In Giappone li chiamano jidou hanbaiki o jihanki, ovvero distributori automatici, e all’interno di queste macchinette si trova veramente di tutto, dalle cose più classiche come il the o altre bevande, alle cose più assurde come le lumache o gli insetti in lattina.
Da novembre, però, si è aggiunto un altro prodotto: la carne di orso nero asiatico. Il distributore in questione si trova nella città di Semboku, all’ingresso della stazione di Tazawako ed è gestito dal ristorante locale Soba Goro.
La cosa fa abbastanza impressione, soprattutto perché gli orsi neri asiatici sono classificati come “vulnerabili” a livello internazionale. Ma ai giapponesi non sembra interessare granché e, nonostante le autorità governative siano state obbligate a limitare le quote di caccia, questo particolare distributore automatico viene rifornito dai cacciatori locali autorizzati che battono le montagne vicine al centro abitato.
E così, mentre l'attenzione degli animalisti continua a concentrarsi sulla carne di balena, il Giappone distribuisce carne di orso e sembra proprio che sia già un successo.
Pur essendo chiaramente un evento orribile per chi ha a cuore il benessere degli animali, nel Paese del Sol Levante questo tipo di carne è già molto consumata nel nord, dove viene venduto anche in lattina.
Gli orsi neri asiatici (Ursus thibetanus) sono diffusi nelle foreste asiatiche dalla Siberia alla Thailandia fino al Giappone e la Korea e la specie, come già detto, viene considerata vulnerabile dall’IUCN a causa della riduzione dell’habitat e dell’utilizzo di parti del suo corpo nella medicina tradizionale.
A questo riguardo, è tragicamente nota la disumana pratica alla quale questi poveri animali vengono sottoposti per estrarre la loro bile ritenuta da assurde credenze locali un blando antinfiammatorio, oltre ad essere impiegata nella preparazione di shampoo, vino, tè, bevande energetiche e unguenti di varia natura che vengono poi esportati illegalmente in tutto il mondo, Europa compresa.
Queste povere vittime sono conosciute come "Orsi della luna" o "asian black bear" e in diversi paesi asiatici esistono le cosiddette "fattorie della bile", luoghi terribili dove vengono rinchiusi per estrarre appunto il liquido dal loro corpo.
Queste strutture sono veri e propri lager, dove gli orsi sono sottoposti ad atroci sofferenze: dopo essere stati catturati da cuccioli con trappole che spesso causano loro orrende mutilazioni, vengono imprigionati, per tutta la durata della loro vita, in strette gabbie di metallo che impediscono loro qualsiasi movimento, deformando le ossa e atrofizzando gli arti.
Vengono quindi “munti” giornalmente attraverso cateteri di metallo conficcati profondamente nelle loro cistifellee, oppure attraverso fori permanentemente aperti ed infetti praticati nel loro addome, attraverso i quali la bile gocciola.
Numerose associazioni si occupano di recuperare gli animali vittime di maltrattamenti all'interno di queste strutture, ma al momento l’unica speranza per questi animali ha il volto di Jill Robinson, fondatrice della Animals Asia Foundation, associazione nata nel 1998 con l’obiettivo di porre fine alla crudele pratica delle fattorie della bile e di migliorare il benessere degli animali in Cina e Vietnam.
La fondazione si occupa della liberazione degli animali, diffonde consapevolezza sulla loro situazione e dispone di un centro di recupero per gli orsi salvati che permette agli animali di vivere serenamente dopo le torture subite.