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11 Marzo 2021
16:17

Cat hoarding, il fenomeno dell’accumulo compulsivo di gatti

L'accumulo compulsivo di gatti (o cat hoarding) è un disturbo ossessivo compulisivo di cui le cronache ci parlano spesso, che è ancora molto sottovalutato e poco compreso. Anche il quadro giuridico italiano fatica ad inquadrarlo. Cerchiamo di capire di cosa si tratta e qual è l'identikit tipico di un accumulatore.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Per Cat Hoarding, cioè l'accumulo compulsivo di gatti, si intende un disturbo ossessivo compulsivo che ha pesanti ripercussioni a livello sociale e sulla qualità della vita (a volte persino la sopravvivenza) degli animali coinvolti e consiste nella raccolta e il contenimento perenne di una gran quantità di gatti in uno spazio ristretto, nella convinzione di tenerli al sicuro.

Identikit dell'accumulatore

L'accumulatore compulsivo di gatti è una persona, spesso una donna (gli studi non hanno ancora chiarito il motivo della sovrarappresentazione di genere) che non ha la minima percezione di quanto danno stia provocando a se stessa e ai gatti di cui garantisce prendersi cura adeguatamente. Sul piano sociale si tratta di una persona spesso anziana, sola, di mezza età, con un basso livello di scolarizzazione, che vive ai margini della società e che trascina nel suo isolamento – fisico e sociale – anche gli animali, segregandoli in gran numero (da qualche dozzina fino a centinaia di individui) in spazi limitati e inadeguati. Va da sé che la cura e le condizioni igieniche sono precarie e caratterizzate da perenne degrado e trascuratezza.

Perché si parla di maltrattamento

Gli accumulatori non sono in grado di riconoscere la situazione di indigenza in cui vivono i gatti e, a volte, loro stessi. Non realizzano lo stress di una convivenza forzata in pochi metri quadri, fatta di igiene precaria o inesistente, di lotte per guadagnarsi il cibo, di materiale biologico – tra cui anche feci e urine sparse – in decomposizione, dell'odore pungente di ammoniaca emanata dalle continue marcature, dalla mancanza di ricambio d'aria. Ci sono accumulatori che convivono per mesi con carcasse di gatti in casa perché non si sono mai accorti della loro morte. Spesso gli animali si riproducono senza alcuna limitazione contribuendo ad aumentarne il numero, sono affetti da dermatiti da leccamento, da infezioni da morso, sono malati e pieni di parassiti.

Perché si accumulano gatti?

L'accumulatore compulsivo non è mosso palesemente da cattive intenzioni per quanto la condotta sia ascrivibile penalmente come maltrattamento. E' convinto di aver “salvato” gli animali raccolti, di prendersi adeguatamente cura dei gatti – che considera una proprietà – di essere stato scelto da loro per venire soccorsi, di essere l'unico a poter garantire loro la sopravvivenza, ritenendosi un profondo conoscitore della specie. Non realizza oppure nega fermamente che le condizioni di detenzione siano maltrattanti.

Origini della malattia

Si tratta di una malattia psichiatrica di ordine sociale proprio perché chi ne è affetto vive slegato dal piano di realtà e ha di sé e degli altri una visione fortemente deviata. Anche se la ricerca non ha ancora chiarito quali siano i meccanismi che la spiegano, pare che la malattia sia riconducibile a traumi di attaccamento, maltrattamenti o abusi subiti spesso in giovane età o alla difficoltà di inserirsi in maniera funzionale nella società e di costruire relazioni appaganti che vengono così compensate attraverso la creazione di rapporti disfunzionali con gli animali.

Tipologie di accumulatori

L'accumulatore, dunque, è una vittima di se stesso prima di tutto e delle sue difficoltà esistenziali. A questo proposito sono stati descritti tre tipi di accumulatori di animali:

  • i caregiver o badanti sopraffatti – curatori abituali che, in seguito ad un cambiamento brusco della loro vita (ad esempio un lutto, la perdita del lavoro o un dissesto finanziario) smettono di seguirli perché soffocati dalle difficoltà; in genere, pur riconoscendo il loro problema, tendono a minimizzarlo;
  • i soccorritori – convinti di perseguire una missione salvifica e di mettere in salvo animali che vengono cercati attivamente sul territorio o all'interno di una rete di animalisti in cui sono spesso inseriti; quando i numeri diventano ingestibili, questo tipo di accumulatori rifiuta rabbiosamente qualunque aiuto, negando la realtà;
  • gli sfruttatori – coloro che vedono negli animali uno strumento per ricavarci un profitto in nome del soccorso oppure per esercitare il bisogno di controllare gli altri indirizzandolo verso esseri viventi considerati inferiori. Sono privi di empatia, abili manipolatori e mendaci pur di eludere la legge e i controlli (a volte anche affiancandosi ad amici o altri accumulatori per movimentare i loro “accuditi”).

Ciò che accomuna tutti questi identikit è il fatto di orientarsi verso gli animali i quali, non potendo rifiutare la “cure” divengono facilmente prigionieri delle stesse o oggetto di sfruttamento. L'immagine sociale di “soccorritore” li fa sentire legittimati a perseguire nella loro condotta e nel reagire negativamente a qualunque critica esterna.

Requisire gli animali non basta

Purtroppo in Italia manca un quadro legislativo di riferimento chiaro e, soprattutto, che sappia affrontare la molteplicità di aspetti di questo fenomeno così complesso eppure così contemporaneo. Il primo scoglio è rappresentato proprio dall'accumulatore a cui il nostro ordinamento garantisce la libertà di rifiutare qualunque tipo di cura, percependola come un'intrusione ed un attacco alla sua relazione con gli animali. D'altra parte, non si tratta semplicemente di requisire gli animali, di toglierli alla sua custodia, perché la malattia è tipicamente recidivante: se non curato, l'accumulatore ricomincia nuovamente a prendere animali in carico, a causa della mancata elaborazione del suo problema. L'accumulatore va aiutato con un supporto di tipo psichiatrico affinché possano essere rimosse le ragioni a partire dalle quali la compulsione si scatena e si alimenta.

Il trattamento psicologico degli animali

A complicare il quadro c'è la necessità di recuperare anche i gatti, non solo rispetto alla salute fisica ma anche psicologica. Gli animali che hanno vissuto in queste condizioni, magari per anni, sono individui che hanno subito a loro volta abusi, sono terrorizzati dalle persone e non conoscono nulla del mondo degli uomini. Non si tratta semplicemente di sottrarli all'accumulatore e darli in adozione ad altre famiglie, perché questi animali richiedono spesso lunghi percorsi di recupero comportamentale e non è detto che diventeranno mai compagni affettuosi e socievoli. Raramente, purtroppo, le strutture che li ospitano hanno personale preparato a realizzare queste terapie e ci si affida un po' al buon cuore degli adottanti, sperando che non restituiscano i gatti dopo qualche tempo per via delle enormi difficoltà relazionali con loro.

Cosa accade in Italia

Al momento, tutto quello che si riesce a fare a seguito di segnalazioni di vicini o parenti è solo un procedimento di sgombero totale o parziale per cause igienico-sanitarie; gli animali vengono affidati ad associazioni animaliste del territorio per essere adottati. Come già sottolineato, se il malato è indigente o non c'è nessuno che si occupi di lui e riesca a motivarlo concretamente verso un percorso personale di cura, il rischio che torni in breve ad accumulare nuovi gatti è estremamente alto.

Bibliografia

  • Patronek GJ. Hoarding of animals: an under-recognized public health problem in a difficult-to-study population. Public Health Rep. 1999;114(1):81-87. doi:10.1093/phr/114.1.81
  • D’Angelo D., Ciani F., Zaccherini A., Tafuri S., Avallone L., d’Ingeo S., Quaranta A. Human-Animal Relationship Dysfunction: A Case Study of Animal Hoarding in Italy. Animals. 2020; 10(9):1501. https://doi.org/10.3390/ani10091501
  • M. Strano. Alla radice della violenza di specie, a cura del Centro Studi per la Legalità, la Sicurezza e la Giustizia, Marzo 2008
Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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