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7 Febbraio 2023
17:08

Cani randagi uccisi in Marocco. Salima Kadaoui: «I massacri aumentano in occasione di eventi sportivi»

Le associazioni animaliste lanciano l’allarme: a causa della visita della FIFA, il Wali di Tangeri ha dato l'ordine di uccidere tutti i cani randagi. Ancora una volta, quindi, in occasione di grandi avvenimenti sportivi internazionali si verificano stragi di randagi, come è successo per i recenti Mondiali di calcio in Qatar.

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Giornalista
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Salima con unp dei suoi cani randagi che vivono liberi sul territorio dopo la vaccinazione contro la rabbia (credits:@SFT ANIMAL Sanctuary)

Le associazioni animaliste locali lanciano l’allarme: ancora una volta i grandi avvenimenti sportivi internazionali sono messi in relazione alle stragi di randagi, come è successo per i recenti Mondiali di calcio in Qatar e precedentemente anche in Russia.

Salima Kadaoui, che nel 2013 ha fondato SFT Animal Sanctuary  e gestisce nel suo rifugio alle porte di Tangeri più di 500 cani tra cui una quindicina disabili o con gravi malattie, si è schierata pubblicamente contro questa situazione pubblicando un post su Facebook e Instagram.

«A causa della visita della FIFA il Wali di Tangeri (carica istituzionale marocchina designata dal Re del Marocco, ndr) ha dato l'ordine di uccidere tutti i cani randagi e un killer dei cani mi ha contattato per dirmi che tutti i cani con l’etichetta (del nostro censimento) devono essere raccolti – ha scritto Kadaoui il 26 gennaio – È devastante: lavoriamo tanto per educare la comunità, per proteggere tutti dalle malattie. Per tre anni di fila siamo stati premiati per la Giornata mondiale della rabbia per il Nord Africa, l'Europa orientale, l'Asia centrale e il Medio Oriente. Lavoro senza sosta per il nostro Progetto Hayat. La legge dice che è illegale avvelenare o sparare ai cani e Sua Maestà ha dato il suo ok. Ma sembra che alle autorità locali non interessi».

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Salima ha confermato a Kodami quanto ha riportato nel post, aggiungendo ulteriori inquietanti dettagli, in attesa della conferma di un incontro con le autorità che l’attivista ha richiesto per chiedere lo stop agli abbattimenti e il ricorso alle sterilizzazioni per limitare il fenomeno del randagismo. «La settimana scorsa mi hanno detto che avrebbero fermato l'abbattimento per ora ma invece le operazioni sono ancora in corso – sottolinea – Mi hanno detto di guardare all’Europa, all’Olanda, perché non è bello vedere i randagi e che in Europa non ce ne sono per le strade. Ma l’Olanda è un paese civile, dove ci sono leggi molto severe per proteggere gli animali a differenza nostra».

I video dell'orrore: cani avvelenati che si accasciano al suolo

Tutto nasce dalla diffusione di alcuni drammatici video (che come sempre scientemente non pubblichiamo) in cui le uccisioni senza pietà dei randagi avvengono alla luce del sole. In uno in particolare un uomo segue un randagio e gli si avvicina prima benevolmente, catturando immediatamente la sua fiducia, e poi lo uccide colpendolo con un bastone dalla punta avvelenata. Il cane tenta di allontanarsi ma, da pochi metri avanti, si accascia al suolo senza più vita. Immagini che lasciano senza fiato per la crudeltà e l’efferata e crudele modalità.

«Non abbiamo fatto progressi – continua Salima – 42 anni fa sono rimasta traumatizzata a causa dei randagi del mio quartiere che morivano avvelenati e questo accade ancora oggi. Dov'è il progresso? Io sterilizzo, vaccino ed educo mentre loro distruggono il mio lavoro. Quando ho assistito a quell’orrore avevo solo otto anni. E quello che ho visto mi ha reso determinata a cambiare le cose».

Per le strade di Tangeri si contano almeno 30.000 randagi: in tutto il Marocco potrebbero arrivare a tre milioni. Vivono raccogliendo avanzi di cibo dalla spazzatura e soffrendo di ferite e malattie, tra cui la rogna e la rabbia che è anche la malattia che maggiormente spaventa l’opinione pubblica. Tanti, però, vivono serenamente come cani liberi, non nuocendo alla popolazione locale ma in diversi luoghi vivendo accanto alle comunità umane in cui anzi i programmi di sterilizzazione e vaccinazione sui cani hanno indotto anche le persone a curare maggiormente la salute umana e a tenere più pulite le strade.

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Un altro cane randagio contrassegnato con un’etichetta gialla che indica che è stato vaccinato contro la rabbia (credits:SFTAnimal Sanctuary)

Il randagismo è un fenomeno molto diffuso in Marocco dove, nel 2020, il governo ha avviato un programma nazionale di sterilizzazione per tenere sotto controllo la situazione e impedire alle autorità locali di usare proiettili o veleno che in passato erano stati utilizzati per le uccisioni a fronte di un crescente disagio tra la popolazione per l’aumento dei cani liberi sul territorio, possibili portatori di rabbia.

Ma proprio su questo punto tutte le associazioni si sono sempre battute: controllo e sterilizzazione sono infatti considerati gli unici mezzi efficaci e sicuri per la gestione del randagismo e dei casi di rabbia denunciati. In questa direzione si è mosso sin dal suo inizio nel 2016, il Progetto Hayat di Salima che è riuscito a controllare e vaccinare oltre 3.400 cani randagi che sono anche stati contraddistinti con una targhetta gialla, proprio a dimostrare chiaramente a chiunque si avvicinassero che non rappresentavano un pericolo di diffusione di malattie. «Sì: abbiamo almeno 3 milioni di randagi in Marocco. Non c'è da vergognarsi. C'è una soluzione e molte organizzazioni in tutto il mondo sarebbero felici di fare programmi di sterilizzazione di massa».

Abbattimenti di massa registrati anche in passato

Non è la prima volta che in Marocco le associazioni animaliste denunciano uccisioni di randagi collegate ai tentativi dello stato nordafricano di ottenere l’ospitalità in vista dei Mondiali di Calcio. Già nel 2018 erano stati filmate uccisioni di randagi a Tamraght, Taghazout e Aourir, tre famose località balneari vicino ad Agadir, nel sud-ovest del Marocco. Un evento di cui ha scritto la nostra direttrice, Diana Letizia, in un video reportage dopo la strage con le testimonianze dirette di persone del luogo: attivisti, cittadini comuni e anche le ricercatrici del Wolf Science Center che ancora oggi si recano in questa zona costiera del Marocco proprio perché è un luogo in cui ancora c'è convivenza tra umani e cani liberi nonostante le stragi e le mattanze che da gran parte della popolazione non sono giustificate in alcun modo.

Nel 2016, due anni prima, un video di sette minuti mostrava le autorità locali che uccidevano cani a Ksar El Kébir, nel nord del Marocco. Anche in questi casi si era ipotizzato che il motivo dietro agli abbattimenti era la visita di una commissione FIFA ad Agadir che avrebbe dovuto determinare se il Marocco poteva ospitare una competizione così prestigiosa e anche così importante economicamente.

«In Marocco si uccidono randagi ogni giorno. Ma l'abbattimento di massa questa volta è cominciato due settimane prima della visita – spiega Salima –  Già ad ottobre, in realtà, a causa di una competizione internazionale di ciclisti. Sicuramente continueranno anche dopo la fine della competizione calcistica internazionale che si concluderà il 12 febbraio, Ma in questo momento sono molto discreti, non sentiamo spari». Sì, perché anche con pistole e fucili i cani liberi vengono massacrati, come proprio era successo a Taghazout nel 2018 quando pure un bambino partecipò alla mattanza e la sua presenza fu "scoperta" perché si ferì e molti notiziari locali raccontarono la sua storia.  «E' vero: gli sparano anche o gli danno da mangiare la carne avvelenata o, ancora, usano un bastone e glielo iniettano. Poi raccolgono i corpi man mano che procedono e a volte li si trova nei cassonetti, altre li portano nelle discariche».

Il "dog killer": l'impiegato del comune incaricato di uccidere i cani per 400 euro al mese

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I cani all’interno del nuovo rifugio affittato da Salima per l’aumentato pericolo di uccisioni (credits: SFTAnimal Sanctuary)

Mentre Salima risponde alle nostre domande, arriva la chiamata di un “dog killer”: uno degli assassini di cani che li uccidono con il veleno o sparandogli. L’avvisa di andare a prendere uno dei suoi cani “etichettati” cioè uno dei cani che, grazie al progetto Hayat, è stato sicuramente vaccinato contro la rabbia e reintrodotto sul territorio dove può continuare a vivere libero senza essere un pericolo per gli uomini e per i suoi fratelli randagi. Salima gli risponde che manderà Mohammed, un suo impiegato, a prendere il cane vicino allo stadio, in modo che non venga ucciso.

Ma chi sono i “killer dog”? «Lavorano per il Comune. Ricevono le chiamate dalle autorità locali per uccidere i cani in una certa zona. Sono gli uomini che si vedono nei video. Hanno uno stipendio di 400 euro al mese e fanno questo lavoro da oltre 20 anni. In occasione dei grandi eventi uccidono anche i cani etichettati  e per questo li abbiamo rimossi dal territorio e affittato una casa vicino al santuario. È una follia che ci sta costando una fortuna. Abbiamo assunto altre due persone e abbiamo dovuto pagare un anno di affitto per avere subito la casa».

I "poliziotti contro la rabbia": cani già vaccinati che non diffondono la malattia e spezzano la catena delle trasmissioni

Ma la sopravvivenza dei cani vaccinati contro la rabbia è fondamentale nella lotta contro gli effetti negativi del randagismo. Sono loro, dopo essere stati vaccinati, a trasformarsi nei “testimonial” del progetto Hayat e della sua efficacia. «Li chiamiamo i nostri “agenti contro la rabbia” – spiega – come fossero dei veri e propri poliziotti. Sono fondamentali perché se vengono morsi da un cane rabbioso, non prenderanno la rabbia a loro volta e quindi non la diffonderanno».

In pratica grazie a loro si interrompe il circolo vizioso della diffusione dei contagi. «Per questo rimuoverli dal territorio dove vivono è un errore madornale, perché non diffondono la malattia e quindi ci proteggono», conclude Salima che ha molto ben chiaro il suo obiettivo. «Sono nata con uno scopo: far vivere in armonia uomini e animali. Diffondere la parola amore, cura, compassione ed empatia: l'umanità è proteggere tutti. Quindi se finirò in prigione perché voglio un mondo migliore per tutti, così sia. Almeno so di aver fatto del mio meglio».

Le chiediamo un’ultima cosa, prima che ritorni a dar da mangiare ai suoi cani nel secondo rifugio allestito in gran fretta per mettere al riparo più randagi possibili in questi giorni pericolosi. ha paura che le sue proteste la mettano in pericolo? Che i “poteri forti” che ci sono dietro questi grandissimi eventi possano vederla come un ostacolo? Salima risponde con molta naturalezza: «Come avrete capito ho raggiunto il mio limite. La diplomazia non ha funzionato e quindi sono costretta a esporre la realtà. Spero che l'ONU, l'UNICEF e tanti altri agiscano. Io non ho paura di nessuno. Sono solo la voce di chi non ha voce. La FIFA ha una voce enorme e ha il dovere di prendersi cura di loro. Dovrebbero insistere sul fatto che non ospiteranno in paesi che danneggiano qualsiasi essere vivente per il gusto di dare un'immagine falsa. Continueremo a lottare per i senza voce. Vinceremo questa guerra. Vivremo tutti in armonia».

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Maria Grazia Filippi
Giornalista
Scrivo da sempre, ma scrivere di animali e del loro mondo è la cosa più bella. Sono laureata in lettere, giornalista professionista e fondatrice del progetto La scimmia Viaggiante dedicato a tutti gli animali che vogliamo incontrare e conoscere nei luoghi dove vivono, liberi.
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