Nessuno tocchi il rifugio Canalba. L’appello, e la dichiarazione d’intenti, arrivano dai volontari dell’associazione CaniLiberi, che a oggi gestisce il canile di Alba Adriatica. La struttura a oggi si trova in un limbo: l’Unione dei Comuni Città Territorio-Val Vibrata, l’ente che nasce dall’accordo tra dodici Comuni italiani della provincia di Teramo, ha deciso di non prorogare la concessione assegnata nel 2020. Il ché significa che i cani trovati sul territorio non potranno più essere accolti nel rifugio, e che quelli già presenti potrebbero essere “smistati” in altre strutture, mentre si lavora per creare una nuova area in altra zona.
La notizia ha spinto i volontari a creare una “Task Force Ambientale”, che riunisce 21 tra associazioni ambientaliste ed ecologiste. Obiettivo, avviare una trattativa con l’Unione dei Comuni per chiedere di ascoltare le proposte dell’associazione e di supportarla, collaborando nella creazione di una sorta di “oasi polifunzionale” che accolga i cani: «I cani che sono gestiti egregiamente da noi non verranno spostati in nessun altro canile. Abbiamo un progetto pronto di un'oasi polifunzionale, prima in Italia, da 2 anni, di cui tutta l'Unione dei Comuni è a conoscenza – scrivono dall’associazione – Abbiamo urgenza di reperire un terreno di 3 ettari agricoli in zona Colonnella, Bonifica, Corropoli, Martinsicuro, Tortoreto».
L’associazione CaniLiberi ha messo a punto un progetto finalizzato a creare una struttura che diventi punto di riferimento per il territorio sia come ricovero sia per il soggiorno e la cura degli animali, e la proposta è stata sottoposta all’Unione Comuni, che a oggi sembra però decisa a tirare dritto lungo la strada della ricerca di una nuova area: «Svolgiamo da 35 anni un servizio pubblico – sottolineano dall’associazione – e abbiamo trovato casa a 10.300 cani, per un totale di 182 milioni che le casse dello Stato hanno risparmiato. È un servizio sociale educativo e civile che non si può non avere nel nostro territorio».
«La nostra associazione – spiega il presidente dell'associazione, Giuliano Marsili – ha avviato una raccolta di firme volta ad impedire che sia la politica inconcludente dell’Unione di Comuni ad occuparsi di una questione così delicata. Forse i sindaci non hanno ben compreso che senza un tavolo tecnico, reale e concreto, non come quelli passati, con le associazioni ecologiste e con la Task Force Ambientale, che ne raccoglie 21, il canile non si tocca. Ben vengano le proposte concrete di rifarlo, ristrutturarlo, delocalizzarlo nelle vicinanze, renderlo finalmente una struttura idonea ad accogliere i tanti cani randagi e soprattutto abbandonati, a causa di un mancato censimento che i sindaci si dovevano occupare di completare, come prevedono le normative vigenti. Il microchip impedisce di fatto l’abbandono dell’animale e favorisce il ritrovamento. Di questo si dovrebbero occupare i sindaci della Val Vibrata».