendere le sue prede velocemente e di trascinare il loro corpo sulle fronde degli alberi secchi, in modo tale che gli altri predatori – in particolare le iene e i leoni – non possano rubargli la preda.
La sua pelliccia maculata è stata considerata per molti secoli uno dei manti più pregianti presenti in natura e per questa ragione la nostra specie ha cacciato le sue popolazioni a partire da 200.000 anni fa.
Abile arrampicatore, il leopardo è anche una delle poche specie di carnivori che competono con le scimmie per il controllo delle fronde degli alberi. In particolare, si scontra con i gorilla e i babbuini, corrispettivamente nelle foreste centro africane e nella savana.
Rinoceronte
Il rinoceronte bianco è il terzo animale terrestre più grande del mondo, pesando 4 tonnellate e potendo raggiungere i 5 m di lunghezza. Seppur presenta il termine bianco nel nome, in realtà la sua specie è molto simile al rinoceronte nero (Diceros bicornis), che tuttavia presenta dimensioni ridotte. Il suo nome deriva invece da un'errata traduzione della parola indigena wyd, che significa "largo" in afrikaans, in riferimento alla larghezza delle sue labbra. I coloni, infatti, sentendo questa parola, cominciarono a definire questa specie "white", ovvero "bianco" in inglese.
Il rinoceronte è capace di affrontare tutti i grandi predatori presenti nel suo areale, tanto che un tempo era uno degli erbivori più comuni dell'Africa. Con l'introduzione delle armi da fuoco, tuttavia, ha iniziato a conoscere un predatore micidiale, a cui non ha saputo opporsi: l'uomo.
In passato, il rinoceronte bianco meridionale è stato a rischio critico d'estinzione, ma grazie all' "Operazione Rinoceronte" degli anni Sessanta diversi zoologi e conservazionisti riuscirono a recuperare la specie con successo, riportando la sua popolazione ad avere migliaia di esemplari. Lo stesso progetto non riuscì tuttavia a salvare l'altra sottospecie, il rinoceronte bianco settentrionale.
Nel 2009, i tre rinoceronti bianchi settentrionali rimasti vennero infatti trasferiti all'interno di una riserva privata in Kenya, nel tentativo di favorire un progetto di riproduzione. Fu però tutto inutile. L'ultimo maschio non riuscì mai a riprodursi con le due femmine e morì di vecchiaia nel marzo del 2018. Ad oggi sono rimaste soltanto questi due esemplari, che vengono costantemente protette con del personale armato dalle attenzioni dei bracconieri.
Alcuni progetti pensano di poter cambiare la situazione, favorendo un piano di riproduzione assistita che coinvolga alcune femmine di rinoceronte bianco meridionale. Per quanto però si stia lavorando al progetto di rinascita di questa sottospecie, nessun nuovo rinoceronte bianco settentrionale è nato negli ultimi trent'anni.