I cavalli sono stati fra i nostri più fedeli alleati durante l'intero corso della nostra storia. Erano lì insieme a noi mentre esploravamo le praterie più estese del globo o mentre controllavamo lo status di salute dei nostri campi, fino a diventare protagonisti loro malgrado delle nostre numerose guerre, dall'epoca antica sino alla Prima guerra mondiale. Diverse domande però sorgono spontaneamente, quando si osservano questi maestosi mammiferi: chi ha addomesticato per primo i cavalli? E come mai siamo riusciti a sviluppare insieme ad essi una forma così tanto complessa di rispetto, che talvolta supera persino la considerazione che rivolgiamo ai nostri cari? Come mai dunque i cavalli sono stati tenuti in così alta considerazione per così tanto tempo e chi li ha avvicinati per prima?
Nel complesso rapporto fra noi e questa specie, per rispondere a queste domande dobbiamo per prima cosa affermare che fra i cinque più comuni animali domestici, il cavallo è stato l'ultimo a far parte della nostra cerchia ristretta di alleati, essendo quello meno influenzabile dalla manipolazione genetica umana e dalla selezione artificiale. Eppure, quando i cavalli furono domesticati per la prima volta, sul finire del Neolitico, erano già molto rispettati dall'uomo, non solo come potenziale preda e fonte di proteine ma anche come animale simbolico, essendo divenuto oggetto di culto di molteplici piccole e differenti fedi che si propagandarono in Asia e Europa a partire da 10.000 anni fa.
Se dobbiamo tuttavia individuare il luogo geografico in cui avvenne probabilmente il "primo contatto" con finalità di domesticazione dobbiamo rivolgere il nostro sguardo a est, nelle estese pianure dell'Asia centrale. Fu qui infatti che le mandrie divennero oggetto dell'attenzione morbosa di un antico popolo nomade, che costituì l'intera sua struttura sociale partendo dal rapporto con questi splendidi animali.
Origine dei cavalli domestici
I cavalli domestici (Equus ferus caballus) sono il prodotto di un'evoluzione che ha impegnato la famiglia degli equidi per diverse decine di milioni di anni, con i primi rappresentanti che sono comparsi nella seconda metà dell'Eocene, circa 60-55 milioni di anni fa. I più antichi fossili conosciuti appartengono al nordamericano Sifrhippus, che è globalmente conosciuto come il primo equino ad essere comparso ed anche il più piccolo mai ritrovato, essendo infatti grande quanto un moderno gatto di razza persiana.
Proprio di seguito alla scoperta di diversi reperti inerenti questo genere, sappiamo ormai che l'America settentrionale è scientificamente riconosciuta come la patria originale dell'intera famiglia degli equidi, seppur alcune teorie, corroborate da alcuni ritrovamenti fossili di poco successivi alla loro comparsa, inducono a credere che in una qualche maniera anche l'Europa fosse stata molto importante per l'evoluzione di questi animali. Una caratteristica però tipica dei cavalli, a partire dallo sviluppo della specie successiva, Eohippus, fu la progressiva perdita del numero delle dita, condizione che avrebbe indotto le specie più moderne a divenire dei perfetti perissodattili, dotati ovvero di un unico dito per arto, che presenta uno "zoccolo duro".
Un altro importante fenomeno che interessò questi animali – soprattutto all'inizio della loro storia evolutiva – fu una ciclica perdita e acquisizione di dimensioni con la comparsa delle diverse specie, un fenomeno legato ai costanti mutamenti ecologici e alle sfide ambientali che questi animali dovettero affrontare, esplorando il mondo. Così fra i sedimenti risalenti all'Eocene e al Miocene, i paleontologi hanno trovato diverse specie di proto-cavalli che seppur si avvicinavano via via alla morfologia delle specie moderne, variavano molto tra di loro di dimensioni.
Oggi si sa che gli antenati dei cavalli assunsero varie taglie anche per affrontare varie tipologie di predatori, tra cui diversi uccelli del terrore – come Gastornis e i Forusracidi -, le tigri dai denti a sciabola, gli orsi e gli entelodonti, voraci maiali onnivori dalle dimensioni di una macchina, che incutevano il panico in diverse regioni dell'Asia e dell'Europa.
Alla fine però, quando il declino della megafauna cominciò a provocare diverse estinzioni in Africa come in Europa e in America, le specie di cavalli meglio adattati ai diversi capricci del clima e all'abbondanza di predatori si dimostrarono essere quelli che producevano gli esemplari più robusti e maggiormente capaci nel correre. Fra tutte le specie dotate di queste caratteristiche, furono inoltre gli antenati di quell'E. ferus caballus ad attraversare la Beringia 130.000 anni fa, riuscendo ad occupare l'intero pianeta e a risultare la specie principale oggi presente sul pianeta.
A differenziare questa specie dalle altre, permettendogli di sopravvivere in una maggiore tipologia di habitat, fu probabilmente la sua maggiore resistenza nei confronti dei fenomeni climatici estremi e la capacità dell'essere maggiormente adattati nel compiere viaggi di lungo corso e a istituire una società più complessa. Non dobbiamo infatti dimenticare che il cavallo moderno è un animale incredibilmente sociale ed è forse anche quello più capace di provare empatia, fra tutte le specie di equidi esistenti (fra cui la zebra). Queste caratteristiche tra l'altro lo resero l'alleato perfetto per gli esseri umani, in quanto capace d'immedesimarsi con l'uomo ed in grado di provare affetto nei confronti della nostra specie.
La domesticazione dei cavalli
Con i cavalli che saltuariamente pascolavano vicino ai gruppi dei nostri antichi antenati nomadi, che si erano già rivelati in grado di addomesticare animali come cani e piccoli erbivori, era dunque solo questione di tempo, 10.000 anni fa, che le greggi venissero adocchiate dalla nostra specie.
Si presume infatti che i cavalli cominciarono ad avvicinarsi autonomamente a noi esseri umani già a partire dal Paleolitico, per via di due fattori principali. Il primo prevedeva l'assenza generale di altri grossi predatori nelle vicinanze delle popolazione umane. All'epoca infatti gran parte dei carnivori avevano già iniziato a stare alla larga dagli esseri umani, per via della nostra intolleranza nei loro confronti e della nostra mortale capacità di difenderci, talvolta attaccando preventivamente. Vivere quindi vicino agli umani garantiva ai cavalli di vivere una vita meno soggetta alla predazione, che gli garantiva di non cadere vittima dei frequenti attacchi dei lupi o degli orsi che un tempo dominavano le foreste e le pianure.
Il secondo fattore che spinse poi questi animali successivamente a divenire alleati dell'uomo fu l'abbondanza di cibo nei pressi delle nostre dimore. Con l'introduzione infatti dell'agricoltura e dei magazzini – introdotti già prima che gran parte della popolazione umana divenisse stabile, con l'invenzione dei prototipi dei carri senza ruote in cui i nomadi stoccavano il loro rifornimento, lungo il loro costante peregrinare – questi animali cominciarono ad accostarsi sempre più alla nostra specie, con la promessa di un ottenere un po' di cibo.
Cosa ottennero però in cambio gli uomini, da questi primi avvicinamenti con i cavalli?
Prima che iniziasse il vero processo di domesticazione, che portò anche gli esseri umani a cambiare il loro comportamento, come detto questi animali erano già divenuti un simbolo per molte delle religioni presenti in Europa e in Asia centrale. A testimoniare ciò, gli archeologi hanno trovato non solo dipinti e graffiti, all'interno delle grotte abitate dagli antichi popoli europei, ma anche diversi reperti e oggetti che rappresentavano i cavalli come creature mitiche, raffigurazione terrena del potere della natura o degli dei. I più antichi manufatti in avorio che raffigurano questi animali risalgono addirittura a 30.000 anni fa, in piena era glaciale.
Quando perciò i cavalli si avvicinarono progressivamente alla nostra specie, i nostri antenati cominciarono a radunarli all'interno di alcune recinzione o a legarli a sé per tre motivi principali . Per prima cosa, potevano essere utilizzati saltuariamente come risorsa di emergenza, quando non si riuscivano ad integrare le proteine all'interno della dieta. Venivano inoltre impiegati all'interno delle cerimonie religiose e infine rendevano disponibile un materiale molto importante per l'epoca, ovvero lo stallatico. Essa era il prodotto dell'essicazioni delle loro feci e veniva spesso utilizzato dalle popolazioni nomadi come combustibile. Solo successivamente venne impiegato per arricchire i suoli occupati dagli agricoltori.
Fu questo il momento in cui partì la prima vera domesticazione dei cavalli, che avvenne nel territorio dell‘attuale Kazakistan grazie all'antica popolazione nomade dei Botai.
Essi furono infatti i primi a recintare le greggi, a sfruttare questi animali per il latte e a introdurre i primi strumenti tecnologici utili per la loro igiene, come pettini, rasoi, corde ma anche semplici bastoni utilizzati per guidare le mandrie. Furono anche i primi ad avventurarsi nelle pianure centroasiatiche in groppa dei loro animali, seppur i ricercatori ritengono che erano pochissimi gli uomini appartenenti a questa tribù che erano in grado di saper cavalcare a pelo per molto tempo.
Con il tempo, il processo di domesticazione dei cavalli e degli umani divenne tuttavia sempre più intenso e insorsero nuovi benefit in questa alleanza per entrambe le specie. I cavalli dei Botai infatti divennero presto anche simbolo dell'élite politica del tempo, oltre ad essere un mezzo di trasporto quando gli uomini cominciarono a saper gestire gli altri animali in groppa dei loro cavalli.
Le loro feci cominciarono inoltre anche ad essere impiegate nell'edilizia, miscelandole con un tot di argilla per fare dei mattoni, come è stato osservato in diversi scavi in Turchia e in Palestina. I cavalli infine scoprirono nell'essere umano una specie fortemente empatica e capace di garantirgli delle condizioni igieniche e di vita migliori, rispetto al resto delle popolazioni selvatiche e delle altre specie da "fattoria". Presto quindi i cavalli selvatici cominciarono a diminuire di numero, trasferendosi volontariamente o forzatamente nei gruppi sottoposti al controllo della specie umana.
Il cavallo assunse infine il ruolo di protagonista delle campagne militari degli uomini a partire "dall'invenzione delle città" e in un certo qual modo favorì la sua stessa addomesticazione, abbassando i suoi livelli di aggressività e accettando di buon grado la compagnia degli altri animali e degli stessi umani. Ovviamente non si sa quanto questo processo fu approvato dagli stessi equini, ma probabilmente le condizioni di semi libertà che furono garantiti ai cavalli per diverse migliaia di anni spinsero E. ferus caballus a soffrire meno il passaggio dalla vita selvatica alla vita domestica, soprattutto quando alcune varietà venivano spesso ibridate con le sempre più rarefatte popolazioni selvatiche, che furono comunque presenti in gran parte del mondo fino all'inizio del Risorgimento.
Le conseguenze della domesticazione dei cavalli
L'impiego dei cavalli all'interno delle varie società umane ha avuto ovviamente anche delle forti conseguenze all'interno dello sviluppo tecnologico della nostra società. I cavalli infatti per circa 5.000 anni sono stati il principale mezzo dei trasporto della nostra specie, ma anche uno dei principali motori dell'industria e della stessa guerra. Basti infatti pensare alla loro presenza all'interno delle fattorie o nei mulini per comprendere quanto sono stati fondamentali per la stessa produzione agricola e il sostentamento umano.
Hanno modificato tantissimo anche la cultura dei popoli, tanto che nel tempo si sono rivelati essenziali per lo sviluppo di nuovi miti e per il fiorire di nuove idee, oltre a consentire ai messaggeri di diffondere informazioni sensibili da un capo all'altro dei vasti imperi.
Senza i cavalli probabilmente quindi la nostra specie non sarebbe neppure riuscita a sviluppare lo stesso livello di competenza scientifica e tecnologica che oggi ci consentono di essere la specie dominante sul pianeta. Ed è triste considerare che in cambio non sempre la nostra specie è riuscita a garantire ai cavalli condizioni di vita adeguate ai loro elevati standard di salute. Permettere dunque che tutti i cavalli oggi esistenti – per la maggioranza addomesticati – vivano in condizioni ambientali adeguate al loro benessere dovrebbe divenire uno degli obiettivi primari di tutti gli appassionati di equitazione, visto che la storia della nostra specie dimostra quanto siamo stati spesso degli ingrati nei loro confronti.
Senza considerare infatti le polemiche legate a determinati fenomeni culturali, come il Palio di Siena o la corsa del Gran National, dove i cavalli continuano a morire, oggi i cavalli soffrono soprattutto per le cattive condizioni igieniche di alcuni maneggi, a causa per il doping, per il loro uso intensivo all'interno delle città, come mezzo alternativo di trasporto dei turisti, e per le corse clandestine che spesso si possono incontrare nelle nostre città. Eliminare quindi questi fattori di disturbo garantirebbe al nostro rapporto di continuare, togliendo la parola sofferenza dall'equazione.