Un gruppo di cani liberi staziona in via monsignor Azio Davoli, a Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro. La presenza degli animali in strada ha attirato l'attenzione dei cittadini e soprattutto della segreteria del Partito Democratico locale, guidata da Felicia Villella, che ha chiesto di all’Asp di Catanzaro di procedere con le cattura e la reclusione in canile.
«Seppure le condizioni dei canili rasentino la saturazione – ha ammesso Vilella – l’Asp si è già detta disponibile per altri comuni alla messa a disposizione di gabbie trappola con la supervisione H24 dei vigili urbani: ci sarebbero i presupposti là dove necessario perché si proceda con analoga soluzione anche su Lamezia così da implementare la cattura a supporto del già presente canile, oppure procedere con opportuni progetti di depotenziamento del sovraffollamento dei canili e rispondere ad una esigenza cittadina concreta».
La soluzione del canile per tutti, però, non trova in accordo tutte le anime del Comune di Lamezia, come spiega a Kodami il consigliere Mimmo Gianturco: «Sono su posizioni opposte a quelle espresse del Pd. Fare entrare altre centinaia di cani vaganti sul territorio nel canile municipale è pura follia. Diventerebbe un canile lager. Per affrontare la questione del randagismo bisogna smettere di agire in emergenza e mettere in atto politiche di prevenzione, a cominciare dalla sterilizzazone, ma questo si può fare solo con il pieno supporto dell'Asp».
L'immissione continua di animali nel canili senza nessuna politica di gestione sul territorio, oltre a essere un peso per le casse dell'amministrazione comunale, è causa di un grave danno per il benessere degli animali stessi: «È sbagliato continuare a portare i cani vaganti in canile se queste strutture non si riescono a svuotare».
Nonostante il costo in termini economici per la politica e di benessere per i cani, l'accalappio però sembra essere la soluzione più immediata per risolvere una situazione che appare di particolare complessità su tutto il territorio calabrese, come conferma Gianturco: «Quello del randagismo è un fenomeno in forte espansione, e non riguarda solo Lamezia ma tutta la regione. Basti pensare che manca un canile sanitario provinciale e se si vuole davvero intervenire sul randagismo allora bisogna pensare in sinergia con le istituzioni di ogni grado».
Per stimolare una reazione, a cominciare dal Comune, Gianturco quasi un anno fa aveva informato il sindaco di Lamezia, Paolo Mascaro, della situazione dei cani di via monsignor Azio Davoli. Un appello rimasto però inascoltato.
Quello del mancato intervento da parte delle istituzioni competenti è una problematica che Kodami aveva toccato con mano recandosi nelle province di Crotone e Catanzaro per raccontare come la non-gestione dei cani vaganti e anche dei cani padronali sia un pericolo per tutti. Ne è emblema, proprio in Calabria, la vicenda di Simona Cavallaro, uccisa a soli vent'anni mentre si trovava nell'area pic-nic nella pineta di Satriano una domenica mattina che doveva essere come tante altre, e che invece si è rivelata l'ultima della sua vita.
Qui infatti la giovane è stata ferita a morte da un gruppo di 13 cani da pastore a guardia di un gregge, mentre il pastore era lontano. Il pastore è stato condannato ma secondo il legale di parte civile della famiglia Cavallaro ciò che è accaduto è stato reso possibile a causa della mancata vigilanza da parte dell'amministrazione comunale di Satriano e dell'Asp di Catanzaro: «Crediamo che oltre a quella del pastore ci siano altre responsabilità – ci aveva spiegato l'avvocata Valentina De Pasquale – È stato consentito che questo avvenisse da chi sul territorio aveva un obbligo di vigilanza, sia per quanto riguarda il territorio, sia per la gestione degli animali, per questo abbiamo presentato un esposto contro questi due enti».