Durante un'uscita di monitoraggio nel mar Ligure, i ricercatori dell'associazione Menkab hanno identificato un capodoglio mai visto prima: la sua coda mostra una serie di cicatrici e tagli causati da un'elica. Lo hanno chiamato Atlante perché, come nel mito greco, anche lui deve reggere un peso: quello di vivere la sua intera esistenza con la coda mozzata. Le immagini girate dal drone dei colleghi di Artescienza, videomaker professionisti che affiancano a ogni uscita gli scienziati, permetterà agli studiosi di ricavare altri dati importanti sull'esemplare.
Atlante è stato individuato lunedì 18 ottobre durante una perlustrazione al tramonto, si trovava sott'acqua quando dalla barca lo hanno sentito attraverso l'idrofono; il capodoglio è rimasto in apnea quasi un'ora e quando è riemerso i ricercatori hanno avuto soltanto una decina di minuti per osservarlo e fotografarlo, il suo tratto distintivo si è notato subito: una serie di tagli ormai cicatrizzati che denotano una ferita non recente causata dalle eliche di un motoscafo.
Il monitoraggio dei capodogli nel mar Mediterraneo
«Tre sono le principali minacce che mettono a dura prova la sopravvivenza dei capodogli nel Mar Mediterraneo», spiega Biagio Violi coordinatore dei ricercatori dell'associazione Menkab, che si occupa di scienza e di educazione ambientale nel mar Mediterraneo. «L'ingestione di rifiuti come plastiche, reti o cime, l'intrappolamento nelle reti e le collisioni con le imbarcazioni. Nonostante questa malformazione, l'animale sembra riesca a cacciare ed a compiere le sue lunghe migrazioni anche se gli manca la parte terminale di sinistra della coda».
Menkab ha sviluppato il progetto Catodon per il monitoraggio dei mammiferi marini nel Mar Ligure, con particolare attenzione al capodoglio (Physeter macrocephalus): «Sono circa un centinaio i capodogli che abbiamo fotosegnalato da 2009 a oggi – continua Biagio Violi – Catodon ha lo scopo di quantificare la presenza o l'assenza di individui nel Nord del santuario Pelagos e ricostuire i loro movimenti nello spazio e nel tempo, ultimamente abbiamo notato più femmine con i piccoli quando di solito nel Mediterraneo si trovano maschi solitari».
Il recupero delle reti "fantasma" nel mar Ligure
I sommozzatori della guardia costiera, con l'aiuto dei centri diving e anche di un peschereccio locale, hanno recuperato 800 kg di reti "fantasma" nelle acque del litorale savonese tra l'11 e il 15 ottobre scorsi. L'operazione Reti Fantasma 2021 si è concentrata nell'ambito dei territori di Noli, Borgio Verezzi, Loano e Albenga e ha visto impiegati in particolare i militari del 5° Nucleo Operatori Subacquei della guardia costiera di stanza a Genova, supportati da personale e mezzi della capitaneria di porto di Savona e nello specifico dell'Ufficio Circondariale Marittimo di Loano Albenga.
I sommozzatori hanno operato a una profondità tra i 22 e i 40 metri e recuperato un totale di quasi 300 metri lineari e un volume di oltre 5 mc complessivi di attrezzatura. Dal 2019 il corpo delle capitanerie di porto ha rimosso oltre 25 tonnellate di ‘reti fantasma', responsabili dell'alterazione dell'ecosistema marino, e vere e proprie trappole per le specie ittiche che vi rimangono intrappolate.
Importante il recupero davanti alla città di Albenga: un intero sacco di una rete da pesca a strascico intrappolato sui massi dissuasori da poco installati a protezione del relitto, lungo 120 metri e pesante più di 400 kg. Era stato individuato dal Marina Diving di Loano. Per il recupero è stato fondamentale l'apporto di un peschereccio di stanza nel porto di Loano grazie al quale, tramite l'utilizzo dell'argano di bordo, è stato salpato e riportato a terra il materiale rinvenuto.