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21 Settembre 2023
18:16

C’è abbastanza spazio sia per l’uomo che per gli animali sulla terra?

Lo stato attuale del nostro pianeta ci impone di farci una domanda: sulla Terra c'è abbastanza spazio per tutti, umani e altri animali? Per rispondere, dobbiamo innanzitutto riflettere sul conflitto in corso fra le comunità umane e quelle degli animali selvatici.

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Una serie di considerazioni sullo stato attuale del pianeta sul quale viviamo ci impone di porci una domanda: sulla Terra c'è abbastanza spazio per permettere a tutti gli organismi di sopravvivere?

Prima di rispondere, analizziamo la situazione attuale. Uno dei problemi più gravi che affliggono l'Antropocene, l'epoca geologica in cui l'uomo sta alterando il clima, è il gravoso conflitto che sta avvenendo fra le comunità umane e quelle degli animali selvatici. Dalla nostra comparsa sul Pianeta, la biosfera sta subendo costantemente una serie di medie e grandi estinzioni che nel complesso non solo stanno depauperando tutti gli ecosistemi ma stanno provocando anche una grande alterazione degli ambienti naturali.

Giunta nell'era moderna, con l'introduzione dei processi industriali e l'esigenza di estrarre ancora più risorse ed energie dal territorio, la nostra specie ha infatti cominciato a strappare alle comunità naturali sempre più terra, per fornire agli abitanti delle grandi metropoli maggiori quantità di cibo, beni sempre più sofisticati, nuove vie di trasporto, abitazioni, scuole e in generale sempre più spazio in cui muoversi.

Questo ha portato gli animali selvatici a retrocedere dinnanzi all'avanzata della nostra società che dovunque ha cominciato anche a sostituire la fauna prima presente con allevamenti intensivi di pecore, maiali, capre, polli e soprattutto bovini. E per capire quali possono essere i danni di questi cambiamenti, basta vedere proprio le dimensioni che hanno raggiunto gli allevamenti.

Considerando solo l'Europa, circa il 70% della superficie agricola per esempio è dedicata esclusivamente al pascolo dei bovini, mentre quasi il 60% delle aree naturali (che in teoria dovrebbero essere una riserva) ospita al suo interno dei capi di bestiame rinselvatichiti. Nel mondo invece sono 1 miliardo e 300 milioni i bovini, 2 miliardi e 700 milioni gli ovini, 1 miliardo i suini e 12 miliardi i polli, con ognuno di questi animali che ha un costo e occupa uno spazio. Questi sono i dati che ci forniscono associazioni ambientaliste come Greenpeace, che cercano di sottolineare quanto territorio abbiamo rubato agli animali selvatici per il nostro consumo della carne.

Gli scienziati dunque stanno riflettendo da molto tempo e si sono resi conto che esistono molteplici fattori che possono cambiare completamente le nostre prospettive sul futuro del pianeta: sono tante infatti le forze in gioco che premono sulla nostra espansione demografica e urbana e dunque sulla distribuzione delle specie selvatiche sulla Terra. Per esempio, l'uso scorretto che facciamo del suolo potrebbe erodere così tanto i terreni fertili che cerchiamo sempre di più di trovare nuovi luoghi da disboscare, mentre la densità di popolazione delle specie selvatiche potrebbe portare l'uomo ad abbandonare determinati territori come a introdurvisi.

In generale però la perdita della biodiversità e il cambiamento climatico fungono da ago della bilancia in questo processo. Lo spazio abitabile per gli esseri umani e le specie selvatiche potrebbe infatti ridursi con il peggioramento delle condizioni ambientali/climatiche che indurrebbero una fuga verso le latitudini e le regioni meno colpiti da questo fenomeno. Ciò però ovviamente non può essere considerato un vero e proprio vantaggio per le specie selvatiche: con la progressiva erosione dei vecchi ecosistemi, infatti, gli habitat andrebbero incontro a una crescente desertificazione che di solito conduce anch'essa alla fuga o all'estinzione delle specie animali.

Visto quindi che si rischia di non possedere sufficiente spazio vitale per noi e per le altre creature presenti sulla Terra, cosa possiamo fare per diminuire il nostro impatto? Cosa possiamo fare per migliorare gli stili di vita degli animali d'allevamento e proteggere le specie selvatiche dall'estinzione?

Quanto spazio occupa l'uomo e quanto ne occupano gli animali selvatici?

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Non è facile quantificare l'estensione complessiva della superficie urbanizzata presente sulla Terra ma di sicuro se vogliamo misurare quanto è lo spazio occupato dall'uomo non possiamo limitarci a considerare solo le metropoli e le strade. La nostra influenza infatti si fa sentire anche nelle campagne, negli allevamenti, nelle foreste e lungo quasi tutti i percorsi fluviali tramite le dighe, gli invasi, i ponti, i canali, le diramazioni artificiali, gli allevamenti ittici e le fosse costruite per ospitare l'eventuale arrivo di piene improvvise.

Lo spazio occupato dall'uomo quindi è davvero enorme e anche nelle aree naturali la nostra presenza si fa sentire e provoca grandi disastri.

Partendo per esempio dal trasporto, è possibile misurare la superficie occupata dalle sole vetture. Considerando che nel mondo ci sono 1,2 miliardi di auto e che in media ognuno di essa misura 4 m, si può affermare che le singole auto occupano circa 30 miliardi di metri quadri, pari a circa 3 milioni di ettari. Una superficie equiparabile alla Sardegna e alla Corsica messe insieme. A questa superficie dobbiamo però anche sommare tutti i pullman, i motorini, i treni, gli aeroplani e gli autoarticolati (camion) presenti nel mondo. Ed il risultato è sconfortante: altri 15-21 miliardi di metri quadrati sarebbero infatti da aggiungere al totale.

Per quanto riguarda invece l'agricoltura, che ricordiamo sottrae alle specie selvatiche e agli ecosistemi gran parte della loro superficie, le ultime stime affermano che sono 5 i miliardi di ettari coltivati sulla superficie terrestre e 150 milioni gli ettari impiegati nelle zone umide per la produzione per esempio del riso. Di questi 5 miliardi di ettari coltivati, la metà inoltre (2,5 miliardi di ettari) è occupata dagli allevamenti di bovini e di suini. Si sta parlando di una quantità davvero impressionante di superficie, equiparabile a metà dell'intero continente europeo.

Bisogna tuttavia ricordare che gran parte della superficie arabile del pianeta è stata nel tempo abbandonata e che gli effetti dell'agricoltura devono considerare anche il lavoro dei nostri progenitori. Nel corso del 2021, un team della FAO ha quindi cercato di valutare quanti ettari siano stati complessivamente coltivati dalla nostra specie nella storia. E, per quanto anche questo dato siauna stima, secondo gli scienziati circa il 37-38% della superficie terrestre totale della Terra è stata utilizzata per scopi agricoli comprese coltivazioni alimentari, pascoli e altre attività, almeno una volta negli ultimi secoli. Circa il 3% della superficie terrestre, infine, è stata coperta dalle metropoli: si sta parlando di altri 15 milioni di ettari coperti di cemento che devono a loro volta essere connessi tramite la costruzione di strade, ferrovie e autostrade.

Anche stabilire quanto spazio occupano oggi le specie selvatiche è un processo difficile e controverso, perché le cifre esatte possono variare nel tempo a causa dei cambiamenti ambientali e delle attività umane. Se però si considera che il  37-38% della superficie terrestre è stata arata almeno una volta negli ultimi secoli e che gli ecosistemi sono sempre più al collasso, ci si può rendere conto che attualmente le dimensioni delle superficie libere dall'uomo sono ridotte e si riducono ulteriormente considerando gli effetti del surriscaldamento globale. Gli animali selvatici quindi sopravvivono a stento dentro piccole regioni incontaminate, che teoricamente non coprono il 20% della superficie totale del pianeta. Gli animali selvatici però scelgono sempre più spesso di entrare volontariamente nelle aree urbanizzate, alla ricerca di cibo e di nuovo spazio. Questo ovviamente aumenta i fattori di rischio e può portare a un problema di convivenza.

Quali sono le minacce per la convivenza dell'uomo e gli animali selvatici?

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Abbiamo compreso che tra le principali minacce che promettono di complicare ulteriormente la convivenza fra l'uomo e le specie selvatiche c'è la riduzione costante del territorio disponibile in cui gli animali si possono muovere e vivere. Questo fenomeno è provocato ovviamente sia dal nostro comportamento – che non fa altro che accentuare i danni procurati all'ambiente – che dagli stessi processi biologici ed ecologici che sono presenti nei vari habitat.

Fra questi abbiamo per esempio il sovrasfruttamento delle risorse che spinge gli ambienti a non essere più in grado di rinnovarsi, come anche la deforestazione delle foreste che condanna alla morte migliaia di specie animali in tutto il mondo. Anche la sovrappopolazione umana e la cementificazione collaborano però per ridurre ulteriormente lo spazio disponibile per le altre specie, visto che allontanano sempre più gli animali selvatici dai loro antichi areali naturali, portando le baracche dei quartieri periferici e i loro sversamenti a prenderne il posto.

L'inquinamento ha invece un impatto devastante sia sull'ambiente che sulle varie forme di vita, poiché se da una parte porta all'avvelenamento degli esseri viventi, dall'altra arriva a promuovere un cambiamento chimico delle acque, dell'aria e del suolo che destabilizza completamene la struttura geochimica di un territorio, portandolo a divenire inospitale e non adatto alla vita. Un fenomeno che può verificarsi sia vicino alla sorgente da cui provengono gli inquinanti e sia a livello globale. Basti infatti considerare gli effetti dell'anidride carbonica emessa dalla nostra società sugli oceani, per capire come l'inquinamento possa uccidere e alterare definitivamente gli ecosistemi anche con la distanza.

Altri due fenomeni che riducono molto le dimensioni degli ambienti abitabili dalle specie selvatiche sono l'arrivo delle specie aliene e il cambiamento climatico, che spingono le specie a subire una maggiore competizione. Se l'arrivo di nuove specie può infatti condurre una specie autoctona a trovare meno risorse e a subire la competizione con l'intruso, il cambiamento climatico ne provoca invece una sofferenza fisica, che può destabilizzare le specie lì presenti, se non sono abitati alle frequenti fluttuazioni del clima.

Andandosi a sommare, questi fattori portano così a un severo peggioramento della salute degli habitat che sono costretti a retrocedere dinnanzi alla devastazione portata dall'espansione umana e dall'arrivo di nuove specie esotiche.

Nel corso della storia sono state comunque moltissime le specie che sono giunte in procinto d'estinguersi per via della perdita del loro ambiente naturale avvenuta per via dell'eccessiva antropizzazione del territorio. Tra questi abbiamo per esempio i bufali americani (Bison bison), che sono stati decimati durante gli anni del Far West non solo dalla caccia ma anche dalla colonizzazione delle praterie americane; gli stessi grandi carnivori, come lupi, leoni, orsi e tigri, che vengono sempre più spesso braccati e allontanati lontano dal loro territorio natio; come anche diverse specie di primati, tra cui gli oranghi e i bonobo, che a seguito dell'eccessiva deforestazione hanno perso la loro casa come anche le loro principali fonti di cibo.

Giunti però alla fine di questo ragionamento, è possibile determinare se c'è ancora abbastanza spazio per l’uomo e per gli animali sulla Terra? Secondo molti scienziati sembra proprio di sì. Tuttavia a determinate condizioni.

Se andassimo infatti a ridefinire i nostri processi produttivi, a bonificare i lotti di terreno abbandonati e a compiere delle scelte ecologiche, inerenti la nostra dieta, i trasporti e l'estrazione di energia, gli scienziati più fiduciosi credono che potremmo intervenire per migliorare i nostri rapporti con la fauna selvatica, dando modo agli ecosistemi naturali di riprendersi molto spazio che oggi è in stato di semi abbandono. L'unico vero problema insormontabile sarebbe la nostra crescita demografica, che risulta probabilmente il più grande ostacolo per la sopravvivenza delle altre specie. Se dovessimo però cambiare anche i nostri stili di vita, optare per una riproduzione maggiormente consapevole e scegliere in massa di preferire le diete con basse concentrazioni di proteine animale, ci sarebbero davvero delle ottime probabilità di trovare una sorte di equilibrio con il resto del pianeta.

Quali sono le possibili soluzioni per una convivenza pacifica tra l'uomo e altri animali?

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Fortunatamente esistono delle strategie e delle azioni politiche in grado di garantire la sopravvivenza di tutte le specie naturali, minacciate dalla sempre maggiore perdita di aree naturali. In primis, abbiamo l'istituzione delle aree protette, tra cui le riserve e i grandi parchi nazionali. Queste infatti garantiscono un minimo di spazio vitale a tutte quelle specie che vivono al loro interno o lungo i bordi dei loro confini.

Il ripristino delle aree degradate, di qualsiasi dimensione, si è dimostrato inoltre un altro modo per ampliare le dimensioni dei territori naturali e per prendersi cura del territorio. Questo metodo infatti permette di ristabilire (in parte) le condizioni ecologiche preesistenti di un habitat degradata e di convincere le specie selvatiche a trasferirvisi. Bisogna tuttavia sempre ricordarsi che più un ambiente è degradato o inquinato, più difficile e costoso sarà il processo di recupero.

L'inserimento delle specie a rischio di estinzione all'interno delle liste di protezione, come quella della IUCN, e la lotta contro le specie esotiche risultano altri due interessanti approcci per limitare il numero delle perdite animali, dovute al bracconaggio e alla caccia. Due comportamenti umani che minano completamente le strategie di conservazione praticate dagli esperti, visto che vanno a interferire con il naturale equilibrio prede-predatori, da cui deriva la salute di un ecosistema.

Per quanto però le specie animali possano essere considerate protette, non dobbiamo fare l'errore di trascurare i territori agricoli o di confine in cui le specie selvatiche continuano ad abitare. Per favorire questo dobbiamo quindi promuovere politicamente e individualmente una gestione sostenibile delle attività agricole e delle estrazioni forestali, così da portare anche a un basso consumo di suolo e a una riduzione del numero di estinzioni.

Vietare l'estrazione di minerali all'interno delle regioni selvagge, fermare la caccia e impedire l'accesso all'uomo in determinati ecosistemi sensibili possono infine sostenere quelle politiche ambientali che cercano di migliorare le probabilità di recupero degli habitat, così anche da proteggere le stesse comunità umane dall'arrivo di eventi climatici catastrofici, come quelli che hanno cominciato a devastare da alcuni anni le società più povere del pianeta.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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