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Caro Kodami
rubrica
25 Luglio 2024
12:13

Caro Kodami, ti scrivo. Fabrizio ci chiede: «Perché esiste ancora il Palio di Siena?»

La lettera di Fabrizio è una riflessione sul Palio di Siena: un evento, anche mediatico, che continua ad appassionare migliaia di persone. Eppure la sofferenza dei cavalli sembra passare in secondo piano in nome della "salvaguardia della cultura"

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Caro Kodami,

a breve si svolgerà di nuovo il Palio di Siena. Ho visto lo spot su una rete nazionale che trasmetterà l'evento in diretta e sono rimasto colpito dall'importanza data.  Ciò che mi sorprende, e lo dico non da animalista ma da cittadino semplice, è che quando ci ragiono sono consapevole che faccia parte della nostra "cultura" e della nostra storia ma… ha davvero senso che gli si dia ancora tutta questa importanza? Sono andato a documentarmi e ho compreso quanto sia radicato nei senesi che si dividono tra le contrade… Ho guardato sulle vostre pagine e so che avete affrontato il tema diverse volte, prendendo una posizione chiara ma so anche che quando si tratta di eventi di questo tipo nessuno poi fa nulla, davvero, per non farli più verificare. Insomma, Kodami, questo mio è solo uno sfogo ma ci tengo solo ad aggiungere che viene da parte di una persona che vorrebbe solo far riflettere su quanto noi stessi siamo a nostra volta indirizzati su riti di massa per distrarci e che così ci fanno distogliere l'attenzione da problemi ben più seri. 

Risponde la direttrice Diana Letizia

Ciao Fabrizio, grazie per averci scritto. I cavalli del Palio di Siena sono solo un esempio di quello che in molte parti del mondo, non solo in Italia, si continua a fare e che posso solo definire in un modo: sfruttamento di altri esseri viventi per il divertimento e gli interessi degli esseri umani.

Condivido con te l'osservazione che ci sia una questione di marketing molto forte ormai rispetto a un evento nato nel 1633 in cui aveva sicuramente un significato diverso e strettamente politico oltre che culturale all'interno della società dell'epoca. Sfido però chiunque a parlare con una persona che fa parte del giro degli appassionati e a non sentirsi dire che la cultura, appunto, è ancora la "cosa più importante" che viene salvaguardata e che mai e poi mai il palio possa non svolgersi più.

Hai già tu citato il nostro lavoro di informazione al riguardo e, in realtà, non è solo su Siena che ci siamo concentrati ma anche su altri eventi, come il Carnevale di Ivrea. Ecco, per esempio, dopo la pubblicazione del nostro reportage in cui abbiamo dato parola a tutti i soggetti a vario titolo coinvolti (cavallanti, veterinari, cittadini e partecipanti) siamo stati inondati da mail tanto di persone come te liete che vi sia stato un servizio giornalistico chiaro ed efficace che spiega bene la condizione dei cavalli quanto da altri che si sono lamentati della nostra faziosità. Io rispondo sempre a tutti ma c'è un signore che continua ancora oggi a scrivermi e che mi chiede appunto di avere un riscontro… Approfitto di questo spazio per fargli sapere che tutte le volte che faccio "rispondi a" la mail mi torna indietro perché il suo indirizzo risulta inesistente. Quello che gli scrivo ogni volta, però, vale anche per le osservazioni che la tua lettera mi porta a fare sul Palio di Siena: i cavalli soffrono, punto e basta.

Non serve a nulla tirare fuori la cura, l'amore e il rapporto speciale tra fantino e animale, tra contrada e binomio che corre nella piazza e di quanto il "popolo" sia legato alle tradizioni. Siamo nel 2024, appunto, non nel 1600. Eppure è in questo secolo che si è arrivati a chiedere che il Palio di Siena sia riconosciuto come patrimonio dell'umanità.

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Diana Letizia
Direttrice editoriale
Giornalista professionista e scrittrice. Laureata in Giurisprudenza, specializzata in Etologia canina al dipartimento di Biologia dell’Università Federico II di Napoli e riabilitatrice e istruttrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico (master conseguito al dipartimento di Medicina Veterinaria dell’Università di Parma). Sono nata a Napoli nel 1974 e ho incontrato Frisk nel 2015. Grazie a lui, un meticcio siciliano, cresciuto a Genova e napoletano d’adozione ho iniziato a guardare il mondo anche attraverso l’osservazione delle altre specie. Kodami è il luogo in cui ho trovato il mio ecosistema: giornalismo e etologia nel segno di un’informazione ad alta qualità di contenuti.
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