Pesci comparsi 180 milioni di anni prima dei dinosauri di cui due specie nuotano ancora nei nostri mari: sono i celacanti, dei veri e propri "fossili viventi". Più gli scienziati studiano questi animali e più sembrano nascondere segreti di un mondo perduto distante milioni di anni da noi. Nell'estate del 2021, ad esempio, è stato pubblicato uno studio dove alcuni scienziati sono riusciti a scoprire la reale durata dell'avita di questo animale che può arrivare anche a 100 anni.
Lo studio è comparso sulla rivista Current biology ed è stato condotto da ricercatori dell'Istituto di ricerca oceanica della Francia (IFREMER). L'analisi microscopica certosina effettuata dal team ha sfatato un mito per i biologi marini che ritenevano questa specie vivesse massimo fino a 55 anni, una longevità incongruente con altre caratteristiche biologiche che presenta l'animale come il basso metabolismo e il lento assorbimento dell'ossigeno disciolto in acqua. Quale sia il segreto della loro longevità e come questa specie sia riuscita a perdurare per migliaia di anni ancora non è chiaro ai ricercatori, ma senza dubbio per via dell'alone di mistero che lo circonda vale la pena dare un'occhiata da vicino a questo pesce osseo.
Cosa si intende per fossile vivente?
Innanzitutto con il termine "fossile vivente" si indicano particolari specie di animali o vegetali ancora in vita ai giorni nostri, ma che presentano caratteristiche morfo-anatomiche e strutturali tipiche di antichi organismi di milioni di anni fa. Per determinare questa congruenza fra le anatomie spesso si effettuano confronti fra animali moderni ed estinti imparentate fra loro, e per essere definito un vero fossile vivente la due specie devono apparire più o meno simili.
Un fossile vivente, ad esempio, è l'opossum, mammifero marsupiale che presenta caratteri molto simili ai suoi parenti del Cretaceo. Oppure fra gli anfibi c'è il genere Leiopelma, rane con caratteristiche anatomiche molto simili ai loro parenti fossili risalenti al Giurassico, come ad esempio la presenza di 9 vertebre presacrali. Fra gli artropodi, invece, possiamo ricordare il limulo, organismi che a una prima occhiata ricordano le ricostruzioni fatte al computer per un documentario che descrive la fauna del Giurassico, ma che possono essere comunemente trovati in diverse coste dell'America.
Oltre alle caratteristiche anatomiche, a rendere curioso un fossile vivente spesso è la storia della sua scoperta. Molti, infatti, sono animali o piante ritenuti estinti da milioni di anni e solo dopo lunghi anni di ricerche o per casi fortuiti, sono stati ritrovati in vita alcuni esemplari, proprio come nel caso dei celacanti.
Chi sono i celacanti
Per vederli di persona ci dovremmo immergere a largo della costa orientale dell'Africa o in Indonesia e, con un po' di fortuna, potremmo incontrare le sole due specie che oggi sono in vita: il celacanto delle Comore (Latimeria chalumnae), che si trova principalmente vicino alle isole Comoro in Africa, e il celacanto indonesiano (Latimeria menadoensis). La loro forma curiosa è inconfondibile, con quella pinna caudale allargata e il corpo ricoperto da scaglie con sfumature che vanno dal giallo al marrone scuro.
Fra le caratteristiche più curiose di questi pesci, però, c'è sicuramente la loro antica discendenza, una specie rimasta immutata dall'inizio del Devoniano, circa 420-410 milioni di anni fa. I primi fossili scoperti di questi pesci risalgono infatti proprio a quel periodo e le analisi genetiche confermano come le specie siano una vera e propria "fotografia evolutiva". Secondo le analisi condotte, infatti, loro sarebbero i più antichi discenti viventi dei Sarcopterygii, ovvero un gruppo di pesci ossei con le pinne carnose, il che significa che sono più strettamente imparentati con i tetrapodi, di cui facciamo parte anche noi, rispetto agli altri pesci.
Anche la storia del loro ritrovamento unisce il fascino della scoperta di un mondo perduto alla curiosità biologica per una specie animale prima sconosciuta. Inizialmente si riteneva che questi animali si fossero estinti nel Cretaceo superiore, circa 66 milioni di anni fa, ma un'immersione al largo delle coste del Sudafrica nel 1938 cambiò completamente le carte in tavola: dei sub avevano ritrovato dei pesci appartenenti a questa specie ancora in vita.
L'emozione dei ricercatori deve essere stata tanta e l'eccitamento per la nuova scoperta ha subito portato gli studiosi a comprendere come una specie così fosse riuscita a sopravvivere quasi immutata per tutti questi millenni. Sebbene le loro forme siano cambiate nel corso del tempo, infatti, i celacanti di oggi sono considerati comunque molto simili ai primi celacanti comparsi sulla Terra circa 400 milioni di anni fa. Trovare una specie così antica creduta perduta, dunque, deve aver avuto l'effetto simile al ritrovare un Tyrannosaurus rex ancora in vita che scorrazza spensierato in una giungla dell'Asia.
Il segreto di lunga vita dei celacanti
Ecco dunque che nascono diversi studi sulla specie, tra cui alcuni molto interessanti nel 1977 riguardo il suo invecchiamento. In questi primi studi i ricercatori capirono che era possibile stimare l'età di un pesce di questa specie controllando al microscopio delle strutture calcificate chiamate "macro-circuli" presenti sulle scaglie. Queste strutture sono state pensate per molto tempo come veri e propri anelli di un albero che, anno dopo anno, indicano l'età corrispettiva dell'organismo.
Sulla base dei primi studi si ritenne che la calcificazione dei macro-circuli sulle scaglie avveniva una volta all'anno e stimando queste deposizioni di calcio i ricercatori sono giunti alla conclusione che i celacanti potessero vivere massimo tra i 20 e i 55 anni.
Nel 2021, però, questa concezione venne stravolta: il team dell'IFREMER condusse uno studio sempre sui macro-circuli utilizzando in questo caso la microscopia a luce polarizzata, una tecnica più avanzata che riduce l'abbagliamento e offre delle immagini più dettagliate. La luce polarizzata ha rivelato la presenza di numerosi macro-circuli più piccoli, anche loro deposti annualmente.
Contando questi cerchi più piccoli, dunque, i ricercatori sono arrivati a una conclusione impressionante: i celacanti possono avere in media anche 80 anni e raggiungere persino i 100 anni di età. Queste osservazioni sono concordi con le caratteristiche generale dell'animale, considerando che che il celacanto ha uno dei metabolismi più lenti mai visti in un organismo marino.
Un'altra incredibile scoperta effettuata dallo stesso team di ricerca riguarda l'attività gestazionale del celacanto. Utilizzando la stessa tecnica di analisi gli studiosi hanno stimato quanto tempo gli embrioni necessitassero per svilupparsi completamente, rivelando una delle gestazioni più lunghe nel mondo marino: ben 5 anni.
La storia della scoperta del celacanto e gli studi di approfondimento sulle sue specie offre un ottimo spunto di riflessione riguardo quanto scoprire i segreti biologici di un animale possa esserci utile per definire l'approccio migliore per conservarlo. Sapere che la loro crescita e gestazione è così lenta suggerisce quanto difficile per loro sia arrivare a maturità, accoppiarsi e produrre nuova prole. Questo impone immediatamente ai governi locali l'applicazione di una nuova strategia di conservazione nei confronti di un pesce in pericolo critico che, dopo la scoperta dell'IFREMER, deve essere considerato ancora più vulnerabile.