Box privi di cuccia, esposti alle intemperie e con ciotole per l'acqua non idonee: erano queste le condizioni in cui erano tenuti i 33 cani in un allevamento di Ribolla, in provincia di Grosseto. I cani sono stati sequestrati e, a quasi due anni dall'intervento dei Carabinieri forestali, si è aperto il processo a carico di S. R., gestore della struttura.
La LNDC Animal Protection è stata ammessa come parte civile e quindi potrà seguire attivamente il procedimento fornendo consulenze e supporto nell'interesse delle vittime. «Abbiamo iniziato a monitorare questa vicenda dal primo momento, e quando si è giunti l'apertura dell'attività processuale abbiamo deciso di dare il nostro contributo, che in molti casi analoghi si è rivelato essenziale per la positiva riuscita del processo», ha spiegato a Kodami Michele Pezone, legale e responsabile diritti animali Lndc.
L'associazione è stata fin da subito destinataria di segnalazioni da parte dei cittadini relative allo «stato pessimo in cui erano tenuti gli animali», riferisce a Kodami Silvia Preziosi, presidente della sezione di Grosseto della Lndc.
«S. R. in origine era un allevatore della provincia di Siena – dice Preziosi – nel tempo però l'allevamento originario ha chiuso, lui però ne ha riproposto l'attività spostandosi e creando sempre nuovi allevamenti, fino a quello di Ribolla. Dalle informazioni a noi pervenute, S. R. continuava a vendere un gran numero di cani senza pedigree, soprattutto tramite social e negozi virtuali».
Ora l'allevamento di Ribolla ha chiuso, e fino al termine del processo l'imputato è a piede libero. Ad essere "in carcere" dal giorno del sequestro, nel novembre del 2019, restano invece i cani vittime dei presunti maltrattamenti.
«Cerchiamo di prendere in custodia gli animali vittime di maltrattamento ogni volta che possiamo – sottolinea Pezone – Purtroppo, in questo caso non è stato possibile e ora i cani dell'allevamento, fra cui 16 Labrador, si trovano presso una struttura del posto. Lì sono destinati a restare fino a quando non avrà termine il dibattimento, che può durare anni».
Sono 33 i cani sequestrati all'allevatore di Grosseto: Labrador, Cani corso, e meticci. Tutti loro vivranno in canile fino a quando le responsabilità dell'allevatore non saranno accertate. Solo se l'uomo dovesse essere giudicato colpevole potranno essere dati in adozione.
In questo modo, gli animali oggetto di sequestro giudiziario vivono in un vero e proprio limbo durante tutta la durata del processo.
«La nostra prima preoccupazione è fare in modo che animali sottratti a situazioni di degrado e sofferenza possano trovare nuova famiglia – chiarisce il legale della Lndc – Quando sono affidati a rifugi della nostra associazioni ci attiviamo perché il giudice li svincoli dal sequestro e li ceda a noi, così da poterli dare da subito in adozione. Solo in casi particolari gli animali possono essere dati in adozione definitiva prima del termine del processo».
Purtroppo per i cani di Grosseto non è andata così.
Animali oggetto di sequestro giudiziario: il grande vuoto normativo
Il problema degli animali oggetto di sequestro giudiziario è ben noto tra coloro che si occupano attivamente di proteggere queste vittime di maltrattamento.
Solo poche settimane fa anche l'Enpa ha dovuto mettere un freno alle numerose richieste di adozioni arrivate per i cuccioli sequestrati in un negozio di Napoli per un motivo analogo: gli animali sequestrati non possono essere adottati o uscire dalla struttura affidataria.
Si tratta di una piaga molto diffusa che non conosce distinzioni territoriali: anche in altri procedimenti seguiti dalla Lndc a Piacenza e a Verona la situazione è sempre la stessa. «Non c'è nessuna norma nei Codici che regoli il caso del sequestro di un essere vivente, o di animali d'affezione. Esistono progetti di legge che cercano di colmare questo vuoto, ma ancora non hanno visto la luce».
Gli animali continuano a essere parificati a res, meri oggetti, nel diritto italiano. Una condizione che cozza fortemente con la loro entrata in Costituzione. «Spesso, per poterli dare in adozione prima del termine del processo, il giudice applica una norma prevista per i beni deperibili. Si tratta di una via straordinaria non sempre percorribile», riferisce il legale della Lndc.
Ci sono poi alcuni casi in cui addirittura i cani connessi a reati vengono tenuti in gabbia senza essere oggetto di sequestro, è il caso della tragedia di Satriano. Il 26 agosto 2021 la giovane Simona Cavallaro è stata ferita a morte da un gruppo di 13 cani da pastore. I cani sono stati catturati dopo tre giorni e oggi si ritrovano rinchiusi in un canile vicino Crotone, condannati a un «fine pena mai», come racconta Kodami nell'inchiesta che ha dedicato alla vicenda.
«La battaglia non può più vertere solo per intorno all'accertamento della responsabilità penale di chi maltratta gli animali, è necessario andare oltre, e parlare anche del benessere degli animali vittime di reato. Oggi più che mai questo non può essere considerato un argomento marginale», sottolinea Pezone.
Oltre al problema del limbo in cui vivono gli animali vittime di sequestro giudiziario durante il processo, c'è anche quello della loro sorte in caso di assoluzione dell'imputato. Nonostante le mancanze relative alla gestione dei cani, accertate dall'Asl di Grosseto, e osservate dai Carabinieri al momento del sequestro, l'allevatore potrebbe vedersi riaffidati cani.