In questa storia è il colore a fare la differenza. Essere bianchi, infatti, a volte può diventare un pericolo per la sopravvivenza stessa. È il caso del delfino bianco che pochi giorni fa i cacciatori giapponesi hanno strappato al suo habitat per destinarlo ad un recinto marino in vista del suo trasferimento in un acquario.
A sud di Osaka, nell’ormai famosa Baia di Taiji, un branco di 19 delfini è stato circondato e sterminato. L'unico sopravvissuto è un delfino chiarissimo e per questo ancora più appetibile per la vendita: a causa del colore inusuale, il suo futuro sarà la prigionia in un delfinario, destinato all'intrattenimento e all'addestramento per permettere ai visitatori di dargli da mangiare e nuotare con lui. A riprendere il tutto un drone, che ha testimoniato la cattura, il massacro degli altri delfini e il confinamento del sopravvissuto in un recinto marino di transizione. La denuncia è arrivata direttamente da un noto animalista orientale, Ren Yabuki, che dirige il gruppo di difesa degli animali Life Investigation Agency. Yabuki ha fornito a Kodami il materiale per denunciare l’ennesimo massacro nella Baia di Taiji e la cattura del delfino bianco.
19 delfini catturati e uccisi, soltanto quello bianco è stato risparmiato
La barca porta via l'unico delfino bianco del gruppo: per lui il futuro è una vita in cattività (credits:@RenYabuki) Secondo l’animalista il motivo per cui il delfino non è stato massacrato insieme al suo branco è proprio il suo colore inusuale. «Gli addestratori di delfini vengono sempre alla baia: è lì che i cacciatori spingono gli esemplari cacciati, dopo averli avvistati. Ed è lì che li catturano. Gli animali di colore bianco, o albini, sono molto popolari in Giappone e attirano più visitatori, come le tigri bianche, i leoni bianchi e così via, e credo che sia un po’ così in tutto il mondo» ci ha spiegato mentre si trovava al Museo delle Balene di Taiji proprio per raccogliere altro materiale fotografico.
Yabuki ha raccontato anche che l’inseguimento del delfino è cominciato poco prima delle nove del mattino e poco più di mezz’ora si era già concluso con la cattura dell’esemplare più pregiato, immediatamente trasferito in un recinto di mare. Terribile la fine per gli altri delfini del branco: «Nel giro di 15 minuti, l'acqua intorno a loro ha iniziato a diventare rossa, mentre il sangue colorava la baia di Hatakejiri. I delfini stavano lottando: potevo sentire le loro code sbattere sull’acqua» ha raccontato l’attivista che ha anche svelato che le riprese sono state realizzate con un drone. «Ma avevamo anche una telecamera posizionata sulla collina che guarda la baia di Hatakejiri».
Yabuki non è nuovo a queste testimonianze: collabora infatti con il Dophin Project di Ric O’Barry, come Kodami aveva raccontato. Insieme hanno studiato un modo per trasmettere in diretta streaming le battute di caccia al delfino che servono ad alimentare il commercio di esemplari destinati alla cattività, soprattutto per esibizioni in acquari privati. In particolare, secondo le indagini dei due attivisti, i delfini catturati a Taiji vengono normalmente venduti agli acquari di tutta l'Asia e Yabuki ritiene che il Museo delle balene di Taiji, dove è attualmente ospitato un altro delfino bianco, potrebbe essere la sua destinazione. «Il delfino bianco è stato portato in uno dei recinti marini di proprietà del Taiji Whale Museum, dove decine di delfini catturati vengono portati per essere venduti agli acquari giapponesi e nel resto del mondo. Il Museo delle Balene di Taiji ospita diversi delfini bianchi nei recinti marini e nelle vasche per mostrarli ai visitatori».
È lo stesso sito del museo a ufficializzare gli animali marini che possiede e che utilizza per le esibizioni: tursiopi, delfini striati, rugosi e maculati e, appunto, bianchi e balene pilota. Oltre agli spettacoli con balene e delfini, la struttura pubblicizza anche la possibilità di interagire direttamente con gli animali nelle vasche partecipando a diverse attività come dargli da mangiare, partecipare agli addestramenti, immergersi con grandi stivali di gomma fra di loro per accarezzarli.
La caccia giapponese ai delfini che ogni anno stermina centinaia di esemplari
La caccia ai delfini è una pratica che ogni anno insanguina le acque del Giappone dove, da settembre a marzo/aprile centinaia di esemplari vengono individuati in mare aperto, spinti verso le baie e infine catturati o uccisi con metodi particolarmente cruenti. I cacciatori di delfini difendono quella che considerano una “tradizione”, ma il giro di affari milionario che sta alla base della cattura e della vendita di delfini agli acquari di tutto il mondo, fanno invece pensare che sia proprio il ritorno economico ad alimentare questa pratica.
I delfini che non vengono catturati per alimentare il mondo dell’intrattenimento, finiscono invece sulle tavole dei giapponesi dove si continua a mangiare carne di delfino malgrado diverse ricerche scientifiche abbiano confermato una percentuale di mercurio così alta, da rendere quella carne particolarmente nociva per gli uomini. Secondo Sandra Altherr, attivista tedesca per i diritti degli animali dell'organizzazione Pro Wildlife, un delfino addestrato può valere fino a 50.000 euro. Cinesi, russi, thailandesi, messicani, vietnamiti, turchi, egiziani e tunisini sono i più interessati al mercato degli esemplari da destinare ai delfinari.