L'uccello del terrore è stato uno degli uccelli predatori più grandi ad essere mai esistiti. Visse nel Miocene, circa 20-13 milioni di anni fa, e il suo vero nome era Phorusrhacos longissimus, che in greco significa "portatore di rughe", per via delle rugosità che presentano i resti del suo cranio. Probabile cacciatore di mammiferi di piccole e medie dimensioni, dominava quasi incontrastato nelle attuali regioni della Patagonia, seppur alcuni suoi eredi – tra cui il Titanis walleri – vissero anche in Nord America, sfidando le Tigri dai denti a sciabola per il controllo del territorio. Era inoltre un uccello incapace di volare, per via della grossa stazza e le ali ridotte.
Il Phorusrhacos viveva probabilmente in un ambiente non molto diverso da quello che è presente oggi in Patagonia. All'epoca infatti questa regione era ricca di praterie intervallate da folte foreste, in cui probabilmente l'uccello del terrore andava a riposarsi, dopo aver compiuto la caccia.
Le cause della sua estinzione non sono molto chiare, come anche l'estinzione di buona parte della megafauna americana. Un secolo fa i paleontologi credevano che a causare queste morti fu l'emersione dell'istmo di Panama, che portò diverse animali settentrionali ad emigrare in Sud America e viceversa, ma oggi questa teoria non è più molto sostenuta, alla luce del fatto che le specie sembrarono ambientarsi a nuove tipologie di habitat senza entrare eccessivamente in competizione. Se ciò fosse invero accaduto, gli eredi dell'uccello del terrore non si sarebbero stabiliti in Nord America e i grossi felini non si sarebbero ambientati alla foresta amazzonica.
L'ipotesi oggi più accettata quindi prevede un'estinzione dovuta ai fattori climatici, che raffreddarono entrambi i continenti con l'insorgere delle ere glaciali.
Chi era e com'era fatto l'uccello del terrore
L'uccello del terrore era alto fino a 2,5 metri e sovrastava probabilmente la maggioranza delle prede che erano presenti all'epoca in Patagonia. Il suo peso era anche abbastanza considerevole, stimato a ben 150 kg, seppur dobbiamo sempre ricordarci che il suo scheletro era tutto sommato leggero, vista la presenza di ossa cave. Era anche dotato di un paio di gambe molto lunghe e potenti, che potevano permettere all'animale di raggiungere anche i 70 km orari di velocità durante la corsa. I piedi invece erano forniti di tre dita molto spesse, che potevano uccidere qualsiasi preda inerme tramite i loro artigli ricurvi.
Simile concettualmente ad uno struzzo, il collo del Phorusrhacos era lungo, ma a differenziare di molto gli attuali uccelli non volatori e questa specie era la sua testa, davvero enorme e dotata di un becco grande e robusto, capace di strappare via la carne dalla preda tramite un piccolo uncino acuminato sulla sua punta. Il cranio da solo era lungo ben 60 centimetri ed era così saldamente agganciata alla mandibola che il becco sembrava disporre una presa notevole.
Sfortunatamente i reperti che sono stati trovati non ci permettono invece di capire quali fosse la colorazione del suo piumaggio, ma secondo diversi autori, tra cui lo stesso paleontologo che definì per primo la specie, Florentino Ameghino, questo terrificante animale doveva avere un piumaggio simile a quello degli attuali cariamidi, una famiglia di uccelli del Sud America.
In passato alcuni illustratori hanno rappresentato questa specie come una sorta di grosso tacchino, dotato di un becco spesso e temibile. A differenza però di altre specie appartenute alla sua stessa famiglia – a cui ha dato il nome – non disponeva di ali terminanti con degli artigli uncinati, in grado di ghermire la pelle delle loro vittime. Sembra che questo adattamento comparve solo nelle specie successive.
Distribuzione e comportamento dell'uccello del terrore
L'uccello del terrore visse come detto in Patagonia, ma è anche possibile che alcuni suoi resti siano ancora in attesa di venire scoperti in altre regioni dell'America Latina, oggi coperte dalle foreste. I suoi primi resti sono stati però ritrovati in diversi giacimenti fossili, sparsi nell'antica Provincia di Santa Cruz, in Argentina.
L'olotipo di questo animale, ovvero il primo rappresentante della specie ad essere stato scoperto, era composta solo dalla mandibola, che colpì notevolmente i naturalisti dell'epoca per via delle dimensioni. Fu comunque catalogato come campione MLP-118 ed oggi è esposto al Museo de La Plata di Buenos Aires. Sfortunatamente questo olotipo venne descritto inizialmente con un nome grammaticalmente scorretto, secondo i moderni standard internazionali, e neppure Ameghino nel 1889 riuscì a imporre un nome più corretto, proponendo Phororhacos.
Il comportamento dell'uccello del terrore è stato invece descritto in diverse occasioni, da diversi paleontologi che ne hanno analizzato la struttura. Secondo le descrizioni originali di Ameghino, questo animale si avvicinava furtivamente alla sua preda e cercava di colpirla alla nuca, tramite un colpo di becco, che fungeva da accetta. Qualora invece la preda riusciva ad accorgersi prima della sua presenza, l'uccello del terrore poteva anche mettersi a correre, per cercare di destabilizzare nella corsa la sua preda, allungando il corpo e colpendo il suo obiettivo alle gambe e ai fianchi, con il becco uncinato. Una volta a terra, la preda veniva poi pestata e trattenuta con i grossi artigli dei piedi, mentre con un movimento a cesoia il Phorusrhacos recideva le vene del collo o dell'addome.
È anche possibile che questo uccello, davvero mastodontico, pur di accedere alle risorse, entrasse in competizione con altre specie e che combattesse con altri rappresentanti del suo genere, pur di strappare il controllo dei cadaveri degli altri animali trovati in giro. Alcune rappresentazioni artistiche si spingono anche ad immaginare i maschi di questa specie con ciuffi di piume peculiari sopra la testa, da utilizzare per finalità comunicative durante la stagione degli amori. Questa teoria non è però globalmente accettata dagli scienziati e non trova conferme nei reperti fossili.
Come e quando si estinto l'uccello del terrore
Tutti i rappresentanti della famiglia dei forusracidi (Phorusrhacidae), volgarmente chiamati "uccelli del terrore", si sono estinti prima di 2 milioni di anni fa, dopo aver passato almeno 10 milioni di anni di crisi, con il cambiamento climatico che ne destabilizzava l'habitat continuamente.
Abbiamo già chiarito che il Phorusrhacos potrebbe essersi estinto a seguito dell'evoluzioni di alcuni suoi eredi, che presero il controllo dei territori settentrionali e centrali delle Americhe. In questo paragrafo vogliamo però definitivamente screditare una vecchia teoria che circola sul web, legata a questi animali da diversi decenni.
Questa teoria prevede che gli uccelli del terrore, ed in particolare il Phorusrhacos e il Titanis walleri , si siano estinti recentemente per colpa dell'uomo. A rendere "concreta" questa possibilità, ci sarebbe l'estinzione della megafauna che viveva nel Nord America durante l'Era Glaciale, un evento paleontologico riportato abbastanza bene da decine di studi e di scavi.
Per quanto questa teoria sia affascinante e si ricolleghi anche ai danni che la nostra specie sta provocando in tutto il mondo, è però vero che i paleontologi e gli archeologi hanno screditato questa supposizione molto tempo fa. Andando infatti a considerare precisamente la data d'arrivo della nostra specie in America, avvenuta fra 50.000 e 30.000 anni fa, si scopre che per la nostra specie fu materialmente impossibile andare a caccia di questi uccelli, poiché erano estinti da molto tempo, ovvero da 2 milioni di anni.
Homo sapiens probabilmente ha contribuito a estinguere rinoceronti lanosi, mastodonti e mammut, ma non è responsabile dell'estinzione degli uccelli del terrore, tanto meno del Phorusrhacos che si estinse 10 milioni di anni prima della morte dell'ultimo appartenente del suo genere.
Neanche la competizione con le tigre dai denti a sciabola può spiegare la scomparsa di questi animali, poiché convissero per diverso tempo e anche loro si estinsero tempo prima l'arrivo della nostra specie. Ciò ha portato quindi gli scienziati a ritenere responsabile di queste estinzioni il clima mutevole delle due epoche geologiche che compongono il Neogene, il secondo periodo dell'epoca Cenozoica.