26 Agosto 2024
20:15

Quanto fa male un riccio di mare? Com’è fatto e cosa devi fare se ne trovi uno

Quando passeggiamo sugli scogli, tutti abbiamo paura di calpestare un riccio di mare. Ma sai come sono fatti davvero questi animali e come devi comportarti se ne trovi uno?

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Quando passeggiate sugli scogli, qual è la vostra più grande paura? Per molti, la risposta è semplice: mettere il piede su un riccio di mare. Però, molti di noi non conoscono questo straordinario essere vivente. Dietro quelle spine che tanto temiamo, si nasconde un vero capolavoro di ingegneria naturale.

Com'è fatto il riccio di mare

Camminando sulla spiaggia, vi sarà capitato di raccogliere quei gusci tondeggianti e rigidi che assomigliano a una palla da golf bucata e tagliata a metà. Quello che tenete in mano è il dermascheletro del riccio di mare, l'unica parte che rimane quando l'animale muore. Se lo osservate bene, noterete un grande foro sulla base piana: quella è la bocca del riccio. Sulla parte superiore curva, c'è un altro foro più piccolo, che corrisponde all'ano. Anche se non ci abbiamo mai pensato, il riccio di mare ha una bocca, e non solo, è anche un vorace mangiatore. Il dermascheletro del riccio è ricoperto da spine, ma all'interno contiene tutti i suoi organi, funzionando come una macchina perfetta.

Il "motore" di questa macchina è la cosiddetta Lanterna di Aristotele. Il nome curioso deriva da un errore di traduzione: Aristotele, infatti, paragonava l'intero corpo del riccio a una lanterna, ma qualcuno ha frainteso, riferendosi solo alla bocca. Questa bocca è dotata di cinque denti affilati e rigenerabili, capaci di triturare qualsiasi cosa, comprese intere foreste di alghe. Pensate cosa accadrebbe se i predatori naturali dei ricci scomparissero: potremmo assistere alla scomparsa di intere praterie di alghe, dimostrando quanto sia cruciale mantenere l'equilibrio degli ecosistemi.

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All'interno del riccio, troviamo un sistema circolatorio affascinante, che attraversa il suo corpo come uno scivolo in un parco acquatico. Come nelle meduse, anche nei ricci si tratta di un "sistema acquifero" che distribuisce l'ossigeno in tutto il corpo. In altre parole, i ricci usano l'acqua nello stesso modo in cui noi usiamo il sangue, un'incredibile soluzione evolutiva condivisa con i loro cugini, le stelle marine. Entrambi fanno parte della famiglia degli echinodermi, un gruppo di invertebrati marini caratterizzati da piastre calcaree e spine, come quelle che vediamo nei ricci di mare.

Quando si osserva un riccio di mare con una maschera subacquea, si può notare qualcosa di sorprendente: le spine del riccio non sono semplicemente statiche, come una scultura immobile. Al contrario, queste spine sono mobili e collegate al guscio da muscoli che ne controllano il movimento, aiutando l'animale a spostarsi. Se osservate con attenzione il guscio del riccio, vedrete piccole escrescenze tondeggianti chiamate noduli, dai quali partono le spine (ogni nodulo è associato a una spina). Ma c'è di più: sul guscio sono presenti anche piccoli fori da cui spuntano i piedi tubolari, o Pedicellariae dotati di ventose che permettono al riccio di aggrapparsi agli oggetti e di muoversi. Questa strategia di movimento è simile a quella delle stelle marine. Inoltre, il riccio possiede piccoli organi simili a tenaglie, che usano per rimuovere detriti indesiderati, un po' come quando noi allontaniamo una mosca.

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Evoluzione e riproduzione

Siamo abituati a pensare al riccio come a una creatura rigida e spinosissima, ma alla nascita è completamente diverso. Il riccio di mare inizia la sua vita come una larva gelatinosa che vaga per il mare, trasportata dalle correnti. Solo quando raggiunge una certa maturità, si stabilizza sul fondale e scaverà, grazie ai suoi denti, un'insenatura nella roccia dove stanziarsi.

Le specie

Nel mondo esistono ci sono molte specie di ricci di mare, e ciascuna ha caratteristiche uniche. Alcuni ricci sono tondi con spine affilate, altri, chiamati "pancake", sono schiacciati e ovali; ci sono anche quelli che sembrano morbide polpettine, e altri ancora, come l'Heterocentrotus mammillatus, con spine spesse e smussate. In totale, esistono quasi 1000 specie di ricci di mare, e vivono su questo pianeta da ben prima dei dinosauri. Ogni specie ha spine che possono variare per forma, lunghezza e persino pericolosità: alcune pungono, altre no; alcune sono velenose, altre completamente innocue. Tuttavia, ciò che accomuna tutti i ricci di mare è la loro straordinaria struttura interna, degna di un racconto di fantascienza.

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Le spine del riccio di mare: un capolavoro di ingegneria naturale

I ricci di mare sono creature affascinanti che popolano i nostri oceani da milioni di anni. Spesso temuti per le loro spine appuntite, in realtà nascondono segreti sorprendenti e complessi meccanismi biologici che li rendono veri e propri capolavori dell'evoluzione. Ora un gruppo di ricercatori del Weizmann Institute of Science ha scoperto il loro segreto: le spine dei ricci di mare non sono semplici strumenti di difesa, ma strutture altamente sofisticate che combinano resistenza e flessibilità in modo sorprendente.

Alla base di ogni spina del riccio di mare ci sono cellule specializzate situate nei noduli. Queste cellule producono carbonato di calcio amorfo, un materiale inizialmente privo di una forma definita. In poche ore, questo materiale subisce una trasformazione straordinaria, organizzandosi in cristalli di calcite perfettamente allineati. Questo processo di cristallizzazione rapido e preciso è ancora oggetto di studio da parte della comunità scientifica.

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Naomi Tsafnat et al; 2012

La disposizione ordinata dei cristalli di calcite conferisce alle spine dei ricci di mare una combinazione unica di resistenza e flessibilità. Questa struttura permette alle spine di sopportare pressioni notevoli senza rompersi, distribuendo lo stress meccanico lungo l'asse simmetrico della spina. Allo stesso tempo, la flessibilità delle spine consente al riccio di muoversi agilmente nell'ambiente marino, adattandosi a diverse superfici e situazioni. Queste caratteristiche strutturali hanno giocato un ruolo cruciale nella sopravvivenza dei ricci di mare attraverso ere geologiche e numerosi eventi catastrofici, confermando l'efficacia di questa soluzione evolutiva.

Cosa fare se si pesta un riccio di mare

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Ecco alcuni passaggi consigliati da seguire in caso di puntura ricordando che questo articolo non può essere sostituito con il parere del vostro medico:

  1. Lavare la ferita: sciacquare immediatamente la zona interessata con acqua di mare pulita o acqua dolce per rimuovere eventuali residui superficiali e ridurre il rischio di infezione.
  2. Rimuovere con cautela gli aculei: utilizzare una pinzetta sterilizzata, cercare di estrarre delicatamente le spine rimaste nella pelle, facendo attenzione a non spezzarle.
  3. Acqua calda: immergere la parte colpita in acqua calda (non bollente) per circa 20 minuti. Il calore aiuta a ridurre il dolore e può contribuire a disattivare eventuali tossine presenti.
  4. Disinfettare la ferita: dopo aver rimosso le spine, pulire accuratamente la zona con un disinfettante adeguato per prevenire infezioni.

Consultare un medico rimane il consiglio migliore, soprattutto se si riscontrano sintomi come gonfiore persistente, arrossamento, dolore intenso o segni di infezione, è importante consultare un professionista sanitario per ulteriori trattamenti e consigli.

I ricci di mare sono velenosi?

Una domanda comune riguarda la velenosità dei ricci di mare. La risposta varia a seconda della specie. La maggior parte dei ricci di mare presenti nei nostri mari non è velenosa. Le loro spine possono causare dolore e disagio meccanico, ma generalmente non rilasciano tossine pericolose. Esistono alcune specie, come il riccio di fuoco (Asthenosoma varium), che possiedono spine velenose. Il contatto con queste spine può provocare dolore intenso, gonfiore, nausea e, in rari casi, difficoltà respiratorie. Reazioni allergiche severe, come lo shock anafilattico, sono estremamente rare ma possibili.

L'urgenza di fermare la pesca dei ricci di mare

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Chi mangia la "polpa" del riccio di mare, in realtà sta ingerendo i suoi apparati genitali. Quella che chiamiamo comunemente polpa sono le gonadi del riccio, gli organi che producono spermatozoi ed ovuli. Inoltre, contrariamente a quanto si crede, non si mangia solo il riccio femmina. Quello che viene comunemente chiamato "riccio femmina" o "riccio viola" appartiene alla specie Paracentrotus lividus, mentre il cosiddetto "riccio maschio" è della specie Arbacia lixula. Non si tratta quindi di una distinzione tra sessi, ma tra due specie diverse.

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Inoltre, negli ultimi anni, la pesca dei ricci di mare ha subito un incremento esponenziale, spinto dalla crescente domanda nel settore gastronomico. Questo ha portato a una situazione critica per la specie, che ormai rischia l'estinzione in diverse aree del Mediterraneo. In risposta a questa emergenza ambientale, diverse regioni italiane stanno adottando misure drastiche per fermare il prelievo indiscriminato di questi preziosi organismi marini.

La situazione in Puglia

In Puglia, il consigliere regionale Paolo Pagliaro, insieme al presidente della Regione Michele Emiliano e a 39 altri consiglieri, ha presentato una proposta di legge per fermare la pesca dei ricci di mare per tre anni, fino al 2025. L'iniziativa, approvata dal Consiglio regionale con 41 voti favorevoli e uno contrario, mira a proteggere il Paracentrotus lividus, la specie più comune di riccio di mare nel Mediterraneo, ormai in grave declino. Questa moratoria non si limita alla sola pesca commerciale, ma include anche la raccolta sportiva, il trasporto, lo sbarco e la commercializzazione dei ricci pescati nelle acque territoriali della regione. Tuttavia, la legge permette ancora la vendita di ricci provenienti da altre regioni o paesi, sollevando preoccupazioni sull'effettiva efficacia delle misure adottate.

La situazione in Sardegna

Analogamente, la Sardegna aveva già introdotto nel 2021 una moratoria sulla pesca dei ricci di mare, valida fino al 2024. Tuttavia, la Regione ha recentemente annullato il divieto, autorizzando nuovamente la pesca fino ad aprile 2023. Questa decisione, presa sotto la pressione del settore della pesca, rappresenta un rischio elevato per la sostenibilità della specie, dimostrando quanto sia complesso bilanciare le esigenze economiche con la tutela ambientale.

Il ruolo cruciale dei ricci di mare nell'ecosistema marino

I ricci di mare svolgono un ruolo fondamentale negli ecosistemi marini, contribuendo alla pulizia dei fondali e al mantenimento dell'equilibrio ecologico. La loro scomparsa potrebbe avere conseguenze devastanti per l'ambiente, aggravando ulteriormente il degrado degli habitat marini già compromessi da inquinamento e cambiamenti climatici. Il Professor Giuseppe Corriero, Direttore del Dipartimento di Biologia dell'Università di Bari, ha sottolineato l'urgenza di proteggere questa specie: "Negli ultimi anni, abbiamo assistito a una significativa riduzione della taglia e dell'abbondanza dei ricci di mare nei nostri fondali. Senza interventi di gestione, rischiamo di favorire l'estinzione di una specie che fino a pochi anni fa era abbondante e di grandi dimensioni."

La piaga della pesca illegale: un problema diffuso

Nonostante le normative, la pesca illegale dei ricci di mare continua a rappresentare una piaga diffusa. Recenti operazioni delle forze dell'ordine, come quelle condotte dalla Guardia di Finanza a Civitavecchia e Ancona, hanno portato al sequestro di migliaia di esemplari pescati illegalmente. Questi episodi mettono in evidenza la necessità di intensificare i controlli e di applicare rigorosamente le leggi esistenti per impedire il saccheggio dei mari.

Prospettive future

La moratoria sulla pesca dei ricci di mare in Puglia rappresenta un passo importante verso la tutela di una specie in grave pericolo. Tuttavia, affinché queste misure siano davvero efficaci, sarà essenziale garantire l'osservanza delle leggi e monitorare attentamente il ripopolamento delle popolazioni di ricci. Inoltre, è cruciale sensibilizzare l'opinione pubblica e il settore della pesca sull'importanza della conservazione degli ecosistemi marini, affinché scelte sostenibili possano essere adottate per il bene delle generazioni future.

Sono una ragazza che dopo qualche anno di veterinaria ha scoperto la sua passione: lo studio del comportamento degli animali, incluso l'uomo, in un'ottica comparata. Questa scienza, ancora sconosciuta, si chiama "Etologia" e mi aiuta a non smettere mai di conoscere cose sulla natura, sugli animali, su di noi e sulla nostra storia.
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